Coronavirus Brasile, gli indigeni che resistono alla deforestazione dell'Amazzonia. FOTO
Nelle foto di Simone Giovine il popolo Kayapó affronta due minacce: la pandemia che sta mettendo in ginocchio tutto il Paese e l'erosione crescente del territorio a causa di disboscamento e miniere illegali d'oro. "La popolazione locale resta isolata, indossa le mascherine, ma intanto a maggio 2020 sono scomparsi 529 km² di foresta amazzonica", ci racconta il fotoreporter, che da sei anni è stato accolto dalla comunità indigena. La sua intervista per la rubrica Lo Spunto fotografico.
Di Chiara Piotto
Situata nell’Amazzonia sud-orientale, la terra Kayapó è una delle maggiori aree indigene protette del pianeta, con 11 milioni di ettari di foresta primaria. Negli ultimi anni il fotoreporter Simone Giovine ha documentato la graduale deforestazione dell’area e gli scavi di miniere d'oro illegali. Durante la pandemia la situazione, invece di arrestarsi, è peggiorata
Il sito di Simone Giovine
A maggio 2020 sono scomparsi 529 km² di foresta amazzonica, il dato mensile più alto degli ultimi 10 anni. Il Brasile è il secondo Paese al mondo per numero di contagi da coronavirus e i casi sono arrivati anche in aree isolate interne alla foresta, dove non esistono strutture sanitarie adeguate
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“Anche gli indigeni usano le mascherine e restano il più possibile isolati nei villaggi” per limitare la diffusione del contagio, ci ha raccontato Giovine. Nato a Torino nel 1983, attualmente vive a Joao Pessoa, il punto più a est del Sud America. Le sue foto sono raccolte nel progetto I kaben ma, “ascoltateci” in lingua Kayapò, e documentano vita e resistenza del popolo amazzonico
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La minaccia di erosione del territorio indigeno non arriva solo dalla deforestazione: “Le miniere d'oro abusive avanzano sempre di più”, continua Giovine, “e gli addetti agli scavi che arrivano dalle città sono veicolo di contagio”. In foto i cosiddetti "garimpos", aree di estrazione d'oro abusiva in terra indigena
La nostra video intervista a Simone Giovine
La gestione della pandemia da parte del presidente brasiliano Bolsonaro è stata molto criticata. “Oggi i villaggi si trovano ad affrontare l'aumento esponenziale di casi di Covid avendo a disposizione come via di salvezza solo i rimedi tradizionali, che molto spesso non sono sufficienti”, ci racconta Giovine. In foto, farmacia di un villaggio Kayapó
La caccia di animali selvatici è parte della tradizione, “ma oramai tutti i popoli indigeni dipendono anche dalle città per gli alimenti. Le associazioni si mobilitano per portare il cibo ai villaggi ed evitare che siano loro a spostarsi, trasportando il virus avanti e indietro”, dice il fotoreporter. In foto, raccolta di noci vicino a un villaggio
"Nel momento in cui riflettiamo su come ricominciare dopo questa pandemia, iniziare ad ascoltare le voci dei popoli storicamente costretti al silenzio è un passo fondamentale”. In foto, la tradizionale caccia al cinghiale
"Nei villaggi la produzione di foto e video è sempre più diffusa, legata all'idea di preservare le conoscenze tradizionali e di proteggere la propria identità. L'uso del drone, soprannominato Mingugu per la somiglianza del suo ronzio con quello di un insetto che vola vicino al fiume, è diventato un importante strumento di monitoraggio del territorio”, ci racconta l’autore degli scatti
La nostra video-intervista a Simone Giovine, in diretta Instagram
In questi anni Simone Giovine ha collaborato direttamente alla formazione di un collettivo di cineasti Kayapó, il Coletivo Beture, per preservare e tramandare usi e tradizioni. Solo in Brasile esistono più di 300 popoli indigeni con lingue e tradizioni totalmente diversi; occupano il 13% del territorio nazionale
"Quando lavori in Amazzonia è importante avere sempre più di un'opzione di attrezzatura. Doppie, triple batterie, più opzioni di ottiche, schede di memoria. E’ molto probabile che l'umidità, la pioggia o il sole caldo li compromettano. Se possibile meglio usare custodie impermeabili, ma nulla assicura che l'umidità non faccia danni". In foto, festa delle donne nel villaggio di Kubenkrankenh
“Fotografare le miniere è estremamente pericoloso. Per il mio lavoro con le comunità indigene sono sempre stato visto come un ambientalista. Per questo motivo ho fatto dei sorvoli e ho transitato in aree di miniere, ma senza avere degli incontri ravvicinati con i "garimpeiros"", aggiunge Giovine
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"Non escludo nei prossimi mesi di riuscire a organizzare un lavoro specifico sulle miniere illegali, ma è importante accedere con le persone giuste e non improvvisare nulla. In quelle zone gli omicidi di ambientalisti sono molto frequenti”, conclude. In foto, villaggio Kayapó Kendjam
Il sito di Simone Giovine