Voci dall’Indonesia: come nasce la protesta della GenZ

“È compito di noi studenti fare da ponte tra la società e le sue aspirazioni per il futuro. Quando vediamo abusi da parte del governo, non possiamo che essere in prima linea per contrastarli". Raanga Pramudya, 23 anni, racconta con tono solenne e carico di responsabilità il perché anche oggi ha scelto di scendere in piazza a protestare invece che andare a lezione. Studente di legge alla Bhayangkara University di Giacarta e presidente dell'Unione degli studenti del suo istituto, spiega a SkyTG24 che i giovani indonesiani "hanno a cuore il processo democratico" e non possono più restare a guardare. Da oltre una settimana l'Indonesia è scossa da violente proteste, cominciate con manifestazioni contro il governo di Prabowo Subianto e poi esplose su scala nazionale dopo la morte di un rider 21enne, travolto da un blindato delle forze dell'ordine. Ad oggi si contano almeno 6 vittime negli scontri. Le Nazioni Unite hanno aperto un'indagine sull'uso sproporzionato della forza da parte della polizia, mentre risultano scomparse almeno 20 persone. All’origine delle proteste, la decisione di aumentare gli indennizzi dei parlamentari fino al corrispettivo di 3000 dollari, 10 volte il salario minimo di un cittadino della benestante Giacarta. “È stato uno schiaffo morale per noi e quel che è peggio è che diversi politici sui social sfoggiano la loro ricchezza senza alcun riguardo per chi fatica”, racconta Syafa Fanyanda, 20 anni, che ha partecipato alle manifestazioni a Giacarta. “La morte di Affan Kurniawan, il rider del moto-taxi, è stata l’ultima goccia, ma la violenza della polizia è qualcosa che abbiamo già visto in questo Paese”, continua. La sistematica violenza delle forze dell’ordine è uno dei punti cardine delle proteste. Tutti i manifestanti e gli attivisti con cui abbiamo parlato descrivono un contesto di crescente tensione tra cittadini e polizia, con il governo che spalleggia gli uomini in divisa. La riforma delle forze dell’ordine è così diventata uno dei cosiddetti “17 punti + 8”, la lista di richieste dei cittadini al governo. “Si tratta di 17 richieste immediate più 8 a lungo termine” spiega Abigail Limuria, 30 anni, attivista e co-fondatrice del media What’s Up Indonesia, diventata una delle personalità social di riferimento durante le proteste. “Chiediamo una riforma della polizia, trasparenza sui bilanci dello Stato e stop a corruzione e nepotismo”. Dall’inizio delle proteste il presidente Prabowo ha fatto un passo indietro, promettendo di eliminare i sussidi che hanno scatenato lo sdegno popolare. “Una risposta deludente, che non affronta il problema alla radice”, commenta Abigail. “La nostra frustrazione esiste da tempo perché l’Indonesia sta vivendo una crisi economica, il tasso di disoccupazione è alto e la gente fa fatica”. A proposito dell’escalation di violenza che ha caratterizzato diverse città, con incendi appiccati a edifici statali e saccheggi durante le proteste, studenti, attivisti e manifestanti rispondono all’unisono e puntano il dito su provocatori ed elementi sovversivi. “Non credo sia un caso che nelle zone in cui queste violenze sono accadute ci fosse pochissima polizia e le luci venissero preventivamente spente”, commenta Fadhil Arlafsyala, 22 anni, di Surabaya. Fadhil, come molti suoi coetanei, è venuto a sapere della prima manifestazione nella sua città grazie ai social. “TikTok e Instagram per noi sono fondamentali per diffondere informazioni e organizzarci con le proteste. Ma foto e video sono anche un modo per proteggerci, un deterrente per evitare che il governo risponda con una forza eccessiva”. E proprio su TikTok il governo indonesiano è intervenuto limitando l’accesso alle dirette per timori, fanno sapere, legati all’aumento della violenza. “Le restrizioni a TikTok non sono solo una violazione della libertà di espressione, ma anche un grave danno per le migliaia di persone che lo utilizzano per lavoro” commenta Fadhil. In Indonesia, infatti, la piattaforma social di proprietà di ByteDance conta oltre 150 milioni di utenti ed è utilizzata non solo come strumento di socializzazione, ma soprattutto per le sue funzioni di live streaming e e-commerce, con cui le piccole imprese riescono a farsi conoscere. A caratterizzare le proteste di questi giorni c’è poi il fattore demografico. La popolazione indonesiana è composta per oltre il 50% da persone sotto i 30 anni. Così è anche chi in questi giorni ha manifestato il suo dissenso. “Storicamente in Indonesia le proteste sono sempre partite dagli studenti” racconta ancora Fadhil. “È successo nel 1998 con le manifestazioni contro la dinastia dei Suharto e anche oggi il tutto è cominciato con gli studenti. Siamo i rappresentanti del popolo, ci sentiamo responsabili per il futuro del nostro Paese”. Dello stesso avviso è Farhan Adnan Gozali, 24 anni, studente della Iblam School of Law: “In ballo c’è il nostro futuro, vogliamo una riforma legislativa e dei rappresentanti in grado di manifestare empatia”, dice. E sulla partecipazione di GenZ e Millennial tra i cortei aggiunge: “Penso sia importante che siano proprio i giovani ad essere protagonisti delle manifestazioni, perché il peggior tipo di ignoranza è l’ignoranza politica, mentre invece parlare di politica vuol dire parlare dei bisogni e del benessere della popolazione”.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Voci dall’Indonesia: come nasce la protesta della GenZ

Lucrezia Goldin