Il Giappone sempre più vecchio vuole più figlie femmine

Se potessero avere un solo figlio, i giapponesi sceglierebbero una figlia femmina. Ma questa - sembra un paradosso - non è una buona notizia per la giustizia di genere. Come spiega Letizia Mencarini, demografa del Dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’Università Bocconi di Milano, è stata rilevata una clamorosa inversione rispetto a 20 anni fa, quando il Giappone - membro del G7 con le performance peggiori in termini di uguaglianza - si mostrava marcatamente a favore dei figli maschi. L’inversione non è un passo avanti verso la parità perché le ragioni alla base sono radicate in una divisione del lavoro fortemente connotata in base al genere, in cui il lavoro di cura è una faccenda da donne. “Con un tasso di fecondità così basso, serve avere una femmina accanto per poter invecchiare - dice Mencarini, che ha svolto un’indagine demografica condotta su 8 Paesi, tra cui Giappone e Italia - E così invece di andare verso un futuro più gender-equal, il Giappone va verso una società molto gender-unequal”. La popolazione diminuirà del 45% entro il 2100 Il Giappone è “il Paese più invecchiato al mondo”, dice Mencarini. E questo invecchiamento è determinato da tre fattori: da una parte, i giapponesi detengono il record della speranza di vita, con le donne anziane che sfiorano gli 85 anni e gli uomini poco meno. D’altro canto, la popolazione giovane non rimpiazza quella più attempata. Perché venga sostituita ci vogliono almeno 2,1 figli per coppia, mentre il Giappone, ha un tasso di fecondità di 1,15 figli per donna. Infine, il Giappone è un Paese chiuso all’immigrazione. Non può giovare - come fanno Paesi come la Germania - del sollievo dell’accoglienza, per sperare in un ricambio generazionale. E il suo crescente nazionalismo promette di esacerbare la situazione. Con gli attuali tassi di fecondità, occupazione e immigrazione, la popolazione diminuirà del 45% entro il 2100 , dice un rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico . Le giapponesi fanno figli solo dentro al matrimonio La sfida demografica per il governo di Tokyo è simile a quella che coinvolge buona parte dei Paesi a sviluppo avanzato, compresa l’Italia, con la quale condivide una struttura famigliare simile. Se si va a guardare nello specifico, però, esiste una differenza sostanziale: “Il Giappone non ha fecondità fuori dal matrimonio: chi fa figli è sposato” spiega ancora Mencarini. La differenza con l’Italia è enorme: se qui il 40% dei bambini nasce fuori dal matrimonio, nelle famiglie giapponesi il dato cala drasticamente al 2%, dice la demografa. “Non si può chiedere a un giapponese se convive o meno, perché è considerato veramente fuori dalla norma sociale. Nei campus universitari esistono giovani che convivono, ma sono reticenti a dirlo”. La tradizionalità del modello familiare è piuttosto rispettata nella società giapponese: “Chi entra nel mercato del matrimonio sa che deve rispettare norme familiari rigide dal punto di vista di carichi di genere”. Motivo per cui, per molte donne, non vale la pena fare questo sacrificio. Il fattore carico domestico L’incompatibilità tra il lavoro di cura domestico e il lavoro salariato è vissuta come una condanna dalle donne giapponesi e questo rende la scelta tra la famiglia e il lavoro un aut-aut. Chi non si sposa, non fa figli. Ma a ben guardare c’è una differenza abissale in base al genere: le donne senza figli e non sposate sono istruite e lavorano molto, mentre gli uomini che restano fuori dal mercato matrimoniale sono i meno istruiti e hanno uno status sociale basso. Di fatto, si estromettono dal matrimonio le donne che scelgono scientemente la carriera perché, spiega Mencarini, “sanno che se si sposassero dovrebbero sposare il sistema tradizionale”. La situazione peggiora se si pensa che il lavoro di cura degli uomini è scarsissimo, sottolinea Mencarini. In Giappone un elemento che incide sulla probabilità di una donna di fare figli, infatti, è anche il cosiddetto “welfare famigliare”: la presenza di una madre vicina, rileva Mencarini, è d’aiuto nella scelta di avere figli. Le misure adottate dal Giappone Per far fronte a questa crisi demografica, il Giappone ha provato a mettere in campo misure di sostegno alla genitorialità. Tra queste l’iniziativa, proposta dal governo Kishida, di rendere il parto gratuito. “Le spese mediche attualmente a carico delle famiglie e solo parzialmente compensate da un'indennità forfettaria - spiega Newsweek dopo aver contattato il ministero della Salute giapponese - sarebbero interamente coperte dall'assicurazione sanitaria pubblica. Solo i parti cesarei sono attualmente coperti in esenzione dalle assicurazioni sanitarie”. Esistono poi anche esperimenti locali, come quella pensata per i dipendenti e le dipendenti del Tokyo Metropolitan Government, avviata da aprile 2025, che consente di poter lavorare 4 giorni su 7 e di recuperare così tempo ed energie per dedicarsi sia al lavoro sia alla famiglia. “Servono più servizi per la famiglia” “Sono misure che, per essere efficaci, avrebbero dovuto essere implementate trent’anni fa - commenta Mencarini - Anche se è un’ottima cosa, perché almeno vanno verso i diritti anche individuali e di uguaglianza di genere”. La mentalità, però, sarà difficile da trasformare. “In Giappone c’è un’etica dell’orario lavorativo particolarmente pesante. Alcune persone non possono lasciare il posto di lavoro se il capo è ancora in ufficio a lavorare. Questo comporta poco tempo per se stessi e per la famiglia”, spiega l’esperta. Creare più servizi per la famiglia, però, potrebbe essere la soluzione per prendere due piccioni con una fava: “Metterebbe in moto un circolo virtuoso, creare più servizi significa creare lavoro per le donne, dal momento che sono quelle che più spesso si trovano a svolgere lavori di cura”. Anche perché, dice Mencarini, “se il problema è la bassa fecondità, entriamo in un tema etico un po’ più scivoloso”. Ne è un esempio il caso della politica del figlio unico cinese, un esperimento di biopolica demografica durato circa trent’anni che ha provocato aberrazioni di vario tipo, dal fenomeno degli infanticidi delle bimbe femmine e quello delle adozioni illegati, oltre a uno squilibrio di genere che mette fuori dal mercato del matrimonio un numero sproporzionato di uomini che non trova moglie. Di una cosa, Mencarini è sicura: così così come il divieto di partorire più di un figlio, anche “obbligare le persone a fare i figli è una scelta impossibile”, oltre che socialmente e politicamente inaccettabile. “Il futuro del mondo - sottolinea - è un futuro a bassa fecondità”.

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Agnese Ranaldi