Milkman, ovvero cosa significa crescere tra le bombe nell’Irlanda del Nord

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Filippo Maria Battaglia

Credit: Getty Images

IL LIBRO DELLA SETTIMANA Anna Burns è stata la prima nordirlandese a vincere il “Man Booker Prize” con un romanzo di formazione che racconta il “periodo più buio del periodo buio” di una nazione lacerata da un conflitto strisciante e spietato 

L’incipit è questo: “Il giorno in cui Qualcuno McQualcuno mi ha puntato una pistola al petto e mi ha chiamata gatta e ha minacciato di spararmi è lo stesso giorno in cui il lattaio è morto. È stato fatto fuori da una delle squadre d’assalto governative, e a me non è importato nulla che l’avessero fatto fuori”. Si presenta così “Milkman”, il romanzo di Anna Burns ora arrivato in Italia con Keller dopo aver fatto spellare le mani dall’entusiasmo ai critici anglofoni di mezzo mondo (trad. E. Grassi, pp.456, 19,50 euro).

Racconta la storia di Sorella-di-mezzo (avete letto bene: nel romanzo non ci sono nomi propri), una 18enne inquieta che corre spesso (per qualcuno troppo) e ama leggere i romanzi dell’Ottocento perché, spiega, il Novecento le fa schifo. Sorella-di-mezzo vive a Belfast, o almeno così pare visto che la città non viene mai citata. Siamo negli anni Settanta, durante i “Troubles”, il conflitto nordirlandese tra i repubblicani cattolici (favorevoli all’unificazione delle due Irlande) e gli unionisti protestanti (che invece vogliono la permanenza nel Regno Unito).

Un romanzo di formazione

“Milkman” si può definire un romanzo di formazione: ha una protagonista inquieta e introversa alle prese con una sfilza di sorelle e di cognati, con una madre bigotta e con un forse-fidanzato che non sa se tenere o meno a distanza. Ma soprattutto se la dovrà vedere con l’irruzione nella sua vita del Lattaio (Milkman, appunto), uno che con il latte non c’entra nulla e che compare un giorno alla guida un’auto mentre lei cammina leggendo “Ivanhoe”.

La prima scrittrice nordirlandese a vincere il “Man Brooker prize”

Con “Milkman” Anna Burns ha vinto il “Man Brooker prize”, il più importante premio letterario pubblicato nel Regno Unito e dedicato ai romanzi scritti in lingua inglese. È stata la prima scrittrice dell’Irlanda del Nord a ricevere questo premio, e in effetti il libro – al netto di un ritmo a volte un po’ troppo discontinuo – ha una serie di qualità: il respiro del romanzo generazionale; un timbro decisamente poco omologato, lontano dal solito cliché delle scuole di scrittura; una storia ricca di atmosfere, che racconta il “periodo più buio del periodo buio” di una nazione lacerata e stretta da un conflitto spietato e silente. Questo però è solo il contesto. La qualità principale di “Milkman” è di riuscire a entrare nella testa di una donna quasi adulta, esaltandone le inquietudini e le contraddizioni, senza mai sfiorare la banalità.

 

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