Le 48 ore senza internet dell'Afghanistan

Sono state 48 ore piuttosto lunghe quelle appena trascorse in Afghanistan dove per due giorni non ha funzionato per niente internet. Tutto spento: i servizi bancari, i servizi degli aeroporti, le scuole, gli ospedali. Anche la telefonia che per lo più viaggia su fibra ottica, è rimasta silenziosa. Tutto spento. Non si potevano chiamare gli amici, i genitori, e nemmeno la polizia o un’ambulanza. Ma non si poteva nemmeno lavorare , non ci si poteva curare, perché internet fa funzionare gli ospedali, non si potevano organizzare i soccorsi per le vittime del terremoto di poche settimane fa. Paralisi completa. E questa paralisi trascinatasi per due giorni e finita poche ore non è stata frutto di un guasto o di un incidente, ma di una scelta deliberata da parte di un governo autoritario che della paralisi completa ha fatto il suo marchio di fabbrica, quello dei Talebani in Afghanistan. Nonostante i talebani abbiano infatti negato di avere nulla a che fare con il black out di queste ore, in pochi hanno creduto alle loro parole. Anche perché, nelle scorse settimane, più volte la rete era stata interrotta per volontà del regime intenzionato a tacitare o censurare l’opposione. Ma al di là del blackout in sé, quello che è interessante capire sono tre cose: i suoi effetti, le sue ragioni, e quelle della sua interruzione, con la linea ripristinata poche ore fa. Sugli effetti, la sintesi è presto fatta: sono stati pesantissimi e sarebbero stati devastanti se l’Interruzione della linea fosse durata di più. In Afghanistan, infatti, dal ritorno dei Talebani nel 2021, l’isolamento è completo. Non ci sono scambi internazionali, né stampa libera. Non c’è nessun tipo di diritto che esuli dalla lettura rigidissima e radicale della legge islamica imposta dai talebani. A pagare il conto più alto di questo completo isolamento sono, come prevedibile, le donne che non possono lavorare, studiare, uscire di casa, nemmeno parlare se sono in pubblico. Per molte di loro internet costituisce un pertugio, una strettissima via di fuga e di speranza che consentiva loro di lavorare senza essere viste , di tenersi in contatto con gli afghani della diaspora che potevano raccontare loro com’è fatto il mondo ‘fuori’, o persino di studiare e cercare un lavoro e una vita all’estero. In questi ultimi due giorni, con i router fuori servizio, tutto questo ha smesso di essere possibile, e anzi, è sembrato non poterlo essere mai più. Come se i talebani avessero dato un altro giro di chiave a una porta già chiusa. Ma a rendere terribile l’effetto del blackout sull’Afghanistan non è stata solo la sua ricaduta sulla vita delle donne. C’è stata anche quella sulla fragilissima economia del Paese, le cui aziende e servizi sono completamente bloccata e per le quali il ripristino della linea era cruciale. Ma sé questa è stata la situazione negli ultimi due giorni, quel che resta da capire è perché i Talebani hanno deciso di interrompere la linea, e perché dopo due giorni, hanno deciso di ripristinarla. Le ragioni dell’interruzione non sono chiare, anche perché i talebani negano di aver avviato il benché minimo black out e quindi, ufficialmente, negano l’esistenza di una ragione del blackout. Il problema però è che nelle scorse settimane, il regime aveva collegato internet a una serie di ‘attività immorali’, un’espressione nella quale, nel mondo dei talebani, rientra di tutto, dall’ascoltare musica alla pornografia, dal cercare lavoro al tenere contatti con altre persone. Le ragioni però, potrebbero essere altre. Come quelle citate dal Washington Post che ipotizza una ‘crescente paranoia’ del regime rispetto a due pericoli dai quali si sente minacciato: un possibile ritorno degli americani e una serie di possibili faide interne per il vertice del potere a Kabul. Tagliando in un modo così radicale le comunicazioni, il regime potrebbe aver impedito ai suoi avversari di comunicare e di organizzarsi e dunque, essersi messo al riparo. Infine c’è la terza questione: perché la linea è stata ripristinata e fino a quando resterà operativa. E la verità è che a queste domande non c’è risposta. Un governo che nega di aver avuto motivi per interrompere le linee non può spiegare perché le ha ripristinate. E non può nemmeno assicurare agli afghani che da ore festeggiano in piazza con i cellulari in mano il ritorno della rete che non succederà più. Anzi, probabilmente succederà ancora, se e quando il regime lo vorrà.

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Luciana Grosso