Cosa ha di positivo (e negativo) l'accordo per finanziare l’Ucraina

L’accordo per finanziare l’Ucraina per i prossimi due anni è positivo da diversi punti di vista, ma c’è un aspetto che ci deve preoccupare. L’Unione Europea raccoglierà sui mercati 90 miliardi che verranno prestati all’Ucraina, per continuare a difendersi o per finanziare la ricostruzione, a seconda dell’esito dei negoziati ora in corso, per i prossimi due anni. I corrispondenti 45 miliardi l’anno equivalgono a meno dello 0,25% del Pil dell’Unione, un importo molto inferiore a quello che i membri dell’UE che appartengono alla Nato si sono impegnati a spendere per il proprio riarmo considerato necessario come deterrente di un possibile attacco russo. Tale importo oscilla tra mezzo punto percentuale di Pil e 3 punti percentuali a seconda del livello di spesa attuale. Ora, dovrebbe essere ovvio che finché la Russia è impegnata in una guerra col l’Ucraina, e finché non riesca a trasformarla in uno stato fantoccio, l’orso russo non si può certo permettere di iniziare una nuova avventura militare. Quindi il migliore e più economico deterrente rispetto a un attacco russo è proprio il sostegno che viene dato all’Ucraina. Anche la soluzione trovata per il finanziamento, un prestito secco contratto dall’UE sui mercati è molto più trasparente di quello che sembrava essere il Piano A, la contrazione di un prestito da Euroclear che sarebbe stato ripagato mettendo mano sugli asset russi congelati presso questo istituto, in base a una presunta condanna della Russia da parte di un tribunale internazionale, uno schema considerato legalmente debole sul piano del diritto internazionale. Chi ripagherà il prestito? Se l’accordo di pace comprendesse il pagamento di riparazioni da parte della Russia e tali riparazioni fossero davvero pagate, le risorse verrebbero da lì. Probabilmente questo non avverrà. Anche in questo caso il prestito non dovrebbe necessariamente essere rimborsato: potrebbe infatti essere rinnovato alla scadenza, senza che si debba mai arrivare alla ricerca di risorse pari a 90 miliardi. Questo rinnovo alimenterebbe l’esistenza di un mercato dei titoli dell’UE, per i quali la domanda resta elevata. In questo caso il finanziamento necessario riguarderebbe solo il pagamento degli interessi sul debito. È positivo anche il fatto che si sia arrivati a un accordo nonostante l’opposizione di Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, perché questo dimostra che è possibile intraprendere azioni concrete anche in assenza di un’unanimità che appare sempre più difficile da ottenere in aree come la politica estera. È un altro passo verso quell’Europa a varie velocità che sembra ormai l’unica strada per progredire verso strutture più unitarie nelle politiche dei Paesi europei. Cosa c’è dunque che non va? I media italiani e di altri Paesi hanno enfatizzato come l’accordo sia una sconfitta per il Cancelliere Merz e per i Paesi che, con la Germania, avrebbero preferito, come fonte di finanziamento, l’utilizzo degli asset russi detenuti da Euroclear. Temo che sottolineare la sconfitta di Merz sia nella sostanza sbagliato: alla fine la Germania ha dato segno di porre gli interessi dell’Unione di fronte ai proprie e dovrebbe essere lodata per questo, anche perché dimostra che il cliché per cui tutto è deciso in UE in funzione dei desiderata tedeschi è falso. Ed è ancora più sbagliato in termini di comunicazione perché indebolisce Merz all’interno della Germania, fornendo munizioni a quello che è ormai il suo più pericoloso avversario, Alternative fur Deutschland. Quest’ultima si è subito scagliata contro Merz per aver usato i soldi del contribuente tedesco per finanziare un altro Paese. E AfD è ormai il partito più popolare secondo alcuni sondaggi. Una sua ulteriore ascesa, magari affiancata da una vittoria sovranista alle prossime elezioni presidenziali francesi, potrebbe spegnere del tutto le speranze di chi ritiene che in un mondo globalizzato solo un’Europa più unita possa contare qualcosa.

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Carlo Cottarelli