Pestaggio carcere S. Maria Capua Vetere, sottosegretario Sisto: Al via ispezione Ministero

Campania

"Non posso ripensarci, vado al manicomio. Secondo me erano drogati, erano tutti con i manganelli, anche la direttrice", il racconto di un ex detenuto. La direttrice Palmieri smentisce: "Non c'ero in quei giorni"

"La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha dato disponibilità al via libera all'indagine ispettiva disposta dalla Ministra Cartabia, in accordo con il capo del Dap Petralia: un accertamento che si affiancherà all'indagine penale della magistratura. Il punto di partenza è chiaro: nessuno sconto a chi ha sbagliato, a tutela anche della stragrande maggioranza di agenti che svolge il proprio lavoro in modo impeccabile. Per questo l'analisi del Ministero sarà estesa a tutti gli eventuali episodi analoghi che possano essersi verificati all'interno degli istituti". Così a Radio24 il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto in merito all'inchiesta sulle presunte violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere avvenute la sera del 6 aprile 2020 e per le quali sono indagati 52 agenti della Polizia Penitenziaria, poi sospesi

Intanto fonti del ministero della Giustizia hanno riferito che sulla richiesta di riferire in Aula "quando sarà definita, dopo i necessari passaggi formali, di sicuro la ministra non si sottrae". Cartabia ieri ha definito "un tradimento della Costituzione" quanto accaduto.

Le parole del sottosegretario Paolo Sisto

"Nella riunione straordinaria convocata ieri dalla Ministra, alla quale ha preso parte anche il Garante Nazionale dei detenuti - aggiunge Sisto -, sono stati fissati immediati incontri sia con gli 11 provveditori sia con tutte le sigle sindacali della Polizia penitenziaria per veicolare, con i provvedimenti necessari, un messaggio chiaro: dobbiamo concepire il carcere come una grande comunità , in cui tutti hanno lo scopo di garantire l'applicazione dei princìpi costituzionali. La scommessa culturale che dobbiamo vincere è quella di superare la dicotomia tra detenuti e agenti penitenziari per dare pieno contenuto alla funzione rieducativa della pena. Nella riunione è inoltre emersa la necessità di verificare con puntualità le procedure della filiera di comando, restituendo loro maggiore rigorosità documentale, con specifico riferimento alle ispezioni straordinarie. A ciò si affianca l'installazione generalizzata di sistemi di videosorveglianza negli spazi comuni degli istituti, nonché una maggiore attenzione alla formazione permanente della PolPen e l'istituzione di un servizio medico interno alla penitenziaria che possa garantire una più efficace assistenza psicologica a chi è sottoposto a simili, assillanti stress".

Ex detenuto: "Tutti coi manganelli, anche direttrice"

"Non posso ripensarci, vado al manicomio. Secondo me erano drogati, erano tutti con i manganelli, anche la direttrice". Sono le parole con cui Vincenzo Cacace, ex detenuto sulla sedia a rotelle, ricorda il pestaggio. "Sono stato il primo ad essere tirato fuori dalla cella insieme con il mio piantone perché sono sulla sedia a rotelle - racconta -. Ci hanno massacrato, hanno ammazzato un ragazzo. Hanno abusato di un detenuto con un manganello. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso. Volevano farci perdere la dignità ma l'abbiamo mantenuta. Sono loro i malavitosi perché vogliono comandare in carcere. Noi dobbiamo pagare, è giusto ma non dobbiamo pagare con la nostra vita. Voglio denunciarli perché voglio i danni morali".

La direttrice replica: "Ero assente in quei giorni"

Alle accuse mosse dal detenuto, la direttrice della casa circondariale Elisabetta Palmieri ha replicato smentendo la sua presenza quel giorno: "Sono stata assente per tre mesi per motivi di salute", ha dichiarato ai giornalisti, definendo poi inammissibili le violenze, ma contestualizzando l'episodio: "Nei giorni precedenti i detenuti in rivolta si erano impadroniti di alcune sezioni". Quindi ha aggiunto: "L'iter processuale è all'inizio. C'è stata l'accusa, adesso c'è la difesa".

Ex capo Dap in chat: "Perquisizione straordinaria? Benissimo"

Agli atti dell'indagine figurano anche le chat estrapolate dai cellulari sequestrati agli indagati: agenti, graduati e funzionari. "Buona sera capo - scrive l'amministratore delle carceri della Campania Antonio Fullone, destinatario di una misura di interdizione, sulla chat che intrattiene con il direttore del DAP -, è in corso perquisizione straordinaria, con 150 unità provenienti dai nuclei regionali (oltre il personale dell'istituto)... Era il minimo per riprendersi l'istituto... il sicuro ritrovamento di materiale non consentito ci potrà offrire l'occasione di chiudere temporaneamente il regime... il personale aveva bisogno di un segnale forte e ho proceduto così...". L'ex direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) Francesco Basentini risponde: "Hai fatto benissimo". Secondo quanto ha reso noto il procuratore Maria Antonietta Troncone durante la conferenza stampa di lunedì scorso, l'ex capo del Dap sarebbe stato informato della conclusione della "perquisizione straordinaria". 

Le chat acquisite dalla Procura

Stando alle chat acquisite dalla Procura Fullone, la sera del 6 aprile 2020, viene anche informato dal direttore reggente del carcere circa le richieste di notizie che giungono dall'esterno, dal sindaco di Santa Maria Capua Vetere ai giornalisti. "Buonasera Antonio, mi ha contattato il sindaco di Smcv (Santa Maria Capua Vetere, ndr) - scrive al provveditore in chat la dirigente, ritenuta dagli investigatori tra gli istigatori - ho mantenuto tutta la collaborazione accompagnata da cortesia istituzionale, ma per evitare fughe di notizie e domande insidiose gli ho detto che per ogni dettaglio, al momento, solo tu lo puoi fornire". E ancora: "Anche stamattina mi ha contattato l'ANSA. In tal caso ho precisato che per interviste dovevo essere autorizzata e gli ho dato il numero del prap (Provveditorato Amministrazione Penitenziaria, ndr) per filtrare tramite il segretario particolare il contatto con te. Però ho colto l'occasione, ormai ho una lingua biforcuta, per invitarli a filtrare ogni notizia in quanto anche la più semplice informazione può in questa fase delicata creare allarmismo... chi ha orecchie, intenda...". Non è chiaro se il riferimento all'allarmismo riguardi la presenza di un caso di positività al Covid-19 nell'istituto penitenziario (alla base delle proteste dei carcerati) oppure alla perquisizione straordinaria di quella sera. La direttrice chiude la comunicazione ringraziando il provveditore "...per il risoluto intervento al Nilo".

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"Esprimo solidarietà alle Forze dell'ordine che fanno il loro lavoro e se qualcuno sbaglia in divisa paga doppio. C'è un'indagine, se qualcuno ha sbagliato pagherà, come è giusto che sia". Lo dice il leader della Lega Matteo Salvini facendo un punto con i giornalisti davanti a San Luigi dei francesi. "Nelle carceri - aggiunge - lavorano 40mila donne e uomini della penitenziaria che non possono essere definiti macellai. Se a Santa Maria Capua Vetere qualcuno ha sbagliato pagherà, il ministro era Bonafede e disse in Aula che era tutto sotto controllo e tranquillo. Quindi andate a chiedere a Conte e a Bonafede cosa è successo un anno fa. Oggi sarò in quel carcere a testimoniare il mio supporto al comandante e a tutti gli agenti della penitenziaria che fanno bene il loro lavoro".

Le immagini delle violenze

Intanto dagli atti - oltre al video con le botte e le umiliazioni - spunta anche un altro filmato che documenta le percosse inflitte a un giovane detenuto straniero, malato, morto 28 giorni dopo le violenze. L'uomo, 27enne algerino affetto da schizofrenia, è stato trovato morto in cella il 4 maggio 2020. Figurava tra i 15 carcerati del reparto Nilo classificati come pericolosi. La sua morte fu, per l'ufficio inquirente guidato dal procuratore Maria Antonietta Troncone, frutto delle violenze subìte quasi un mese prima. Un'ipotesi non sposata però dal gip Sergio Enea che invece ha classificato quel decesso come un suicidio.

Il giovane, a detta di molti altri detenuti, assumeva oppiacei, neurolettici e benzodiazepine che gli infermieri gli somministravano affidandosi "a un' inopportuna autogestione terapeutica". Secondo i carcerati una prassi. E più ne chiedeva, più gliene davano, quando era nel reparto Nilo. Ma in isolamento la somministrazione dei farmaci subì un arresto e lui non faceva altro che lamentarsi, gridare e chiedere aiuto. Era dolorante, alle costole, alle gambe ma soprattutto al capo. Durante il trasferimento sferrò un pugno a uno degli agenti scatenandone la reazione: gli schiacciarono la testa contro il pavimento e, a colpi di bastone venne trascinato in reparto. In cella, per 3-4 giorni, è rimasto su un letto spoglio senza parlare. "Aveva sempre dolore alla testa e vomitava sangue", hanno riferito alcuni detenuti ascoltati dai pm. Ad ammazzarlo sarebbe stata una quantità tossica di farmaci assunti in rapida successione che avrebbe causato un edema polmonare acuto e poi un infarto.

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