L'effetto dei tagli di Trump sui parchi naturali americani

I tagli e i licenziamenti di Donald Trump nel settore pubblico hanno messo in ginocchio diverse agenzie federali. Una delle più colpite è il National Park Service, che gestisce 433 siti, tra cui 63 parchi nazionali e numerosi monumenti e luoghi storici, sparpagliati su circa 344.000 chilometri quadrati, una superficie più vasta dell’Italia. I tagli sono iniziati con quello che i giornali statunitensi chiamano “massacro di San Valentino”, lo scorso febbraio, quando l'amministrazione ha comunicato il licenziamento immediato a mille dipendenti. Una serie di incentivi alle dimissioni hanno poi portato a un esodo complessivo di circa 4 mila lavoratori dei siti di interesse, tra cui 100 sovrintendenti. Così, da quando Trump è in carica, l’agenzia ha perso circa un quarto della sua forza lavoro permanente e almeno un quinto di questi siti ha subito pesanti disagi per la riduzione del personale e delle risorse. Nonostante i tagli, la Casa Bianca ha imposto che i parchi rimanessero aperti, creando un vero e proprio cortocircuito: per mantenere la facciata di normalità davanti ai milioni di visitatori , il personale rimasto è stato spostato a svolgere mansioni di prima linea. I danni della carenza di personale Secondo un racconto del Guardian, alcuni archeologi si sono ritrovati a presidiare i botteghini, ecologi a lavorare nei centri visitatori e direttori di parchi persino a pulire i bagni. Ciò ha portato al sacrificio di attività fondamentali ma meno visibili al pubblico, come la tutela delle specie a rischio, il contrasto alle piante invasive, la manutenzione delle infrastrutture o la pianificazione a lungo termine. A Yosemite, ad esempio, un centro di documentazione storica è stato costretto a chiudere dopo che alcuni reperti sono stati rubati per mancanza di sorveglianza. In Texas, al Big Bend National Park, metà dei dipendenti ha abbandonato il posto di lavoro. I lavoratori dei parchi più colpiti, come quest’ultimo, parlano ormai di “sopravvivenza” e non più di gestione. Le falle sono evidenti anche sul piano della sicurezza. Ad Assateague Island, tra la Virginia e il Maryland, nota per le spiagge molto affollate dai turisti, tutti i 13 posti da bagnino sono rimasti vacanti: poco dopo i licenziamenti, un uomo è annegato. In Minnesota, il Voyageurs National Park ora garantisce soccorsi solo quattro giorni a settimana. A Yosemite, i pochi ranger rimasti non riescono più a controllare che i turisti custodiscano adeguatamente il cibo, aumentando i rischi di incidenti con gli orsi, mentre diversi altri parchi lamentano carenze nella sorveglianza, nella manutenzione e nelle attività di educazione ambientale per bambini e adulti. Le perdite economiche Il New York Times riporta che i tagli stanno colpendo i parchi naturali anche sul piano economico. Allo Zion National Park, nello Utah, l’assenza di personale alle postazioni di vendita biglietti ha già comportato perdite stimate in circa 2 milioni di dollari, mentre in altri siti come il Glacier National Park o il Grand Canyon ci si è addirittura dovuti affidare alla buona volontà dei turisti di pagare online in autonomia. Il paradosso è che le tariffe non riscosse dovrebbero andare a finanziare manutenzione, sicurezza e tutela ambientale: un circuito che ha portato i tagli a causare ulteriori tagli. L’ascia di Trump ha colpito anche gli addetti al monitoraggio sanitario. Al Grand Canyon, ad esempio, nessuno controlla più il rischio di trasmissione di malattie zoonotiche che possono essere trasmesse tra gli animali selvatici e l'uomo. Uno scenario particolarmente preoccupante, riporta il New York Times, poiché molti degli scoiattoli del parco sono portatori di pulci da peste e spesso mordono i visitatori. Il controllo ideologico sulla storia In parallelo, l’amministrazione repubblicana ha introdotto una forma di controllo ideologico all’interno dei siti: in molti parchi sono stati installati cartelli che invitano i visitatori a segnalare materiali “negativi” su aspetti storici o personaggi americani, con l’obiettivo di revisionare i lati oscuri del passato – dalla schiavitù alla violenza contro i nativi – privilegiando messaggi celebrativi. Nel frattempo, il patrimonio naturale e culturale rischia un deterioramento irreversibile. L’amministrazione Trump ha prospettato un ulteriore taglio di 1,2 miliardi di dollari al budget 2025, che ammonterebbe a più di un terzo delle risorse disponibili. Questo nonostante i parchi, oltre al loro valore naturalistico e culturale, rappresentino una fonte importante di ricchezza per le comunità locali: nel 2023 i turisti hanno generato 55,6 miliardi di dollari e oltre 400.000 posti di lavoro.

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Gianluca De Feo