Arcivescovo di El Salvador, è stato ucciso il 24 marzo 1980 dal regime militare che per anni ha denunciato e combattuto. Dopo un lungo processo di beatificazione, Papa Francesco lo proclama santo, riconoscendone il martirio e il miracolo
Óscar Arnulfo Romero l’arcivescovo di San Salvador vicino agli ultimi ucciso dai gruppi militari di estrema destra il 24 marzo 1980 mentre stava celebrando messa, è stato proclamato santo il 14 ottobre, da Papa Francesco. Il processo di beatificazione è durato 36 anni, mentre quello di canonizzazione solo tre anni, proprio grazie all'intervento da Bergoglio.
La vocazione
Nato a Ciudad Barrios nel 1917, in una famiglia di umili origini, ricevette la sua formazione ecclesiastica tra il suo paese natale e Roma, dove venne mandato per studiare alla Pontificia Università Gregoriana. Dopo gli studi tornò in patria, un Paese segnato dalla violenza e dalla repressione di un regime militare molto duro. Iniziò il suo operato tra la popolazione più povera e si schierò sempre dalla parte degli ultimi. Di provenienza conservatrice e vicino all'Opus Dei, monsignor Romero fu nominato arcivescovo di El Salvador nel 1977 e rimase presto sconvolto dai numerosi fatti di sangue che colpirono anche persone a lui vicine. In particolare, nel 1978, dall’omicidio di padre Rutilio Grande, gesuita, migliore amico di monsignor Romero, e di due catechisti. Una situazione che lo spinse a prendere posizione e a denunciare le violenze a cui continuava ad assistere.
Le denunce contro la repressione
L' esercito, braccio armato del partito al potere, continuò la sua scia di massacri, arrivando a profanare chiese e uccidere fedeli. Monsignor Romero chiese quindi un’indagine approfondita e continuò la sua opera di denuncia, ottenendo il sostegno della popolazione salvadoregna ma la diffidenza della chiesa. Entrambi i pontefici che si succedettero - Paolo VI e Giovanni Paolo II - temettero una sua vicinanza a ideologie o attività politiche e non sostennero mai fino in fondo il suo operato, tanto da isolarlo. Dopo la richiesta di un’indagine fatta da monsignor Romero, i giornali di regime pubblicarono una foto di Giovanni Paolo II e una sua citazione: “Guai ai sacerdoti che fanno politica nella chiesa perchè la Chiesa è di tutti”. La risposta di Romero arrivò in un’omelia: "Vorrei discutere con voi quale significato dare al Vangelo di oggi. Nozze di Cana, moltiplicazione dei pani simbolo d'una difficoltà che Cristo può sciogliere e la può sciogliere con l'aiuto degli uomini. È un pane spirituale, ma anche un pane vero che può sfamare tutti. Basta volerlo. E perchè possiate avere il vostro pane è necessaria una trasformazione politica. Non sarà la Chiesa a governare la trasformazione, ma la Chiesa ha il dovere di segnalare l'ingiustizia".
Il martirio
Nei giorni prima di morire, monsignor Romero invitò i militari a non eseguire gli ordini contrari alla morale cristiana: "Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine contrario alla legge di Dio. Nessuno deve obbedire ad una legge immorale. Nel nome di Dio, nel nome di questo popolo che soffre il cui pianto sale al cielo ogni giorno più forte, io vi imploro, vi prego, vi ordino: fermate la repressione!". Inoltre, con profetica consapevolezza, disse: "Se Dio accetta il sacrificio della mia vita il mio sangue sia seme di libertà e segno che la speranza sarà presto realtà". Un sacrificio che arrivò, il 24 marzo 1980, quando l’arcivescovo, 63 anni, stava celebrando la messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza, dove aveva scelto di vivere. Un sicario mandato dal partito nazionalista conservatore gli sparò uccidendolo sul colpo. Durante il suo funerale, l’esercito aprì il fuoco sui fedeli, uccidendo diverse persone.
Il processo di canonizzazione
Nel 2010, il capitano Alvaro Rafel Saravia, l’unico condannato per il suo omicidio, ha testimoniato affermando che Romero “fu ucciso in odio alla fede”. Il processo di beatificazione è durato a lungo: 36 anni in cui è stato bloccato e sospeso diverse volte. Al contrario, la sua canonizzazione è durata solamente tre anni, grazie all’intervento di Papa Francesco. Il Pontefice, infatti, nel 2015 ha riconosciuto il martirio di monsignor Romero, il martire più conosciuto dell’America Latina, e nel marzo 2018 ha riconosciuto anche il miracolo necessario per la canonizzazione. "Le resistenze purtroppo non sono solo a casa, ma anche fuori, e vicino a noi tante volte. La resistenza nasceva dal fatto che, come scrive il Concilio Vaticano II, come la Chiesa latinoamericana immediatamente dopo il Concilio aveva affermato: il Vangelo non è indifferente, il Vangelo non è una devozione, il Vangelo cambia il mondo. E Romero aveva compreso che, per cambiare il mondo, occorreva ripartire, come scrive il Vangelo, dall'amore per i poveri", ha commentato il postulatore monsignor Vincenzo Paglia.