Il 9 maggio di Putin tra occhio al Sud Globale e timori per “sorprese”

La Russia celebra gli 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e per Vladimir Putin l’occasione è propizia per celebrare sé stesso e la sua leadership, che ormai ha superato il quarto di secolo di durata, in un clima politico estremamente delicato per Mosca. Nel 2022, anno dell’invasione dell’Ucraina, il 9 maggio fu usato a fini propagandistici: la vittoria contro la Germania nazista di ieri messa a paragone con la guerra contro i presunti “nazisti di Kiev” di oggi. Nel 2023 e nel 2024 i toni della celebrazione sono stati più dimessi, complici le difficoltà di un conflitto che Mosca stava conducendo tra alti e bassi, ben distante dal raggiungimento dei suoi obiettivi strategici. I leader stranieri ospiti Quest’anno, il tono è tornato quello tipico del passato: marce, celebrazioni, proclami trionfali e, soprattutto, un’ampia partecipazione di leader stranieri, dal presidente cinese Xi Jinping all’omologo brasiliano Luis Inacio Lula da Silva, passando per il premier slovacco Robert Fico, il primo ministro serbo Aleksandr Vucic, passando per i capi di Stato e di governo delle ex repubbliche sovietiche, eccezion fatta per Ucraina, Georgia e Stati Baltici. Non mancherà il rais egiziano Abdel Fattah al-Sisi e ci sarà anche il leader venezuelano Nicolas Maduro. Da non sottovalutare il fatto che al 9 maggio erano presenti leader di Stati di tre aree chiave per il gruppo dei Brics di cui fa parte la Russia: America Latina, Africa Sub-Sahariana, Asia Orientale: c'erano, oltre ai capi di Stato e di governo precedentemente citati, i leader di Burkina Faso, Cuba, Etiopia, Guinea-Bissau, Laos, Myanmar, Papua Nuova Guinea, Repubblica del Congo, Vietnam e Zimbabwe. Le celebrazioni di una Russia che guarda al Sud Globale Sulla Piazza Rossa la parata che ricorda la vittoria dell’Unione Sovietica e il suo contributo alla liberazione dell’Europa dall’occupazione tedesca nella guerra combattuta dal 1941 al 1945 ha visto la partecipazione di diverse unità di Paesi amici o partner della Russia, dalla Bielorussia alla Corea del Nord, e soprattutto Putin intende sfruttare a fini propagandistici l’occasione per mostrare al mondo che Mosca non è isolata. Il messaggio che si vuole mandare è politico, non solo militare: la Russia presenta la sua nuova geografia di rapporti politici e alleanze, a suo avviso garanzia per continuare a esistere come grande potenza dopo la rottura con l’Occidente. Vent’anni fa, nel 2005, i leader di Francia, Regno Unito e Usa, Jacques Chirac, Tony Blair e George W. Bush, presenziarono con Putin alla parata della vittoria. Dieci anni dopo, il 70esimo anniversario fu deserto dopo lo scoppio delle tensioni per l’occupazione russa della Crimea. Oggi, invece, il 9 maggio guarda al Sud Globale e alla nuova rete di amicizie e alleanze costruite attorno ai Brics. Le rivendicazioni russe per un ordine mondiale diverso La Russia mira a legittimare con l’invito a un numero tanto ampio di leader le sue rivendicazioni politiche per un ordine mondiale diverso. E non a caso, furbescamente, Mosca ha annunciato la tregua unilaterale della guerra in Ucraina proprio alla vigilia del più partecipato evento internazionale che avrà luogo nel Paese dall’invasione su larga scala del 2022 ad oggi. La narrazione della Russia, sulle cui reali intenzioni di porre fine al conflitto c’è molto da dubitare, mira a presentare Mosca come una potenza realista che si trova costretta a combattere un’Ucraina su cui ricadrebbero tutte le responsabilità per il prosieguo della guerra. Un’immagine distante dalla realtà: la Russia ha rifiutato ogni prospettiva per un cessate il fuoco totale della durata di almeno 30 giorni, come richiesto dagli ucraini, salvo poi provare a imporne unilateralmente uno per il periodo del Giorno della Vittoria al fine di proteggere da sorprese come incursioni ucraine sul suo territorio le celebrazioni. L’uso politico della storia da parte di Putin Ora che gli Stati Uniti hanno aperto all’ipotesi che la loro mediazione tra Russia e Ucraina possa giungere alla fine e tocchi a Mosca e Kiev parlarsi per la fine della guerra, il Paese guidato da Putin ha deciso di procrastinare il suo impegno in materia puntando, piuttosto, all’espansione del controllo sul campo per rafforzare la sua posizione negoziale. Nel frattempo, agli occhi del mondo Putin ha bisogno di rompere la narrazione di una Russia isolata. Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino, ha dichiarato al Moscow Times che “la Russia sta indubbiamente usando la parata per il posizionamento politico interno ed estero della guerra con l'Ucraina”, nel quadro di una generalizzata tendenza all’uso politico della storia e delle celebrazioni nazionali da parte di Putin. L’idea della tregua unilaterale, però, nasconde i timori che qualcosa possa andare storto: la narrazione di una Russia già vincitrice della guerra cozza con l’idea che un drone ucraino possa guastare le celebrazioni colpendo la periferia di Mosca, che sarebbe un danno ancor più simbolico delle evidenti difficoltà riscontrate dalle truppe russe nell’avanzare sul terreno in un conflitto che li vede in vantaggio tattico ma non padroni assoluti del campo di battaglia. Putin vuole trasformare il Giorno della Vittoria nella giornata del suo personale successo politico e d’immagine. Ma le difficoltà per Mosca in una guerra che continua e in un ordine internazionale sempre più incerto non possono essere ignorate sul lungo periodo.

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