Ravasi: “Il testamento del Papa? Semplice, come la sua esistenza"

“Il suo testamento è la rappresentazione della sua essenzialità che era carica di elementi evangelici”, ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, intervistato da Sky TG24 nel giorno della morte del Pontefice. Papa Francesco sarà sepolto nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Nelle sue ultime volontà, vergate nel 2022 quando già sentiva avvicinarsi “il tramonto della vita terrena”, ha chiesto che il suo viaggio si concludesse proprio in “questo antichissimo santuario Mariano” dove si recava per la preghiera all’inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico. “Ha scelto il suo approdo, affidandosi a una figura femminile: questo è un elemento suggestivo. Inoltre, ha formulato la richiesta di una sepoltura semplice. La semplicità è il suggello di tutta la sua esistenza”. Il sepolcro dovrà “essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus”, si legge nel testo. Del resto, Francesco aveva già annunciato queste disposizioni, ma, sebbene non siano una sorpresa, nel giorno del suo ritorno “alla Casa del Padre” queste parole fanno riflettere sul suo lascito. “Essenzialità sì, ma proprio rispetto a questo vorrei sottolineare un aspetto che diventa critico nei confronti di coloro che dicevano che Papa Francesco non avesse una forte preparazione teologica. Non è vero: il suo impianto spirituale e teologico era solido. Papa Francesco è stato sempre vicino al dire e all’agire di Cristo, i suoi gesti sono sempre stati in sovrimpressione con quelli di Cristo stesso, quasi in dissolvenza”. La sofferenza e il ricordo personale di Ravasi Nel testamento Papa Francesco ha fatto anche riferimento alla sofferenza che ha attraversato negli ultimi tempi, caratterizzati dalla malattia e dal lungo ricovero. “Papa Francesco si inchinava ripetutamente dinanzi alle persone sofferenti, sulla scia di Cristo”. Il tema della sofferenza ha offerto l’occasione a Ravasi di rievocare un ricordo personale. “Un fatto marginale, che forse non è neppure il caso di menzionare in questo momento, ma che ha un significato. Io sono stato uno dei cardinali elettori nel Conclave del 2013 e in quell'occasione, in quel pomeriggio, lo incontrai per la prima volta e mentre camminavamo per le sale che portavano alla Cappella Sistina cominciammo a parlare”. In quell’occasione Jorge Mario Bergoglio riferì a Ravasi di aver letto i suoi lavori: “Citò il mio commento al testo di Giobbe, uno dei libri più sconvolgenti e misteriosi della Bibbia, dove c'è tutta la lacerazione, lo scandalo della sofferenza. A furia di parlare di queste cose - continua Ravasi - rischiammo, noi due, di non entrare più in Conclave per la votazione, tant'è vero che arrivò un cerimoniere a sollecitare. Successivamente più di una volta mi ha ricordato che in quel momento ci fosse come una mano che lo fermava perché poi entrò e poche ore dopo divenne Papa Francesco”, ha raccontato Ravasi. Una rivoluzione anche nel linguaggio Con un “Buonasera” Papa Francesco ha esordito nel suo primo discorso nel 2013, portando all’attenzione del mondo, fin dai primi istanti, delle novità nel modo di comunicare. “Da evidenziare la ricerca della concretezza nelle parole che pronunciava, perché potessero essere capite da tutti, e al tempo stesso l’utilizzo dell'ironia per rendere effettiva la sua vicinanza, una vicinanza spalla a spalla”. Ravasi sottolinea l'originalità del linguaggio e la discontinuità con chi l’ha preceduto. “Noi, uomini di Chiesa, eravamo abituati a un linguaggio un po' paludato, teologico, soprattutto i pontefici parlavano in una maniera solenne. Lui ha coniato anche dal punto di vista linguistico un repertorio che ora tutti conoscono. Pensiamo a espressioni come ‘la Terza guerra mondiale a pezzi’, ‘ l'odore delle pecore’, ‘la Chiesa in uscita’, ‘la Chiesa ospedale da campo’, e potrei continuare a lungo”. Il risultato è stato, secondo il cardinale, la creazione di “tutto un mondo di simboli che rendevano sempre più immediato, diretto, incisivo e decisivo quello che diceva”. Anche nella parte finale della sua vita Papa Francesco ha saputo parlare al mondo, nonostante i limiti imposti dalla malattia: “Quella di questi ultimi mesi è stata una comunicazione muta ma altrettanto incisiva”. “In ascolto del popolo” Un Papa che ha saputo parlare a tutti, ai credenti e ai non credenti, percepito fin dalle sue prime battute nel giorno dell’elezione, davanti a una Piazza San Pietro gremita, e poi grazie ai suoi gesti, come una figura vicina alla gente comune. “Questa è stata una cifra fondamentale ed è veramente significativo che all'interno del suo primo documento in assoluto, 'Evangelii gaudium', avesse già usato l'espressione ‘in ascolto del popolo’. Quando parlava di popolo si riferiva soprattutto a quello relegato nelle periferie delle città, della società, della Storia”. Papa Francesco è stato il primo Papa a mettere una donna a capo di un dicastero Vaticano, suor Simona Brambilla e si è spinto anche oltre. “Ci tengo ad aggiungere che ha scelto una donna, Raffaella Petrini, nel ruolo più alto dello Stato della Città del Vaticano: la Presidenza del Governatorato che è la base sulla quale la Santa Sede sviluppa la sua attività planetaria, dal punto di vista sociale, politico e non solo”. Una sensibilità che ritrova nella scelta del luogo di sepoltura. “Come sottolineavo, ha voluto farsi seppellire sotto il manto di una figura femminile. E disse una cosa molto importante a questo proposito, anche quando si discuteva sul tema del sacerdozio femminile. Parlò in quell’occasione della Pentecoste. Quando nella sala del Cenacolo sono tutti riuniti, la madre di Gesù è con gli Apostoli, che sarebbero l'equivalente dei Vescovi. Maria è al centro. Maria non è un prete, non è un sacerdote, eppure è la più importante in assoluto. È al centro di tutti coloro che rappresentano l'orizzonte sacerdotale”. Ravasi come presidente del Pontificio Consiglio della cultura istituì nel suo dicastero una consulta permanente formata da sole donne. Un’iniziativa che fu accolta positivamente da Francesco: “Quando ne parlai con lui mi disse che era una cosa che sentiva come importante, perché l’idea di una consulta aveva lo spirito di mettersi in ascolto, in ascolto anche delle critiche. Un atteggiamento che la Chiesa deve adottare anche rispetto ai giovani”. Il dialogo è stato un altro pilastro del pontificato di Francesco. Nell’enciclica Fratelli tutti del 2020 Ravasi individua importanti passaggi che descrivono la visione della Chiesa di Papa Bergoglio. “Sosteneva, in sostanza, che Dio non guarda con gli occhi, ma che Dio guarda col cuore. E l'amore di Dio è lo stesso per ogni persona, di qualunque religione sia. Quel testo era, non a caso, strutturato su due quadri antitetici. Da un lato le ombre di un mondo chiuso in se stesso. E dall'altra parte, invece, l'impegno nel generare un mondo aperto attraverso il dialogo”. Un solido impianto teologico “L’essere stato un uomo del popolo è stato frainteso da alcuni. Ci tengo a ribadire che la sua statura culturale era elevatissima. Ci sarebbero moltissimi esempi: le sue conoscenze musicali, il suo rapporto con uno scrittore argentino così importante come Jorge Luis Borges e la sua attenzione al dialogo interreligioso e interculturale”. E a proposito di questi due aggettivi, “interreligioso e interculturale”, Ravasi sottolinea il peso che hanno avuto nel pontificato di Francesco. Lo testimoniano i suoi viaggi apostolici. Durante il suo papato, Bergoglio ne ha compiuti in totale 47 in 66 diverse nazioni e in occasione di queste importanti trasferte globali ha tradotto nei fatti il suo impegno ecumenico. Nel 2019, in occasione del suo storico viaggio negli Emirati Arabi, Papa Francesco ha voluto avvicinarsi alle comunità islamiche siglando un "Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune" assieme al Grande Imam di Al-Azhar ad Abu Dhabi. Un testo che ha rappresentato uno storico passo in avanti nelle relazioni tra cristiani e musulmani. Ravasi cita questo traguardo raggiunto: “Ci dimostra la sua capacità di trovare la filigrana nascosta della nostra società, nonostante abbia vissuto in uno dei periodi in assoluto più complessi e di più difficile decifrazione. Papa Francesco ha dovuto assistere, soprattutto vicino alla fine, a un'involuzione rispetto al processo di caduta dei muri che si è sviluppato durante il Pontificato di Giovanni Paolo II”. Il papa e il mondo Nella sua ultima apparizione, Papa Francesco ha incontrato brevemente il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance durante la giornata di Pasqua. Con l’Amministrazione Trump ci sono delle distanze profonde, dall’immigrazione all’attenzione per il Pianeta. “Certamente, è noto che non tanto tempo fa Papa Francesco ha inviato una lettera ai vescovi americani, in cui cercava, appunto, di individuare in maniera molto chiara alcune opzioni che non erano certamente in linea con quanto veniva operato dalla politica statunitense, soprattutto per quei due capitoli, in maniera particolare su quello dei migranti. Come ben sappiamo, Papa Francesco ha sempre ribadito l’importanza per il suo magistero di accoglienza e integrazione degli immigrati e comunque di tutte le persone che sono esuli per il mondo e che cercano un orizzonte diverso”. All’alba del suo pontificato Francesco gettò una corona di fiori a largo di Lampedusa per le vittime dei naufragi, un atto di profondo valore simbolico. Ravasi ha inoltre ricordato l'enciclica “Laudato si'” del 2015 sulla cura dell'ambiente naturale e delle persone. “Il papato del futuro dovrà anche tenere conto di questa involuzione che sta avvolgendo attualmente non soltanto il continente americano ma anche molti altri Paesi e altre società. Papa Francesco ha sempre coerentemente manifestato di avere delle idee molto diverse”. Ravasi ha parlato dell’emergere di forme di identitarismo, di nazionalismo, di sovranismo, di chiusura, che rappresentano una regressione e un ostacolo al dialogo per cui il Pontefice si è tanto speso: “Perché aveva già intuito certe dinamiche che adesso stanno esplodendo”. L’eredità “Alla luce di tutto questo direi che è importante che si tenga presente il suo messaggio, che rimarrà credo nella Storia. La Chiesa deve preservare la dimensione della carità, dell’amore, anche se ci sono delle voci diverse”. Papa Francesco ha abbracciato le divergenze, anche interne. “Sembra un po' tecnico ma invece è importante: Papa Francesco ha investito molto sulla ricerca della sinodalità. Perché si è battuto molto sui sinodi? Sinodo è una parola greca che significa camminare insieme, cioè tenere in armonia la pluralità della stessa Chiesa, le diverse sensibilità. Questo è un impegno che lui ha portato avanti, perché capiva che sarebbe stato un problema e che sarà uno dei carichi che dovrà affrontare il successore”. Papa Francesco, secondo Ravasi, lascia un pontificato aperto perché caratterizzato da grandi difficoltà globali. Non solo le guerre, ma tanti dossier culturali e scientifici che restano sul tavolo: il ruolo della tecnologia, dell'intelligenza artificiale, la comunicazione nella cultura digitale. “Tutti temi su cui ha dimostrato una grande sensibilità e che il suo successore dovrà sviluppare”.

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