Mafia, asse tra i clan di Catania e Trapani: ordinanza per 23

Sicilia
Foto di Archivio (ANSA)

Sequestrati beni per 20 milioni di euro. Si tratta dell'inchiesta "Scirocco" della Dda: il gip ha contestato l'aggravante del metodo mafioso per agevolare il clan Mazzei

C'è un'alleanza mafiosa tra gruppi di Catania e del Trapanese legati alla cosca Mazzei al centro dell'inchiesta "Scirocco" della Dda, che ha portato all'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 23 indagati: 10 in carcere, cinque agli arresti domiciliari e otto misure interdittive. Sequestrati beni per 20 milioni di euro (costosi orologi d'oro, brillanti e un ingente somma di denaro). Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania e dai militari del nucleo di Polizia economico finanziaria della guardia di finanza.

I reati ipotizzati

I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere e mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, impiego di beni di provenienza illecita, falso in atto pubblico, emissione di fatture per operazioni inesistenti e occultamento o distruzione di scritture contabili. Il Gip ha contestato l'aggravante del metodo mafioso per agevolare il clan Mazzei.

L'inchiesta "Scirocco"

Dall'inchiesta denominata "Scirocco" dei carabinieri e della guardia di finanza di Catania, coordinati dalla Dda etnea, sono emersi diversi episodi di estorsione, nonché la ricostruzione dell'organico e delle dinamiche all'interno del clan Mazzei e una "frode Carosello all'Iva", con l'emissione di false fatture per oltre 100 milioni di euro, le quali avrebbero fruttato un utile di 8,8 milioni di euro.

Le indagini

Le indagini sono state avviate nel settembre del 2016 per monitorare le attività del clan Mazzei e, in particolare, del suo componente di spicco, A.P., detto "Scirocco". I carabinieri hanno individuato l'esercizio commerciale dove il clan avrebbe tenuto dei vertici per parlare di attività illecite come usura ed estorsioni, ma anche delle tensioni interne alla stessa "famiglia". I militari dell'Arma hanno anche accertato il riciclaggio di soldi "sporchi" nel settore delle scommesse online e nella gestione completa delle apparecchiature elettroniche da gioco. Sono inoltre emersi collegamenti con imprenditori che avrebbero gestito alcuni depositi di impianti di carburanti coinvolti in operazioni finalizzate alla frode fiscale: in particolare con F.B., indicato come "soggetto orbitante nell'ambiente mafioso di Mazara del Vallo (nel Trapanese, ndr)". Sono stati eseguiti accertamenti anche sull'acquisto di carburanti da fornitori britannici, maltesi e dalla Repubblica Ceca da parte di una società al cui titolare i carabinieri e la guardia di finanza hanno sequestrato beni per 10 milioni di euro, comprese quote societarie di 10 imprese commerciali, a loro volta titolari di 7 distributori stradali.

La "frode Carosello dell'Iva"

La guardia di finanza di Catania ha poi fatto luce sulla cosiddetta "frode Carosello dell'Iva". Il gruppo, secondo l'accusa, sarebbe riuscita a evadere il pagamento dell'imposta attraverso l'intervento di "falsi esportatori abituali" che avrebbero emesso dichiarazioni d'intento non veritiere, consentendo di acquistare da soggetti italiani carburante senza l'applicazione dell'Iva, per poi rivenderlo non all'estero, ma nel territorio nazionale. 

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