Trump sta danneggiando la reputazione dei brand americani

L’ostilità politica e commerciale di Trump nei confronti degli alleati storici e di gran parte del resto del mondo sta generando diversi effetti collaterali, tutti legati al crollo di reputazione degli Stati Uniti. Il turismo è in calo: sempre più visitatori, soprattutto europei e canadesi, scelgono di evitare gli USA per timore di controlli aggressivi alla frontiera o come gesto di protesta simbolica. Allo stesso tempo, le università americane stanno perdendo attrattiva per studenti e ricercatori stranieri, dissuasi da visti negati, limitazioni burocratiche e un clima politico apertamente ostile promosso dall’amministrazione Trump nei confronti dell’immigrazione e degli accademici non allineati alle posizioni del governo. Ora, un’indagine di Axios e Signal AI basata sull’analisi di 17,2 milioni di articoli nel 2024 e 1,9 milioni di articoli tra gennaio e marzo 2025, mostra come anche i grandi brand americani stiano subendo un grave danno di immagine. Tra le 16 aziende prese in considerazione dallo studio, il sentiment globale dal momento dell’insediamento di Trump a fine marzo è migliorato solo in quattro casi: McDonald’s , Meta , OpenAI e Apple . Tutte le altre 12 aziende hanno visto la propria immagine deteriorarsi, alcune anche molto gravemente: FedEx è quella andata peggio di tutte , seguita da Chevron , Warner Bros Discovery , Coca-Cola e Tesla . Dato il coinvolgimento di Elon Musk in politica e la sua svolta verso destra già dall’anno scorso, quest’ultima a fine gennaio raccoglieva già più articoli negativi che positivi , ovvero circa il 25% in più, oggi diventati quasi il 50%. A fare compagnia a Tesla, Uber e Meta, con più articoli negativi che positivi a causa del crollo di reputazione, oggi si sono aggiunte anche Chevron, Warner Bros Discovery e Coca-Cola. Le altre aziende restano in terreno positivo, ma ancora per poco, se il trend generale continuerà a spingere in questa direzione. Per decenni, il soft power americano ha sostenuto l’espansione globale delle sue aziende, ma oggi, è proprio il fatto di essere americane che le mette in difficoltà. Gli effetti del crollo di reputazione si stanno già sentire sulle vendite: Axios e l’Economist sottolineano che il contraccolpo è stato particolarmente forte in Canada – Paese molto bersagliato dai dazi di Trump e dalle sue minacce di annessione – e in Danimarca – irritata dalla volontà di Trump di “acquisire” la Groenlandia. A inizio anno, le province canadesi dell’Ontario e del Québec hanno rimosso dagli scaffali alcuni alcolici statunitensi come Jack Daniel’s, mentre Kraft ha lanciato una campagna per ricordare ai canadesi che gran parte dei suoi prodotti venduti in loco sono fatti con ingredienti locali. La principale catena di supermercati della Danimarca, Salling Group, ha iniziato a etichettare i marchi europei per facilitare ai clienti l’identificazione – e l’eventuale evitamento – dei prodotti americani. Ma il fenomeno si sta diffondendo anche altrove in Europa. Un caso emblematico è quello di Tesla: nel primo trimestre dell’anno, le nuove immatricolazioni dei suoi veicoli in Europa sono crollate di oltre il 40% rispetto all’anno precedente. In un sondaggio della Banca Centrale Europea, ai consumatori dell’Ue è stato chiesto quanto sarebbero disposti, su una scala da 0 a 100, a rinunciare a prodotti americani se gli Stati Uniti imponessero dazi generalizzati. Il punteggio mediano è stato 80, ma il dato interessante è che la ragione principale indicata per il possibile abbandono non è il prezzo, bensì la preferenza personale.

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