Anche la Spagna vuole inserire il diritto all’aborto nella Costituzione

Nel 2024, la Francia è diventato il primo Paese al mondo a inserire il diritto all’aborto nella sua Costituzione. Il punto di partenza dell'iniziativa era stata l'abrogazione nel 2022, da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, della sentenza del 1973 Roe contro Wade, che proteggeva il diritto all'aborto. Nelle ultime settimane, il Consiglio dei ministri spagnolo ha approvato una proposta di riforma per fare lo stesso. Pur muovendo da premesse simili, ovvero impedire che la legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza venga revocata da eventuali governi conservatori, l’iniziativa dell'esecutivo del primo ministro Pedro Sánchez nasce in risposta alla decisione del Comune di Madrid di approvare una misura che obbliga il personale sanitario a informare le donne che vogliono abortire delle conseguenze negative legate a una presunta “sindrome postaborto”, priva di basi scientifiche. La proposta approvata nella capitale ha riaperto il dibattito politico e sociale sull’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza in Spagna, limitato a causa della mancanza di personale specializzato nei centri pubblici e di dati sull’obiezione di coscienza. I dati sull’IVG in Spagna Secondo i dati del Ministero della salute spagnolo, nel 2024 sono stati registrati 106.173 aborti, circa 3mila in più rispetto al 2023. La tendenza al rialzo è sostenuta da oltre un decennio e ha subito una flessione solo durante il primo anno della pandemia. Se non visualizzi il grafico, clicca qui I dati si riferiscono al primo anno in cui è entrata pienamente in vigore la modifica della legge sull'aborto, avvenuta nel 2023. Uno dei cambiamenti introdotti è stato l'abbassamento dell'età minima per il diritto all'aborto a 16 anni senza il consenso dei genitori o dei tutori legali. La modifica prevede anche che l’interruzione volontaria di gravidanza sia garantita nei centri pubblici, esortando le amministrazioni a disporre di risorse umane sufficienti per garantire questo diritto in tutto il territorio. Tuttavia, la grande maggioranza delle procedure continua a essere praticata in centri privati a causa di mancanza di personale nel pubblico: una tendenza che va avanti dal 1985, anno dell’approvazione della prima legge sull’aborto in Spagna. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Alla mancanza di risorse si somma anche l’obiezione di coscienza, ovvero la possibilità da parte del personale medico di decidere di non effettuare interventi che sono in contrasto con i propri valori e principi, tranne nei casi in cui possa essere compromessa la vita della paziente. Tra le modifiche alla legge sull’aborto introdotte nel 2023 c’era anche la creazione dei registri del personale obiettore, uno per ogni Comunità autonoma: a oggi, almeno tre Comunità non l’hanno ancora istituito. In alcune Comunità in cui il registro è stato creato, invece, i dati che sono contenuti nei registri al momento non sono utilizzati per garantire il diritto alle donne di abortire nei centri pubblici. Da dove viene la proposta? Già a marzo 2024, sulla scia della Francia, la formazione Sumar aveva proposto di includere il diritto all’aborto nella Costituzione. L’esecutivo aveva scartato l’idea all’epoca, per poi rivalutarla a inizio ottobre, quando il Comune di Madrid, dove il centrodestra ha la maggioranza, ha approvato la proposta del partito di estrema destra Vox che obbliga il personale sanitario a informare le donne che vogliono abortire di una presunta “sindrome postaborto”. Tra i sintomi di questa sindrome, secondo Vox, ci sarebbero depressione, senso di colpa, isolamento, incubi, insonnia, alcolismo, anoressia e bulimia, disfunzioni sessuali, autolesionismo, aggressività e un tasso di ricoveri ospedalieri per problemi psichiatrici doppio rispetto alle donne che non hanno abortito. Gli articoli scientifici che parlano di questa sindrome esistono, ma sono spesso sostenuti economicamente da movimenti antiabortisti e cattolici. Molte altre ricerche sostengono invece che non esiste una relazione tra interrompere in maniera volontaria una gravidanza e lo sviluppo di problemi legati alla salute mentale. In aggiunta, la presunta sindrome non viene riconosciuta da nessuno dei principali manuali di riferimento, come il DSM-5, utilizzato negli Stati Uniti, o il CIE-11, più comune in Europa. A pochi giorni dall’approvazione della proposta, il Comune di Madrid ha riconosciuto che si è trattato di un errore, ma si è rifiutato di ritirarla, preferendo limitarsi a non applicarla. Nel frattempo, alla polemica si è aggiunto anche il governo regionale, la cui presidente, Isabel Díaz Ayuso , si è rifiutata di creare un registro del personale obiettore, consigliando alle donne di andare ad abortire “da un’altra parte”. I dati ci dicono che, purtroppo, è già così: negli ultimi dieci anni, nella regione sono state praticate più di 162mila interruzioni volontarie di gravidanza, di cui solo 177 in ospedali pubblici. Il secondo Paese a inserire l’aborto in Costituzione? Al momento, il governo di Sánchez prevede di portare la proposta per inserire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione in parlamento a inizio del prossimo anno. A causa della fragilità dell’esecutivo, tuttavia, è molto difficile che la Spagna riesca a seguire a breve l’esempio della Francia. Per essere approvata, la proposta avrebbe bisogno del sostegno di tre quinti del parlamento e il centrodestra, che controlla la maggior parte dei seggi , ha già detto che voterà a sfavore.

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Roberta Cavaglià