Israele, cos'è la Nakba palestinese del 1948: storia e significato

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Con questo nome si indica l'esodo forzato di 700mila arabi palestinesi dai territori occupati nel corso della prima guerra arabo-israeliana 

Nakba, ovvero “la catastrofe” in arabo. L'evento più drammatico per i palestinesi. Il termine si riferisce alla guerra del 1948 quando Israele combattè contro diversi Paesi arabi. All’epoca circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case e diventare profughi di guerra (CONFLITTO ISRAELE-HAMAS, SEGUI GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA).

Esercito israeliano contro i palestinesi - ©Getty

La guerra del 1948

La “Nakba” è ricordata dai palestinesi ogni anno il 15 maggio, un giorno dopo la fondazione dello stato di Israele. All'epoca gli ebrei perseguitati in Europa fuggirono in Palestina. Con la fine della guerra, l’Onu fece un piano di partizione: il 56% del territorio doveva andare agli ebrei e il resto ai palestinesi. Gerusalemme rimaneva territorio neutrale. La leadership ebraica accettò la proposta dell’ONU, e il 14 maggio 1948 David Ben Gurion, diventato primo ministro, dichiarò la fondazione dello stato di Israele. Stati Uniti e Unione Sovietica riconobbero il nuovo Stato. I palestinesi invece rifiutarono la risoluzione poiché la Palestina era stato per secoli territorio arabo. Nei giorni successivi una coalizione di Stati arabi attaccarono Israele. L’esercito israeliano contrattaccò, conquistando enormi porzioni di territorio che l’Onu aveva attribuito ai palestinesi. In seguito alla vittoria di Israele, centinaia di villaggi vennero distrutti e circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case.

 

La fuga degli arabi palestinesi - ©Getty

La fuga dalla Palestina

Gli israeliani, quindi, si ritrovarono a controllare un territorio molto più ampio di quanto prevedeva il piano proposto dall’Onu: avevano in più la regione di Acre vicino al confine col Libano, il deserto del Negev nel Sud del Paese e una fascia di territorio fra Tel Aviv e Gerusalemme. Il guaio è che questi territori erano abitati da migliaia di arabi palestinesi. Molti di loro furono costretti a fuggire, altri vennero espulsi dall’esercito israeliano. Un esempio tra tutti è Giaffa, storica città araba, diventato quartiere di Tel Aviv, la città israeliana fondata nel 1909. Ad Haifa, altra città portuale araba, decine di villaggi palestinesi furono distrutti e ripopolati da insediamenti israeliani.

Villaggio dei palestinesi - ©Getty

L’impossibilità di tornare a casa

Alla fine del 1948 l’Onu dichiarò una nuova risoluzione che garantiva ai palestinesi "il diritto di ritorno" alle proprie case ma Israele non accettò la decisione. Anche prima della guerra, diversi ebrei arrivati in Israele ritenevano che per i palestinesi fosse più semplice trasferirsi in uno Stato arabo limitrofo. Oggi per i palestinesi tornare alle proprie case è impossibile, visto che nel frattempo sono state demolite e sostituite da altre abitazioni oppure mai ricostruite.

 

Profughi palestinesi - ©Getty

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