Israele, il vice ministro degli Esteri: "Noi vogliamo la convivenza"

Come si spiegano le continue stragi vicino ai centri di distribuzione di aiuti umanitari a Gaza, cosa ha intenzione di fare Israele della Striscia, che possibilità c’è per il futuro di convivenza tra Israeliani e Palestinesi e come giustificare il deterioramento dell’immagine di Israele nel mondo a seguito di quanto sta avvenendo? Lo abbiamo chiesto a Sharren Haskel, vice ministro degli esteri di Israele. Ha accettato anche le contestazioni più dure, ha risposto cercando di essere convincente. Signora Haskel, lei è il numero due del ministero degli esteri israliano. Israele ha attaccato l’Iran, ha indebolito Hezbollah, ha eliminato i capi di Hamas, non c’è più Assad e i suoi miliziani filo iraniani, qual è il vostro obiettivo nel breve termine? La vita. La vita e la stabilità, vogliamo la pace. Negli ultimi due anni abbiamo combattuto una seconda guerra d’indipendenza contro sei entità diverse. E non avevamo provocato nessuna di loro. Abbiamo combattuto per autodifesa. Hamas ha lanciato il suo attacco contro Israele, il peggiore dalla fine dell’olocausto, commettendo un crimine contro l’umanità. Ha usato le donne come arma di guerra violentandole, mutilando corpi e genitali di ragazzi e ragazze, violentando bambini di fronte ai genitori. Ci sono report e documenti su questo. Quella violenza inumana, quegli attacchi hanno aperto la strada ad una guerra che noi non volevamo. Il giorno dopo, quando stavamo ancora raccogliendo i pezzi, Hezbollah ha lanciato un attacco killer contro il nostro confine, distruggendo diverse abitazioni e uccidendo bambini. Poi gli Houti hanno sparato dei missili contro di noi e le nostre case. E poi hanno iniziato a sparare missili direttamente gli iraniani, i miliziani dalla Siria. La guerra, scatenata dall’Iran, ha destabilizzato non solo Israele ma tutta la regione. Noi abbiamo cercato di rispondere ed indebolire l’Iran e i suoi proxy. Ed ora vedo delle opportunità. Spero che i nostri vicini coglieranno queste opportunità in modo da gettare ponti per la pace, per la convivenza, per la tranquillità di tutti. Nel frattempo, però a Gaza state facendo un massacro. Dopo quasi due anni di guerra e decine di migliaia di morti, Israele dice che Hamas è ancora una minaccia e decine di ostaggi sono ancora prigionieri nella Striscia. Qual è il vostro vero obiettivo? Volete distruggere Hamas, e non ci state riuscendo nonostante tutte le vittime, o volete liberare gli ostaggi, ed è provato che lo si fa con le trattative? La guerra contro Hamas è molto più complessa delle altre perché ha rapito 250 nostri cittadini e molti sono ancora nelle sue mani e questo rende le cose molto più difficili. Se non smantelliamo Hamas, questo potrà tornare a rapire altri 250 civili e compiere un altro massacro. Il nostro obiettivo però è anche quello di riportare gli ostaggi a casa, per questo nel tempo abbiamo fatto molte concessioni. Proprio per consentire la liberazione degli ostaggi abbiamo accordato cessate il fuoco durante i quali i terroristi si riorganizzavano e riprendevano possesso dei territori quando noi ci ritiravamo per la tregua. Beit Hannun è stata ripresa tre volte. Sono morti dei soldati per riliberare zone riprese da Hamas durante queste pause. Durante l’ultimo cessate il fuoco, Hamas, per la prima volta dal 7 ottobre, è stato in grado di reclutare nuovi terroristi e di pagare tutti gli stipendi ai suoi miliziani utilizzando i proventi degli aiuti umanitari entrati nella Striscia. Visto che Hamas è un gruppo terrorista che non esita a usare scudi umani, che utilizza le morti palestinesi per i suoi scopi e che non ha il valore della vita, non ci si può paragonare ad esso. Le immagini che vediamo di bambini palestinesi denutriti, quelle quotidiane dei morti civili massacrati mentre erano in fila per il pane, sono un danno enorme all’immagine d’Israele. Lo sentite questo problema, se non moralmente almeno come danno reputazionale? Guardi… se lei pensa di poter descrivere una qualunque guerra con belle immagini si sbaglia. Le persone muoiono ed ogni vita persa è una tragedia, è devastante, e le assicuro che stiamo facendo tutto ciò che è possibile per finire questa guerra. La responsabilità di tutto questo però è di Hamas. Tantissime volte hanno avuto la possibilità di prendere decisioni che avrebbero portato alla fine del conflitto e non lo hanno fatto. Noi abbiamo aspettato tre settimane prima di entrare a Gaza dopo il 7 ottobre, abbiamo dato loro il tempo di liberare tutti gli ostaggi per evitare il conflitto aperto, non lo hanno voluto fare. Ci sono state 17 proposte di tregua in tutto, tre nei mesi recenti, Israele le ha accettate, Hamas no. Usano scuole e ospedali per nascondere e lanciare i razzi. Sfruttano la situazione umanitaria per avere soldi. Vendono gli aiuti che vengono dall’estero per pagare armi e terroristi. Quindi abbiamo deciso di impedirlo. Per un anno e mezzo abbiamo pregato la comunità internazionale di aiutarci ad evitare questo. Abbiamo chiesto di non usare l’agenzia Onu UNRWA infiltrata da Hamas, alcuni dipendenti della quale hanno partecipato al 7 ottobre. Ma Guterres e l’Onu si sono rifiutati, l’hanno presa come una provocazione politica. Ecco perché gli americani ci hanno aiutato a mettere su questo nuovo sistema basato sulla Gaza Humanitarian Foundation . Gli aiuti devono essere distribuiti gratuitamente e liberamente alla popolazione civile. Anche l’Italia con il suo piano Food for Gaza è riuscita a fare arrivare gli aiuti direttamente alla popolazione. Dobbiamo collaborare tutti a questo, evitando che i terroristi traggano profitto dagli aiuti. Hamas, che ha paura del GHF, ha messo delle taglie sulle teste dei suoi operatori che distribuiscono aiuti. Attacca i loro centri distribuzione creando disordine scontri e morti. E per il mondo è solo colpa nostra! Ma si metta nei panni di un padre palestinese che deve attraversare Gaza da Nord a Sud per andare a recuperare un po’ di cibo in una calca infernale dove ogni giorno vengono uccise decine di persone. Le sembra una situazione accettabile? Allora… A Gaza c’è una guerra. E bisogna comprendere che tutto questo territorio è un terzo di Roma. Quindi quando parliamo di eventi che accadono vicino alla zona di distribuzione degli aiuti a volte si tratta di un chilometro o due, ma l’ampiezza della Striscia in alcuni punti è di appena sei chilometri. Hamas, lo ripeto, attacca questi centri, noi rispondiamo, ma vogliamo solo collaborare alla situazione umanitaria. Gli Stati Uniti hanno chiesto all’Onu di venire a dare una mano ma le Nazioni Unite si sono rifiutate di farlo perché era esclusa l’UNRWA. La GHF sta riuscendo a distribuire, nonostante tutto, parecchi aiuti. Ma bisogna considerare che rispetto ad altri conflitti, le dimensioni di Gaza, la sua densità, il fatto che Hamas usi questo per nascondersi dietro ai civili rende tutto più pericoloso e difficile. Detto questo, anche io vedo le immagini, sono una madre, è terribile, mi si spezza il cuore, vorrei ci fosse un cessate il fuoco oggi stesso. Ma Hamas si rifiuta, preferisce la morte. Però ci sono dichiarazioni politiche del suo governo, ad iniziare dal premier Netanyahu, che non aiutano. Lui ha detto che è favorevole al trasferimento “volontario” dei palestinesi fuori dalla Striscia e lo fa dopo che alcuni ministri estremisti dicono che vogliono rioccuparla. Israele è pieno di ebrei che “volontariamente” sono scappati dopo il 1948 dai Paesi arabi dove erano vittime di violenze e persecuzioni. Non la mettono in imbarazzo simili dichiarazioni? Mi dica: quanti siriani hanno trovato rifugio in Europa? Quanti rifugiati ucraini sono stati accolti dai Paesi vicini? E così in Sudan e in Congo… In ogni guerra per cercare di limitare le morti civili è ovvio che i Paesi limitrofi li accolgano temporaneamente. Appunto, temporaneamente! Aspetti un momento. Perché nessuno accetta di aiutare i profughi palestinesi? Se tutti accettassero donne e bambini ci sarebbero meno morti e Hamas non li userebbe per nascondersi dietro di loro. E la guerra finirebbe prima. C’è uno standard diverso: ce n’è uno per Israele e uno per il resto del mondo. Cerchiamo delle modalità creative per mettere al sicuro i civili. Ma se diciamo che è meglio che escano i civili ci accusano di volere la pulizia etnica, se nella guerra muoiono i civili ci accusano di crimini contro l’umanità. Se vogliamo creare una zona umanitaria dove trasferire la popolazione ci dicono che creiamo un ghetto, se però non ci sono zone sicure ci criticano. Noi quando bombardiamo avvisiamo la popolazione, telefoniamo, mandiamo volantini in arabo, sconsigliamo di rimanere in una zona. Le assicuro, nessun esercito al mondo coinvolto in una guerra usa l’attenzione che ha l’esercito israeliano. Nel 2005 abbiamo evacuato Gaza da tutti gli ebrei israeliani, anche con la forza. L’abbiamo consegnata ai palestinesi. Invece di farla sviluppare e crescere l’hanno trasformata nella nazione di Hamas, in una base di lancio per razzi e attentati. È diventata tipo l’Isis. Un 7 ottobre non deve più accadere, non lo permetteremo. Certamente il 7 ottobre e prima la trasformazione di Gaza in una nazione di Hamas hanno compromesso completamente la fiducia di molti israeliani verso la controparte. Ma proprio per questo che piani avete per il futuro di Gaza e della Cisgiordania? Credo che dovremmo avere una conversazione molto franca sul Medioriente e sulla radicalizzazione in corso, lì e nel mondo. Una soluzione che porta morte e distruzione non è una soluzione. Dobbiamo trovare il modo di vivere fianco a fianco. Gli Accordi di Abramo sono stati un’ottima intuizione e sa qual è uno dei capitoli principali di questi accodi? L’educazione! Ad esempio: eliminare il materiale antisemita dai libri dei ragazzi degli Emirati o del Marocco, studiare la Seconda guerra mondiale in maniera diversa, insegnare contenuti che invitino alla pace e alla convivenza. Se i bambini di Gaza usciranno da questo contesto e questa istruzione di odio radicale, tutto cambierà. Il nostro esercito nella Striscia trova continuamente copie del "Mein Kampf" di Hitler. Se iniziamo a portare avanti progetti di cooperazione e convivenza sono sicura che, se non in questa generazione, nella prossima una soluzione si troverà. Per l’immediato, con i nostri partner stiamo pensando alla formazione di un comitato arabo che governi Gaza invece di Hamas, ma bisogna pensare che il Medioriente non è l’Europa, non c’è la democrazia, c’è molta violenza e tutto è più difficile. Ok, allora a proposito di convivenza, una cosa che a me, da ebreo, fa vergognare più di ogni altra sono i pogrom fatti da frange di coloni estremisti contro case, attività, campi e civili palestinesi della Cisgiordania. Azioni spesso impunite e tollerate dall’esercito israeliano. Il suo governo non dovrebbe agire? Guardi in Cisgiordania operano ed incitano alla violenza diversi gruppi terroristici ispirati dall’Iran, da Hamas e da altri. Due mesi fa un terrorista ha ucciso una donna incinta che stava andando a partorire. Queste comunità si sentono insicure ed è vero che ci sono tensioni. Ma voglio dire una cosa molto chiaramente: i rari eventi che sono avvenuti di violenze di ebrei contro la popolazione araba sono affari perseguiti e puniti dalla magistratura. Israele è una democrazia libera dove c’è una sola legge per cristiani, ebrei, musulmani, tutti. Abbiamo un sistema giudiziario molto solido. Se qualcuno commette un’azione o una violenza viene processato e punito. Gli eventi a cui lei si riferisce sono finiti con l’arresto dei responsabili, ci saranno dei processi e la giustizia farà il suo corso. Descrivere queste azioni isolate come una consuetudine ed una realtà permanente non è un buon servizio a chi ci legge. Si sa però che questo è un problema reale, in molti lo ammettono. Ed è chiaro che non dipende solo dalla presenza di terroristi arabi nella zona. Trent’anni fa non c’erano simili violenze ora sì. Ma alcuni referenti dei gruppi estremisti siedono al tavolo del governo e questo forse è il problema maggiore. Assolutamente no! Si tratta di estremisti e molti non vivono nemmeno nell’area. Cercare di descrivere gli abitanti degli insediamenti tutti come violenti fanatici è fuorviante. Ci sono state condanne contro questi atti di violenza e ci sono stati inviti da parte del governo affinché fosse fatta giustizia. Molte persone che vivono in Cisgiordania hanno amicizie solide con i palestinesi con cui vivono fianco a fianco. Lavorano insieme, ad esempio, negli hub ad alta tecnologia, nei centri di emergenza medica. Ci sono famiglie che si scambiano inviti ai matrimoni, che si aiutano a vicenda. Non dobbiamo parlare di politica in questo caso, ma di coesistenza tra palestinesi e israeliani. Ci sono sindaci israeliani che aiutano i colleghi palestinesi contro la corruzione e per lo sviluppo. L’università di Ariel è un esempio in questo senso. Ci sono famiglie arabe della Cisgiordania che vogliono vivere sotto la giurisdizione israeliana e affrancarsi dall’autorità palestinese, che è corrotta e non dà libertà e possibilità. Vorrei si vedesse e si parlasse anche di queste realtà dove c’è voglia di convivenza.

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