La guerra in Ucraina e tutti gli errori di Biden

In queste settimane di trattative, tanto concitate quanto delicate, per la fine della guerra in Ucraina, occorre provare a fare un bilancio di quello che è successo in questi quasi quattro anni di conflitto. La prima cosa che è successa, e che possiamo mettere nell’elenco dei dati di fatto, è che non è vero che la Russia ha mostrato una manifesta superiorità militare. Al contrario, è bloccata da tre anni dietro una linea del fronte sostanzialmente immobile dall’autunno del 2022. In pratica, dopo le prime settimane di guerra e dopo un’avanzata decisamente faticosa , le temutissime truppe russe sono ferme nelle aree di Donetsk e Luhansk, aree che in buona sostanza controllavano già da prima della guerra. Quindi, sul campo, non è un gran risultato. La seconda cosa è stata la forza, e soprattutto la creatività e l’ingegno della resistenza ucraina, Paese certamente militarmente preparato che è riuscito, come dicevamo, a fermare per tre anni l’avanzata di quello che, almeno stando alla vulgata e alle eredità del ‘900, avrebbe dovuto essere uno degli eserciti più forti del mondo. Delle due l’una: o le truppe russe non sono forti come si pensava, o quelle ucraine sono egualmente forti. Altrimenti non si spiegherebbe perché da tre anni la Russia non avanza che di pochi chilometri alla volta. La terza cosa che abbiamo appreso è l’inadeguatezza delle forze militari di USA e UE e, in pratica, della NATO. E non si tratta tanto di inadeguatezza militare, quanto politica. Perché in questi anni i Paesi NATO non hanno saputo mostrare volontà, decisione, coordinamento. E probabilmente la forma che sta assumendo la mediazione di questi giorni, con un’Ucraina stremata disposta a cedere Donetsk e Luhansk e a rinunciare al diritto, che le appartiene in quanto Paese sovrano, di decidere se aderire o meno alla NATO , dice molto più della debolezza politica delle forze occidentali di quanto non dica degli eserciti ucraini o russi. Un bilancio molto negativo che, per varie ragioni, finisce per buona parte, se non tutto, sul conto di Joe Biden. Il giornale The Atlantic, in un articolo dal titolo “Joe Biden ha fatto un pasticco in Ucraina”, scrive: “L’amministrazione Biden ha gestito in modo pessimo la guerra in Ucraina, non solo ostacolando la capacità di un alleato assediato di respingere un’invasione russa, ma anche sprecando una straordinaria opportunità di migliorare la posizione globale dell’America e la posizione delle potenze democratiche nel mondo [...]. Più volte Biden e i suoi esperti hanno limitato la capacità di combattimento dell’Ucraina fino a quando non è stato troppo tardi. Di recente, solo dopo la sconfitta del suo partito alle elezioni presidenziali, Biden ha finalmente concesso all’Ucraina la possibilità, seppur limitata, di utilizzare armi americane su obiettivi militari in una piccola parte della Russia. La decisione del presidente arriva dopo 33 mesi di guerra, durante i quali la Russia ha lanciato attacchi a lungo raggio ovunque in Ucraina volesse, in molti casi utilizzando armi di fabbricazione iraniana”. Quindi, alla radice della situazione in cui si trova attualmente l’Ucraina, stretta in un angolo e costretta a cercare una mediazione anche a un prezzo altissimo, ci sarebbe l’estrema paura dell’amministrazione Biden di ‘esagerare’ e di provocare una reazione da parte di Mosca. “L’invasione – scrive Foreign Policy – è stata in gran parte plasmata dalle decisioni dell’amministrazione Biden su quando e come armare l’Ucraina, e dal modo in cui gli Stati Uniti hanno utilizzato gli aiuti militari come leva per limitare il modo in cui l’Ucraina combatte la sua guerra. Queste decisioni della Casa Bianca, a loro volta, hanno determinato in modo significativo i contorni delle conquiste della Russia. Biden e il suo team hanno deluso l’Ucraina praticamente in ogni fase della guerra. Hanno trattenuto armi cruciali e, per eccesso di cautela, hanno fortemente limitato le possibilità di Kiev di condurre la sua lotta per la sopravvivenza. I timori dell’amministrazione Biden di un’escalation nucleare hanno giocato un ruolo cruciale nel plasmare il sostegno degli Stati Uniti negli anni successivi. Consapevole di questi timori, il Cremlino li ha sapientemente alimentati con frequenti minacce”. E, con il senno di poi, le conseguenze peggiori della politica di contenimento e prudenza di Joe Biden sono state due: la prima, messa in luce dal Guardian, è che non ha funzionato: “la strategia di contenimento di Biden sta fallendo miseramente. Lungi dall'essere confinata al fango e al ghiaccio del Donbass, la diffusione delle ricadute tossiche della guerra diventa ogni giorno più distruttiva a livello globale. Contamina e rovina tutto ciò che tocca. È vero, una guerra "calda" tra Russia e NATO è stata finora evitata. Eppure il territorio polacco e rumeno è stato colpito da missili vaganti e attacchi marittimi. L'intera regione del Mar Nero è coinvolta, così come la Bielorussia. Putin sostiene che l'Occidente sta già dichiarando guerra alla Russia e la minaccia con armi nucleari. I propagandisti giurano di vaporizzare la Polonia”. La seconda, messa in luce di nuovo da Atlantic è stata il fatto che, mostrando timore nell’affrontare la Russia, gli USA - e Joe Biden - hanno probabilmente perso la più grande occasione storica degli ultimi decenni: “Fatico a pensare - scrive Phillips Payson O'Brien, docente di studi strategici all’università di St. Andrews, in Scozia - a un altro momento in cui eventi inaspettati abbiano offerto a un presidente degli Stati Uniti condizioni più favorevoli per ridisegnare il panorama geopolitico. Per anni, gli strateghi americani hanno discusso di riorientare le forze militari statunitensi dall’Europa, dove servono principalmente a proteggere le nazioni democratiche dall’aggressione militare di Mosca, verso la regione indo-pacifica per scoraggiare una Cina in rapida crescita. Se gli Stati Uniti avessero aiutato l’Ucraina a vincere nel 2022 – ovvero a liberare il proprio territorio riconosciuto a livello internazionale – e poi ad aderire alla NATO, avrebbero anche protetto la sicurezza dei Paesi a Ovest dell’Ucraina. La presenza di un’Ucraina militarmente potente nella NATO avrebbe spostato l’equilibrio di forze in Europa in modo decisivo a favore delle nazioni democratiche e ripristinato la fiducia globale nella leadership americana, che la debacle in Afghanistan aveva minato. Gli Stati Uniti avrebbero quindi potuto ridurre la loro presenza militare in Europa e concentrare le loro energie in Asia”. Niente di tutto questo, come evidente, è successo. Ma ciò che è stato determinato da quelle scelte contribuirà a plasmare gli equilibri nei decenni a venire.

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Luciana Grosso