La madre di una vittima: “Sciopero della fame per i morti di Novi Sad”

Una tenda per dormire, un gazebo sotto cui ripararsi, un capannello di persone che non la lasciano mai sola, molti veterani. Dijana Hrka è la madre di Stefan, una delle vittime del crollo della pensilina di Novi Sad, città nel nord della Serbia. Un disastro che ha provocato il primo novembre 2024 la morte di sedici persone e che ha dato il via a una lunga e ininterrotta stagione di proteste contro la corruzione, contro il presidente Aleksandar Vucic e il partito al potere da oltre un decennio, il conservatore Partito rogressista serbo. La stazione era stata recentemente ristrutturata e inauguarata nel quadro del progetto di alta velocità Belgrado Budapest. Si è trasformata così nel simbolo per un pezzo di Paese di quella che viene percepita come una gestione opaca e criminale della Cosa pubblica. A un anno dalla tragedia, Novi Sad ha ospitato sabato un immenso raduno. È lì che Dijana ha annunciato l'inizio della sua protesta nonviolenta ed estrema. Promessa mantenuta. Poche ore dopo è a Belgrado davanti al Parlamento, ma le autorità cercano di allontanarla respingendola di qualche centinaio di metri. L’operazione si trasforma in un boomerang. Sempre più persone accorrono in difesa di quella madre che chiede giustizia. Incontriamo Dijana quando non tocca cibo già da più di 24 ore. “Ho iniziato lo sciopero della fame perché nessuno è stato processato per il crollo della tettoia, nessuno è stato ritenuto responsabile”, ci racconta. La verità giudiziaria è ancora lontana: un ritardo che ha fatto crescere la frustrazione. La sera di domenica la tensione si alza nella capitale. Del resto, quella piazza è lo specchio di un Paese polarizzato. Da marzo lo spazio antistante all’assemblea nazionale è occupato da una tendopoli filogovernativa sponsorizzata dalle istituzioni. E proprio dal “luogo più libero d’Europa”, come lo definisce il presidente, vengono lanciati i primi oggetti contro la folla radunata. L’inizio di un testa a testa tra i due gruppi contrapposti. Il primo giorno si conclude con 37 arresti, tutti sul fronte dei sostenitori di Dijana, e così in quelli successivi non sono mancati gli incidenti. Dijana prova rabbia per l’atteggiamento delle autorità e per l’ampio dispiegamento di poliziotti antisommossa che sembrano avere il solo scopo di “difendere i pro-Vucic” e non di proteggerla, ma non si lascia abbattere: va avanti e invita i suoi a non cadere nelle provocazioni. "Non ho più paura di loro. Sono sopravvissuta a così tante cose a causa di questo governo che non ho più motivo di averne paura", spiega. Sul futuro della protesta non si esprime e non si lascia andare a previsioni: “Siamo concentrati sull’oggi, non so cosa succederà, viviamo giorno per giorno". Quello che dà per certo è che non arretreranno fino a che le loro richieste saranno accolte: “Non ci ritireremo, ci riuniremo qui sempre di più e non vogliamo ritirarci perché qualcuno deve iniziare a fare il suo lavoro, a partire dalla procura”. Insiste su alcuni punti, sopratutto sulla liberazione da parte delle autorità delle persone, spesso giovani, tratte in arresto negli ultimi mesi, che deve andare di pari passo con un giusto processo per i responsabili della tragedia di Novi Sad. Per Dijana come per gli studenti universitari che sono i leader delle grandi manifestazioni e che hanno saputo aggregare attorno alle loro rivendicazioni sempre più cittadini, inoltre, le elezioni anticipate sono una premessa necessaria per fare chiarezza sull’accaduto e perché ci possa essere un vero cambio di passo nel Paese. Dijana è una donna provata dal dolore - suo figlio aveva solo 27 anni - e ora dalle restrizioni del digiuno, eppure accoglie tutti gli avventori, che siano giornalisti o persone venute ad abbracciarla. “Sto bene - ci dice - I miei ragazzi sono qui. La mia gente è qui. Quando arrivano questi studenti, mi dimentico di tutto. È questo che mi fa andare avanti. È questo che mi fa sorridere”. Proprio mentre la intervistiamo si fa strada un piccolo comitato di alunni di un liceo di Belgrado, venuto a darle supporto. Ci mostra i fiori e i regali che riceve. “Vedere questi giovani mi fa sentire mio figlio vicino. Sono davvero meravigliosi. Questo è il nostro futuro. Questa è la nostra forza, almeno la mia”. Il presidente Vucic che ha definito il raduno del primo novembre come un fiasco ha criticato duramente i sostenitori di Dijana. Oggi invita alla calma anche i suoi: è stato convocato alle 17 un raduno di militanti del partito di governo che arriveranno nella piazza del parlamento. Tutti gli occhi e le telecamere sono puntati sul cuore della democrazia serba, che sembra più che mai divisa.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

La madre di una vittima: “Sciopero della fame per i morti di Novi Sad”

Ludovica Passeri