Ucraina sotto attacco: cosa sta succedendo sul campo

Non è passato nemmeno un mese dall’incontro di Ferragosto, ad Anchorage, tra Vladimir Putin e Donald Trump. E benché attorno a quell’incontro estivo si fossero accumulate le speranze di chi pensava che la pace, o almeno un cessate il fuoco tra Ucraina e Russia, fossero possibili, oggi, meno di un mese fa, appare evidente che quelle speranze erano infondate e che anzi, quell’incontro, invece di rallentare le operazioni di guerra russe, le ha accellerate e rese, se possibile, più violente, precise, efferate. Nelle ultime settimane, infatti, gli attacchi russi si sono fatti più furiosi, tanto che nella notte tra sabato e domenica è stato registrato il massimo di missili e droni lanciati sulle città ucraine dall’inizio della guerra: 823 secondo il sito Understanding War, che ogni giorno monitora le attività di guerra in Ucraina. Non solo: nelle ultime settimane gli attacchi hanno ripreso ad avere per obiettivo anche città lontane dalla linea del fronte come Leopoli e Kiev, dove nel weekend è stato colpito, per la prima volta anche il Palazzo Presidenziale, sino a qui risparmiato. A tutto questo, poi, si aggiungono i continui attacchi sulla linea del fronte che, dopo essere rimasto praticamente immobile per più di due anni, ora pare muoversi e segnare piccoli ma continui guadagni per le forze russe. In questo quadro, riesce difficile pensare che la ripresa, con rinnovato vigore e aggressività, delle attività offensive russe sia scollegata dagli incontri di Anchorage. Anzi, per ironia della sorte potrebbe esserne diretta conseguenza. Nel gelo di Anchorage, infatti, Putin ha avuto conferma di quel che sapeva da tempo: il sostegno americano all’Ucraina non è illimitato. Anzi, è probabilmente prossimo alla fine. E se l’appoggio USA all’Ucraina dovesse esaurirsi, al fianco di Kiev rimarrebbe solo la fragile Europa, politicamente divisa, amministrativamente lenta, e militarmente inadeguata. Una serie di dati di fatto che hanno convinto Putin del fatto che questo non è il momento di cercare la mediazione e l’accordo, ma la vittoria sul campo. Una vittoria sul campo che appare per la prima volta dopo anni, possibile e verosimile, e che Putin potrebbe perseguire con il suo solito metodo di logoramento e pazienza. Così ha ripreso a colpire le città lontane dal fronte e lì a colpire case, palazzi ed edifici civili invece che militari. Non per fare reale danno, non per guadagnare terreno. Ma per fiaccare le persone, per far dare a tutti, in Ucraina e in Europa, l’idea che non è questione di ‘se’, ma di ‘quando’ e che a vincere questa guerra sarà la Russia. E per giunta lo ha fatto con una potenza di fuoco mai avuta prima, per inviare a Europa e USA il chiaro messaggio che, oggi, i suoi arsenali sono praticamente infiniti, perché alle sue spalle c’è la Cina e la sua sconfinata produzione industriale. Per giunta poi lo ha fatto senza distrarre truppe e forze dalla linea vera e propria del fronte, quella nel sud est del Paese, dove da mesi si combatte per centimetri di terreno tra Luhansk, Donetsk, e la città di Kharkiv, il centro che i russi avevano preso nel 2022, perso poche settimane dopo, e al quale oggi si stanno progressivamente riavvicinando. Per quel che ne sappiamo ora, questa strategia putiniana può portare in due direzioni opposte: la prima, quella per cui fanno il tifo Vladimir Putin e i suoi messaggeri nella politica europei, è quella di una presa di coscienza occidentale del fatto che questa guerra è persa e che l’unico modo per placare la furia di Putin è saziarlo dandogli quello che vuole, sia il Donbas o l’Ucraina intera. La seconda è che l’Occidente stesso, di nuovo, prenda consapevolezza del fatto che la linea del fronte del Donbas è di fatto la diga che protegge l’Europa intera dal dilagare delle truppe putiniane nel continente. E che gli Stati Uniti si rendano conto del fatto che buona parte della loro egemonia politica si regge anche nel non retrocedere di fronte ad un avversario forte come la Russia. E che, dunque, il sostegno americano e europeo all’Ucraina sia da rafforzare invece che da diminuire. Il perché lo spiega con un esempio molto semplice, di nuovo, il sito Understandig War, dicendo che l’unico modo che l’Ucraina ha per fermare attacchi dal cielo come quello di sabato notte sono i missili Patriot. Che sono di fabbricazione americana. E che, sino a qui, gli Stati Uniti hanno copiosamente fornito.

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Luciana Grosso