Perché Trump e Putin hanno scelto Budapest per il loro nuovo incontro?

Se dovessimo rappresentare con un grafico la storia dei rapporti tra Donald Trump e Vladimir Putin, avrebbe l’aspetto di una sinusoide. Si va da picchi di cordialità e stima reciproca, a gole di reciproche minacce di guerra e distruzione. E poi si ricomincia da capo. La decisione di convocare un nuovo vertice tra i due, a Budapest nei prossimi giorni, si colloca in questa sinusoide. In questa specie di tira e molla diplomatico che da mesi vede impegnati USA e Russia. Da un lato tra Trump e Putin ci sono molti punti di contatto e affinità, che vanno dal ruolo russo giocato nelle elezioni del 2016, alla comune insofferenza per le regole delle democrazie liberali e per le istituzioni multilaterali. Dall’altro i due, pur partendo da basi comuni, non sono mai riusciti davvero a trovare un accordo su una questione cruciale: l’Ucraina. Trump, è cosa nota, vuole passare alla storia come un grande pacificatore e come un risolutore di crisi; Putin, invece, non ha fama di uomo di pace, né sembra interessato ad averne. Così, da mesi, tra Russia e USA si aprono e si chiudono canali di dialogo, ci si incontra e ci si scontra, si dialoga e ci si minaccia. La scorsa estate, per esempio, nel solo mese di agosto, si è passati dalla decisione di Trump di far fare rotta ai sottomarini USA verso le coste russe, all’incontro più che amichevole di Anchorage, in Alaska, con grandi promesse di ricerca della pace, sfociate poi, appena due settimane dopo, nel più grande attacco russo all’Ucraina di sempre . In questo quadro di contraddizioni, non è ancora chiaro come si collochi il vertice previsto entro le prossime due settimane a Budapest. Da un lato, è verosimile che Trump vi si presenterà forte del successo - precario ma significativo - ottenuto con il cessate il fuoco a Gaza. Dall’altro, Vladimir Putin, vi si presenterà come al solito, ossia senza una via di uscita da questa guerra che non comprenda la sua completa vittoria. Uno stallo che non è chiaro come il vertice di Budapest possa sbloccare, a meno che, nei giorni che ci separano da quel vertice, non accada qualcosa di nuovo. Questo qualcosa di nuovo, in teoria, potrebbe essere il via libera di Trump alla fornitura di missili Tomahawk all’Ucraina. Una decisione che Trump non ha ancora preso ma verso la quale ha mostrato sentimenti contrastanti: lo scorso 12 ottobre aveva detto che se la Russia non avesse avviato seri colloqui di pace, le armi sarebbero state spedite a Kiev; ieri, invece, pare che abbia detto a Putin che gli arsenali USA non possono rimanerne sguarniti e che, pertanto, i missili non ne usciranno. Allo stesso tempo, però, oggi Trump riceverà alla Casa Bianca Volodimir Zelenski, arrivato a Washington proprio per perorare la fornitura dei missili, in grado di raggiungere obiettivi strategici nell’entroterra russo. A tutto questo, poi, si aggiungono due elementi: la tempistica e la logistica. Per quel che riguarda i tempi, infatti, è peculiare il fatto che il prossimo vertice tra Trump e Putin sia stato annunciato dopo una lunga e cordiale telefonata tra i due leader svoltasi ieri sera, il che significa poche ore prima dell’arrivo di Volodimir Zelenski alla Casa Bianca. Una scansione temporale che certifica che Putin ha ancora una specie di diritto di prelazione su Donald Trump e sulle sue decisioni. Per quel che riguarda la logistica, invece, salta all’occhio il luogo scelto per il vertice: Budapest. La capitale ungherese non è un posto qualunque. Tanto per cominciare è in Unione Europea, ossia nel territorio del soggetto politico che più di tutti è impegnato a sostenere l’Ucraina e a difendersi, a sua volta, da eventuali attacchi russi. Poi perché, per quanto sia una città europea, Budapest lo è a modo suo. Da quasi 15 anni è governata da un leader, Victor Orban, che non fa mistero di preferire la politica russa a quella dell’Unione e che, ogni volta che c’è da votare in Consiglio qualcosa che possa ledere gli interessi russi, pone il suo veto per fare muro . Inoltre, e questo non è un dettaglio da poco, l’Ungheria è, dallo scorso mese di aprile, l’unico Paese europeo che non riconosce l’autorità della Corte Penale Internazionale e, di conseguenza, del mandato di arresto per Putin accusato di crimini di guerra. Un aspetto non da poco, dal momento che rende l’Ungheria l’unico Paese europeo nel quale Vladimir Putin può mettere piede senza rischiare di essere arrestato. E non è tutto: la prossima primavera in Ungheria si vota e, per la prima volta da anni Victor Orban appare in difficoltà nei sondaggi. Ospitare questo vertice potrebbe ridare slancio alla sua figura e aiutarlo a raggiungere l’ennesima vittoria elettorale. Una circostanza che sarebbe particolarmente gradita a Vladimir Putin, che, per tramite di Orban, potrebbe continuare ad avere un canale di pressione sulle decisioni europee. Un obiettivo non da poco. Che, con questo vertice, Donald Trump potrebbe rendere più vicino e raggiungibile.

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Luciana Grosso