Violenze in carcere, il sindacato di polizia penitenziaria: “Dotare agenti di body-cam”

Campania

Il racconto di un ex detenuto: "Mi hanno ucciso di mazzate, dal primo piano al seminterrato sono sceso con calci, pugni e manganellate. A oltre un anno di distanza ho ancora paura"

"Dopo Santa Maria Capua Vetere, ma anche dopo San Gimignano, Torino, Firenze, Viterbo, indipendentemente dall'accertamento dei fatti e fermo restando che confidiamo che gli appartenenti alla polizia penitenziaria potranno dimostrare, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, il loro corretto operato, riteniamo che non sia più rinviabile dotare il Corpo di body-cam al fine di riprendere ogni fase operativa all'interno delle carceri", ha affermato Gennarino De Fazio, Segretario Generale del sindacato Uilpa della Polizia Penitenziaria commentando l'operazione che ieri ha portato a 52 misure cautelari nei confronti degli agenti coinvolti negli scontri con i detenuti che avvennero il 6 aprile 2020, in pieno lockdown, nel carcere del Casertano. Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, quel giorno quasi 300 agenti della penitenziaria avrebbero pestato per quattro ore, arrivando a commettere vere e proprie torture, altrettanti detenuti del Reparto Nilo, che il giorno prima avevano protestato dopo che si era diffusa la notizia della positività al Covid di un recluso.

De Fazio: “Il corpo di polizia penitenziaria non ha nulla da nascondere”

"Lo chiediamo da anni e lo abbiamo sollecitato recentemente nelle occasioni di confronto che abbiamo avuto con la Guardasigilli Cartabia – ha aggiunto De Fazio – Il corpo di polizia penitenziaria è sano e non ha nulla da nascondere, anzi, è suo interesse pubblicizzare, perché per comprendere il carcere bisogna aver visto, come affermato da Calamandrei e noi vogliamo che si veda! Peraltro – spiega il leader della Uilpa – sul tema già anni fa il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha acquisito il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali. Allora non procedere di conseguenza alimenta il legittimo sospetto che altri e non il Corpo di polizia penitenziaria abbiano qualcosa da nascondere". "Perché, lo ribadiamo, nelle carceri lo Stato pretende di imporre il rispetto della legge non osservandola a sua volta, finanche nei confronti dei suoi stessi servitori".

La testimonianza di un detenuto: "Ucciso di mazzate"

"Mi hanno ucciso di mazzate, dal primo piano al seminterrato sono sceso con calci, pugni e manganellate. I poliziotti penitenziari hanno commesso un grande errore, non è così che si danno i segnali”, racconta una delle vittime dei pestaggi, ex detenuto, tra i primi a sporgere denuncia. "Dopo gli arresti di ieri - prosegue - sono sollevato, li aspettavo da tempo. Ma a oltre un anno di distanza ho ancora paura. Negli occhi ho ancora quei momenti terribili, mai vissuti in carcere e con nessun poliziotto della Penitenziaria, con i quali ho sempre avuto buoni rapporti. Ma quel 6 aprile fu una cosa assurda, mai vista. Ci hanno pestato per ore, facendoci spogliare, inginocchiare, qualcuno si è fatto la pipì addosso, a qualcun altro tagliarono barba e capelli. Il giorno dopo ci hanno fatto stare in piedi non so per quanto tempo vicino alle brande, come fossimo militari. Non potevo non denunciare, ma altri compagni impauriti non lo hanno fatto. Vorrei dimenticare, spero che il processo arrivi presto", conclude.

Racconti simili - di quella che il Gip Sergio Enea, nel provvedimento di arresto, ha definito "un'orribile mattanza" - arrivano anche da un altro detenuto, le cui parole sono contenute proprio nell'ordinanza cautelare. Si parla del "corridoio" creato dagli agenti nel quale i detenuti passavano e prendevano botte da ogni parte. "Ci hanno costretto a metterci in ginocchio con la faccia al muro - racconta - dopodiché hanno iniziato a picchiarci, soprattutto con manganelli. Chi provava a voltare lo sguardo verso gli agenti veniva colpito al volto. Ricordo che gli agenti formavano una sorta di corridoio umano, in mezzo ai quale eravamo costretti a passare subendo schiaffi, pugni e manganellate".

In un video manganellate e calci

Intanto alcune immagini di quel 6 aprile, pubblicate in esclusiva dal quotidiano Domani, mostrano detenuti in ginocchio con le mani dietro la testa e la faccia rivolta al muro, manganellate e calci, anche ad un uomo in carrozzella. In altre si vedono gli agenti che creano corridoi umani per costringere i detenuti a passarci in mezzo. Poi le botte e gli spintoni, fino alle celle. Stessa identica scena nel passaggio verso le scale. Alcuni detenuti zoppicano, altri si tengono in piedi a stento, finendo per adagiarsi sul pavimento. Tutti sono costretti a tenere le mani sulla testa, prestando così il fianco alle manganellate continue anche da parte di agenti in tenuta antisommossa, con caschi e scudi protettivi. In una delle ultime immagini un detenuto viene trascinato a terra da alcuni agenti mentre altri continuano a picchiarlo con i manganelli. 

Il Garante: “Inaccettabile vedere le foto degli indagati sui media”

Il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, "ritiene inaccettabile l'esposizione cui sono state sottoposte le persone sotto indagine per le presunte violenze nell'Istituto di Santa Maria Capua Vetere, con la pubblicazione in prima pagina delle fotografie di decine di loro all'indomani della disposizione delle misure cautelari", si legge in un comunicato. "Una esibizione che nulla aggiunge all'informazione sull'indagine in corso e che rischia di esacerbare il clima negli Istituti, alimentando tensioni e mettendo oltretutto a rischio di ritorsione coloro che operano quotidianamente in carcere - prosegue la nota - Il Garante nazionale segue con attenzione l'indagine sin dai suoi primi sviluppi, nella convinzione della necessità di perseguire chi offende con i propri comportamenti la divisa che indossa. Ed è certo che i media sapranno raccontare la vicenda, offrendo una informazione completa e rispettosa di tutti, anche di chi è oggetto di indagine da parte delle Procure".

Il sottosegretario alla Giustizia Paolo Sisto: "Presto videosorveglianza"

"A riprova dell'attenzione del Ministero della Giustizia nei confronti della 'sua' Polizia penitenziaria, è stata già avviata la procedura per installare sistemi di videosorveglianza in tutti gli spazi fruibili degli istituti penitenziari italiani, così da coadiuvare le attività legate alla cosiddetta sorveglianza dinamica e da garantire la tutela di ogni protagonista della fase esecutiva della pena". Così, in una nota, il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. "Questa necessità, d'altra parte, è emersa in modo evidente allorché, in qualità di delegato della ministra e d'intesa con il dottor Petralia, capo del Dap, ho provveduto, nel mese di maggio, a convocare singolarmente tutte le sigle sindacali della PolPen al fine di effettuare un monitoraggio sulle esigenze e una verifica sulle richieste di ciascuna di esse. Per dare effettivo seguito all'iniziativa - prosegue -, è stata effettuata una verifica della situazione nazionale per potere garantire, in tempi brevi, interventi puntuali, comunicando tale determinazione agli stessi rappresentanti della PolPen. Unitamente a ciò, sono in cantiere interventi per migliorare i livelli di tutela della salute degli agenti della Polizia penitenziaria. Tutto questo, ovviamente, fa salvo il doveroso e puntuale accertamento di eventuali responsabilità dei singoli da parte dell'autorità giudiziaria".

La replica dei sindacati di polizia

Stamani, davanti al carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, dove da ieri sono detenuti otto agenti, il segretario generale del sindacato degli agenti della penitenziaria SPP, Aldo di Giacomo, ha tenuto una conferenza stampa nella quale si è detto "certo" che "il 6 aprile 2020 non vi fu alcun uso sproporzionato della forza, e che il tribunale del riesame ristabilirà la verità"; all'iniziativa sono intervenuti anche i deputati di Fratelli d'Italia Edmondo Cirielli, che ha espresso solidarietà agli agenti visitando quelli reclusi, e del M5s Antonio Del Monaco. In una nota poi, il sindacato Osapp si è detto invece preoccupato per la "campagna mediatica contro gli agenti, con tanto di nomi e cognomi pubblicati sui quotidiani". Domani manifesteranno con un presidio di solidarietà gli aderenti ad un'altra sigla, l'Uspp. 

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