Decreti di confisca nei confronti di Salvatore Milano e Filippo Giardina, entrambi di 66 anni. Per entrambi è stata disposta la sorveglianza speciale per quattro anni
Nei confronti di Salvatore Milano e Filippo Giardina, entrambi di 66 anni, la Dia di Palermo ha eseguito un decreto di confisca di beni dal valore complessivo di circa 8 milioni di euro. Per entrambi è stata disposta la sorveglianza speciale per quattro anni.
Le indagini
Le indagini della Dia sono iniziate nel 2007, quando era stato ritrovato nel covo dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo un pizzino nel quale si faceva riferimento alla catena di negozi Bagagli. Lo stesso riferimento era emerso in un altro contesto investigativo, nel corso di un'intercettazione, nella quale gli interlocutori discutevano di interessi di Salvatore Milano nella stessa catena di negozi. Gli accertamenti eseguiti, insieme alle dichiarazioni di diversi pentiti, hanno consentito di ricostruire il quadro criminale. Inoltre, le indagini hanno svelato passaggi di denaro di provenienza sospetta, versamenti in contanti, dubbie vincite al lotto, ritenute dal Tribunale simulate attraverso un collaudato sistema di cessione di titoli vincenti.
La confisca dei beni
I beni confiscati hanno colpito l'intero capitale sociale e relativo compendio aziendale di tre società (attive nel commercio di pelletterie), i beni aziendali di un'impresa individuale, sette appartamenti, un'autorimessa, 14 terreni, quote di immobili, quattro automobili, due moto e uno yacht, conti correnti, titoli, depositi bancari e varie disponibilità finanziarie. In particolare, sono stati confiscati a Palermo i punti vendita della catena dei negozi di moda Bagagli di via Libertà (Bagagli srl), di via Messina (Bagagli 1987 srl) e di via XX settembre (Bagagli sas) e una tabaccheria di via Messina Marine.
Il dissequestro
Con lo stesso provvedimento, il Tribunale ha disposto il dissequestro di altri beni (appartamenti, magazzini, terreni e disponibilità finanziarie) dei congiunti e parenti di Giardina e Milano. Milano è stato condannato, insieme al fratello Nunzio, per associazione mafiosa nel maxiprocesso. È ritenuto uomo d'onore della famiglia mafiosa di Palermo Centro e gestore della cassa delle famiglie del mandamento di Porta Nuova per conto della quale provvedeva, con fondi illeciti, al sostentamento degli esponenti mafiosi detenuti o da poco scarcerati.