Trump e il suo governo stanno facendo enormi profitti con le crypto

Donald Trump e il mondo delle criptovalute hanno un rapporto a dir poco controverso. Durante la campagna elettorale dell’estate scorsa, le grandi aziende che gestiscono lo scambio di valute digitali hanno inondato di donazioni le casse dei due partiti in corsa, puntando soprattutto sul Partito Repubblicano nella speranza che in caso di vittoria avrebbe implementato legislazioni favorevoli alle crypto. Per questo motivo, poco dopo la vittoria di Trump, il valore delle principali valute digitali e delle aziende a loro legate è schizzato alle stelle. Il presidente ha infatti fin da subito espresso l’intenzione di realizzare una rivoluzione digitale, proponendo la creazione di una riserva strategica di criptovalute con l’obiettivo di far diventare gli Stati Uniti la capitale mondiale delle crypto. Ben presto, Trump è passato all’azione: nei primi mesi di governo ha messo in atto diverse politiche di deregulation, come lo scioglimento dell'agenzia del Dipartimento di Giustizia responsabile della regolamentazione dei reati legati alle criptovalute. La Securities and Exchange Commission ha inoltre rallentato o abbandonato oltre una dozzina di indagini e cause contro aziende del settore, mentre in Congresso sono state promosse leggi per regolamentare strumenti come gli stablecoin, valute digitali ancorate al dollaro. A marzo, Trump ha poi ufficialmente istituito la riserva nazionale strategica di bitcoin, includendo questi ultimi tra gli asset di Stato insieme a oro e valute straniere. Il conflitto di interessi In parallelo, Trump e la sua famiglia si sono buttati a capofitto nel mondo delle criptovalute, attirando molte critiche per possibili conflitti di interesse e favoritismi politici. Attualmente, la famiglia Trump possiede quattro diverse aziende legate al mondo delle crypto, tra cui la controversa World Liberty Financial, che secondo Associated Press nel solo 2024 avrebbe fruttato a Trump 57 milioni di dollari. Una delle mosse più controverse, tuttavia, è stato il lancio di $Trump, un memecoin introdotto a fine gennaio che ad aprile aveva fatto guadagnare ai soggetti legati alla Trump Organization quasi 350 milioni di dollari in commissioni. La profonda interconnessione tra Donald Trump e il mondo delle criptovalute, però, non si ferma qui. Secondo una recente inchiesta del Washington Post, infatti, non sono solo il presidente e la sua famiglia a detenere investimenti in un settore che la sua amministrazione sta promuovendo e deregolamentando, bensì anche molti membri dell’amministrazione stessa. Il vicepresidente JD Vance e almeno sette membri del gabinetto di Trump o candidati a ruoli chiave hanno infatti dichiarato complessivamente oltre 2 milioni di dollari in criptovalute o investimenti in aziende legate alla blockchain. In totale, l’analisi delle dichiarazioni finanziarie presentate entro il 9 luglio mostra che circa 70 funzionari e nominati dell’amministrazione detengono asset digitali, per un valore minimo stimato di 193 milioni di dollari. La cifra reale, tuttavia, potrebbe essere molto più alta, poiché nelle dichiarazioni finanziarie ai diretti interessati è richiesto di indicare solo un intervallo. Ad esempio, Robert F. Kennedy Jr., oggi Segretario alla Salute, detiene tra 1 e 5 milioni di dollari in criptovalute, mentre JD Vance possiede bitcoin per un valore compreso tra 250.000 e 500.000 dollari. Anche Bill Pulte, direttore della Federal Housing Finance Agency, un’agenzia federale che può influenzare direttamente il settore, possiede tra 1 e 2 milioni in criptovalute. Pulte ha recentemente autorizzato Fannie Mae e Freddie Mac a considerare le criptovalute come parte del patrimonio nei calcoli di rischio per i mutui – una mossa che dà maggiore legittimità al settore. Secondo il Washington Post, questo fenomeno rappresenta un netto cambiamento rispetto all’approccio della precedente amministrazione Biden, che aveva mantenuto un atteggiamento molto più cauto nei confronti del settore. Nessun membro del gabinetto Biden, infatti, aveva dichiarato possedimenti in criptovalute. Ma con l’amministrazione attuale, il sospetto di conflitti d’interesse è ormai quasi una certezza: non solo per i legami personali e finanziari di Trump, ma anche per il numero elevato di funzionari che potrebbero trarre benefici diretti dalle politiche promosse dal governo.

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Gianluca De Feo