Trump contro le città democratiche

Prima è toccato a Los Angeles, poi a Washington, poi a Memphis, poi a Portland e ora a Chicago. L’elenco delle città in cui il Presidente Donald Trump ha deciso di scavalcare le prerogative degli amministratori locali e schierare la Guardia Nazionale si allunga. E verosimilmente continuerà a farlo nelle prossime settimane . La prima ad andare incontro a questo destino, la scorsa primavera, è stata Los Angeles: in quell’occasione erano scoppiate delle proteste in reazione ai raid della polizia antiimmigrazione ICE che avevano portato via centinaia di immigrati. Immigrati che, nelle città come Los Angeles hanno diritto a vivere, lavorare, studiare, curarsi o prendere la patente anche se non hanno il permesso di soggiorno. Questo perché Los Angeles sono città ‘santuario’, ossia città nelle quali nessuno è autorizzato a chiedere i documenti di soggiorno a nessuno. A meno che, ovvio, non si violi la legge. Insomma sono città nelle quali, se rispetti le regole, puoi essere a tutti gli effetti un cittadino, senza però esserlo. Un sistema che, come è facile immaginare, è decisamente indigesto a Trump e alla sua amministrazione, che infatti per questo ha dispiegato ingenti forze antiimmigrazione a Los Angeles, i cui raid hanno dato il via alle proteste e, in tutta risposta, al dispiegamento della Guardia Nazionale. Poche settimane dopo è stato il turno di Washington, nevralgica capitale e città nella quale, secondo il Presidente la criminalità era del tutto fuori controllo e gli omicidi all’ordine del giorno. Poche settimane ancora ed è toccato a Memphis, unica area democratica del repubblicanissimo Tennesse, sempre con la motivazione di voler limitare la criminalità. Qualche giorno ancora ed era stato il turno di Portland, forse la città più di sinistra d’America, dove si erano verificate manifestazioni e proteste contro le strutture ICE. Ora è il turno di Chicago, altra città di sinistra, che secondo Trump sarebbe preda a delinquenza e proteste Antifa. Al momento queste ultime due missioni della Guardia Nazionale non sono effettivamente iniziate, perché bloccate da giudici federali che ritengono che non spetti al Presidente disporre della Guardia Nazionale e che soprattutto non spetti al Presidente gestire eventuali problemi di ordine pubblico. Questo, sia per ragioni pratiche e costituzionali, che per ragioni per così dire “di sistema”. Le ragioni pratiche e costituzionali riguardano il fatto che la Guardia Nazionale è una forza di riservisti che fanno capo a ogni stato e che risponde al governatore di ogni Stato, che è l’unico che può disporne, in genere per gestire catastrofi naturali o importanti problemi di ordine pubblico. Un corpo sul quale il Presidente non ha nessuna autorità, a meno che non ritenga che ci siano gravi pericoli per la sicurezza nazionale, e scavalchi i governatori, cosa che Trump sta facendo da mesi. Le ragioni di sistema, invece, riguardano il fatto che l’uso sempre più frequente da parte del presidente di forze armate, che in teoria non dovrebbero rispondere a lui, ma di cui forza il funzionamento schierandole contro altri cittadini americani, conferma quel che di Trump si temeva: la volontà di rompere gli argini dei limiti costituzionali del suo ruolo, per creare un sistema sostanzialmente autoritario, in cui la presidenza può perseguire e incarcerare i suoi oppositori. Al momento, il dispiegamento delle truppe della Guardia Nazionale a Chicago e Portland non ha ancora materialmente avuto luogo, e la questione è passata alle aule di tribunale. In Oregon, la giudice Karin Immergut ha vietato il dispiegamento di truppe, provenienti dall’Oregon o da altri stati, all’interno dello Stato per almeno 14 giorni; a Chicago, invece, lo stato dell’Illinois e la città di Chicago hanno fatto causa all’amministrazione Trump, sostenendo che sta ‘federalizzando’ un bene statale, e che la decisione di dispiegare truppe texane in Illinois, senza che l’Illinois stesso ne abbia fatto richiesta, è un atto illegale e potenzialmente aggressivo. La risposta di Trump alla decisione della giudice dell’Oregon e alla causa intentata da Illinois e Chicago è stata quella i minacciare di fare appello all’Insurrection Act, una legge del 1807 che autorizza l'uso delle forze armate federali contro insurrezioni o rivolte interne. L'eventuale invocazione dell'Insurrection Act aprirebbe un contenzioso giudiziario intenso e inedito, che avrebbe per centro la legittimità dell’uso delle forze armate americane contro i cittadini. Uno scenario potenzialmente da guerra civile. O da Stato totalitario. Allo stesso tempo, un ostacolo da parte di giudici e Stati alla presidenza, potrebbe sfociare in una reciproca delegittimazione, dalla quale il tessuto sociale e istituzionale americano, uscirebbe più lacerato di quanto già non sia.

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Luciana Grosso