L'omicidio è stato commesso l'11 ottobre del 2018. Accolta la richiesta formulata dall'accusa. La Corte d'Assise ha stabilito, inoltre, in un milione di euro complessivo il risarcimento che verrà suddiviso tra i quattro figli che si sono costituiti contro il padre
La Corte di Assise di Siracusa, presieduta da Tiziana Carrubba, ha condannato all’ergastolo Giuseppe Panascia, 75 anni, accusato dell’omicidio dell’ex moglie Maria Zarba, avvenuto l’11 ottobre del 2018, accogliendo dunque la richiesta della massima pena formulata dal pm Francesco Riccio. Prima che la corte si ritirasse in camera di consiglio, Panascia ha voluto rilasciare spontanee dichiarazioni, tramite le quali ha affermato la sua innocenza. La Corte d'Assise ha stabilito, inoltre, in un milione di euro complessivo - cifra richiesta dal legale di parte civile - il risarcimento del danno in favore dei quattro figli e dei nipoti. Per l'anziano, anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Fra sessanta giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza
I figli, con una nota dell'avvocato Fabrizio Cavallo, hanno voluto precisare che la "richiesta risarcitoria milionaria che è stata avanzata, conoscendo l'incapienza patrimoniale dell'imputato, è solo una simbolica formalità volta a non svilire il dolore della perdita e a tutelare il ricordo della madre, di cui sono stati crudelmente privati"..
L’omicidio
A trovare il cadavere brutalmente assassinato di Maria Zarba la sera dell’11 ottobre di due anni fa è stato il nipote della donna, che viveva con lei. Le indagini condotte dalla Squadra mobile di Ragusa si erano indirizzate subito sull'ex marito e sui contrasti che avrebbe avuto con l’ex moglie, testimoniati dai suoi famigliari. Poi la ricerca di riscontri e prove, con l’arma del delitto mai ritrovata, ma con indizi che hanno condotto tutti verso l'anziano. L'uomo era stato rinviato a giudizio il 23 ottobre dello scorso anno, con la prima udienza fissata per il 20 novembre. La pubblica accusa aveva definito inconfutabili le prove raccolte anche dalla Scientifica, che aveva isolato sugli abiti di Panascia e nelle maglie del suo orologio tracce di sangue da cui era stato estratto il Dna completo vittima. L'avvocato di parte civile, Fabrizio Cavallo, aveva ripercorso anch'egli gli indizi ricordando che la sera prima dell'uccisione, Maria Zarba aveva scritto così a una delle figlie: ”Papà oggi ha gli occhi di un diavolo”.
Il movente
Secondo i legali di Panascia, unico imputato nel processo, il fatto che la casa di famiglia sia stata assegnata in sede di separazione alla ex moglie non può essere un movente sufficiente, dal momento che lo stesso aveva firmato una separazione consensuale che assegnava l’abitazione alla donna, con la quale comunque intratteneva rapporti quotidiani.