L'inchiesta ha permesso di fare luce su due omicidi avvenuti il 9 novembre 2015 e il 18 settembre 2017. Secondo le accuse, i delitti sono attribuibili a due gruppi familiari contrapposti, strutturati in due organizzazioni criminali distinte con disponibilità di armi e munizioni. Tre indagati sono finiti in carcere e due ai domiciliari mentre per gli altri quattro è stato disposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria
I carabinieri di Licata e gli agenti della Squadra Mobile di Agrigento hanno eseguito una ordinanza cautelare nei confronti di nove indagati nell'ambito di una inchiesta che ha permesso di fare luce su due omicidi, quello di Enrico Rallo e di Salvatore Azzarello, avvenuti rispettivamente a Palma di Montechiaro il 9 novembre 2015 e il 18 settembre 2017. L'ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari Stefano Zammuto su richiesta del procuratore Luigi Patronaggio e del sostituto Alessandra Russo. Tre indagati sono finiti in carcere e due ai domiciliari mentre per gli altri quattro è stato disposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. I reati contestati, a vario titolo, vanno dall'omicidio all'illecita detenzione di armi, alla ricettazione al favoreggiamento personale.
Le indagini
Secondo le accuse, i delitti sono attribuibili a due gruppi familiari contrapposti, strutturati in due organizzazioni criminali distinte con disponibilità di armi e munizioni. Le indagini, particolarmente complesse, si sono avvalse "dell'uso di mezzi tecnici e della particolare conoscenza del territorio da parte della polizia giudiziaria" spiegano gli investigatori. L'ordinanza cautelare ha permesso inoltre di disarticolare i due clan familiari, dediti a reati contro la persona e il patrimonio.
Il procuratore: "Ci siamo riappropriati del controllo del territorio"
"Ci siamo riappropriati del controllo del territorio - ha dichiarato il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio -. La realtà di Palma di Montechiaro è una realtà molto complessa perché c'è una presenza di Cosa Nostra, c'è una presenza di famiglie stiddrare, ma è vero anche che esistono una serie di clan familiari che esistono con logiche paramafiose improntate alla vendetta". Secondo quanto riporta il procuratore, tutto è iniziato con "un furto di mezzi agricoli nel 2013. È scattata la prima vendetta, l'omicidio. Poi la seconda vendetta per vendicare il primo omicidio - ha sottolineato Patronaggio - e se oggi non fossimo intervenuti così pesantemente arrestando i presunti autori dei due omicidi e disarticolando le famiglie, arrestando favoreggiatori e persone che avevano disponibilità di armi e munizioni, questa catena non si sarebbe interrotta. Rubare un mezzo agricolo è una grande offesa in questi contesti, significa rubare il pane a chi lavora".
Vice questore: "Contesto fortemente omertoso"
"A Palma di Montechiaro - afferma il vice questore aggiunto Giovanni Minardi, dirigente della Squadra Mobile di Agrigento - si spara per motivi veramente futili. Nel corso degli anni, abbiamo visto una serie di agguati per motivi veramente banali. È una logica che investe un sottobosco di agrigentini che ricorrono alle armi per liti e diatribe varie".
"Ci siamo mossi in contesto fortemente omertoso, è stata negata perfino l'evidenza, in questi territori si piangono i morti ma non si collabora con l'autorità di polizia - hanno detto il procuratore capo Luigi Patronaggio e il dirigente della Mobile -. Se uno degli indagati, in occasione dell' omicidio di Enrico Rallo, avesse raccontato ai carabinieri intervenuti quanto era di sua conoscenza, avremmo sicuramente un morto in meno e due padri di famiglia liberi. Per questo attaccamento viscerale al 'non collaboro' si determina un bivio, nella strade della vita, che porta a conseguenze terribili".