I bimbi di Shatila insegnano all’Italia il valore dello sport popolare

Si confonderebbero con la massa degli altri ragazzini se non fosse per le magliette con la bandiera rossa, nera, bianca e verde, e per gli occhi vispi di chi non vuole perdersi niente di quello che ha intorno. Sono i bambini del Palestine Youth Center di Beirut, 11 piccoli atleti dagli 8 ai 13 anni che dal 25 giugno al 10 luglio hanno intrapreso un eccezionale viaggio dal Libano all’Italia alla scoperta dello sport popolare. Accompagnati dai loro allenatori - primo fra tutti “Captain” Majdi Adam - hanno visitato Firenze, Bologna e Roma nell’ambito del progetto “Dritti contro il cielo, da Shatila all’Italia” dell’ong Un ponte per. Un’occasione più unica che rara per gli abitanti – mai naturalizzati dal Libano e privi dello status di rifugiato riconosciuto - del campo profughi di Shatila, a Beirut. Sabra e Shatila “È stata una settimana incredibile – ha raccontato Giulia dell’Atletico San Lorenzo, una delle realtà che hanno ospitato la delegazione di piccoli sportivi - Soprattutto perché la realtà che si vive a Beirut è qualcosa di estremamente diverso da quella che vediamo noi tutti i giorni”. I bambini sono infatti residenti del centro per profughi palestinesi più antico del Libano. Un tempo era diviso in due spazi distinti, Sabra e Shatila, costruiti a Beirut dopo la cosiddetta nakba del 1948, cioè quando le prime famiglie di palestinesi sono state costrette a lasciare le proprie case nei terrotori rivendicati da Israele. All’aumentare del numero dei residenti, i due campi si sono confusi in un unico perimetro, ora sotto la giurisdizione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente . Si parla dello stesso campo in cui nel 1982 si compì uno degli eccidi più brutali ai danni della popolazione palestinese, e che oggi ospita anche rifugiati dalla Siria e persone indigenti di varia provenienza. La vita nel campo “A Shatila non ci sono servizi, scarseggia l'elettricità, l'acqua è salata – spiega l’allenatore Majdi Adam - I bambini sono sempre in strada e noi cerchiamo, con il nostro lavoro, di fare qualcosa per la comunità”. Il campo occupa circa 200-250 metri quadrati e ospita intorno alle 20mila persone. "Abbiamo un centro che si chiama Shatila Sporting Community Center dove facciamo molte attività, come il calcio per i bambini, il basketball per le ragazze, il disegno, le lezioni in inglese”. Tra questi progetti rientra anche Basket beats borders, un'iniziativa nata tra Roma e Beirut nel 2017 che sostiene, tra le altre, le attività della squadra femminile di basket di Shatila. Lo sport è un modo per tenere i più giovani occupati e lontani dalla strada e per dare loro gli strumenti per iniziare a immaginare chi vogliono diventare e che ambiente desiderano intorno a sé. “Secondo me l'esercizio è molto potente per cambiare l'individuo e la società – dice l’allenatore – Dobbiamo raggiungerli in strada per tenerli lontani dal fumo, dallo stare seduti a far niente in un cafè, dalle droghe. Per questo motivo, ogni bambino deve avere il diritto di giocare e di vivere in un luogo sicuro”. "Lo sport come mezzo invece che come fine" “Vedere una comunità che, nonostante situazioni molto critiche, riesce a resistere e avere uno sguardo verso il futuro pieno di speranza, è qualcosa che ti cambia la vita, semplicemente”, racconta ancora Giulia. “Nella nostra rete - spiega - ci sono realtà di sport popolare, e 'popolare' è un termine fondamentale per noi, perché significa dare possibilità a tutte e tutti di poter giocare, poter accedere allo sport, portando anche con sé rivendicazioni politiche importanti: antifasciste, antisessiste, antirazziste”. “Si tratta di usare lo sport come un mezzo – dice - piuttosto che come un fine”. Il progetto, infatti, è stato portato avanti grazie al contributo di diverse realtà di sport popolare di Roma, Firenze e Bologna, come il Centro storico Lebowski, l’Atletico San Lorenzo, Acrobax, All Reds Basket, Palestra Popolare TPO, PCB – Pallacanestro Cooperativa Bologna, la Polisportiva Hic Sunt Leones e Hayat APS, oltre al sostegno essenziale dell’ong Un ponte per. Ha ricevuto il patrocinio dei Comuni di Firenze e Bologna, dell’VIII Municipio di Roma, della Regione Toscana, e il supporto dell’Associazione italiana allenatori di calcio .

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