Quale eredità lascia papa Francesco

Dodici anni alla guida della Chiesa cattolica, quattro encicliche, un centinaio di lettere apostoliche e 47 viaggi in cui ha visitato 66 Paesi del mondo. Sono solo alcuni dei numeri del pontificato di papa Francesco, che non bastano a spiegare del tutto l’eredità politica, sociale e religiosa del suo governo. Il Pontefice, dal 13 marzo 2013, ha incontrato decine di capi di Stato e organizzato operazioni diplomatiche in più continenti. Non ultima la spedizione, che pure non ha ottenuto i risultati sperati, del presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Maria Zuppi in Ucraina, dove ha tentato di avvicinare Kiev e Mosca al tavolo delle trattative. Migranti ed ecologia gli altri temi ricorrenti della sua agenda. Ma, per chi lo ha conosciuto, è stato prima di tutto “un padre dall’incredibile umanità. Un genio che riusciva a essere sempre se stesso, ma ad assolvere anche al suo ministero petrino”. Questo è il ricordo personale di Antonio Spadaro, gesuita e giornalista, direttore de La Civiltà Cattolica. “La gente aveva con lui un rapporto straordinario – continua – Era aperto al mondo, che sapeva fosse ormai diventato un campo di battaglia. Lo ha notato chiunque gli sia stato vicino”. La sua formazione in Argentina Proprio nel mondo gesuita, nel periodo della dittatura dei militari del generale Jorge Rafael Videla, Jorge Mario Bergoglio affondò le radici della sua formazione culturale e sociale. A 36 anni divenne il più giovane provinciale dei gesuiti nel Paese sudamericano. Nel periodo della dittatura militare, dal 1976 al 1983, il regime perseguitò anche molti teologi e sacerdoti della Compagnia di Gesù e papa Francesco, all’epoca solo sacerdote, si trovò in mezzo a equilibri delicatissimi: “Aveva il compito difficile – ricorda a Sky TG24 Massimo Borghesi, professore di Filosofia morale all’Università di Perugia – di tenere unito l’ordine e di preservarlo sia dallo scivolamento verso l’appoggio al governo sia dallo sviluppo di simpatie filocastriste”. Nel 1992, all’età di 56 anni, divenne vescovo ausiliare di Buenos Aires, quando aveva ormai sviluppato una dottrina che avrebbe applicato anche negli anni del suo pontificato: “Si tratta di un modello di pensiero – continua Borghese – che lo avrebbe accompagnato sempre. Ovvero il pensiero della polarità: la Chiesa in questo paradigma è sintesi degli opposti, sintesi delle contraddizioni umane che spingono verso la guerra. Da questo nasce il pensiero di pace di papa Francesco”. Pace, ambiente e Secolarizzazione: le sfide di papa Francesco Era il 2019 quando, in piazza san Pietro, papa Francesco strinse la mano a Greta Thunberg, attivista per i diritti climatici di fama mondiale. Ed era il 2015, quattro anni prima, quando pubblicò l’enciclica “Laudato Si’” che introduceva il concetto di “ecologia integrale”, per individuare il filo rosso tra ambiente naturale, società, culture ed economie. Solo cinque anni dopo, nel 2020, il Pontefice sarebbe tornato sugli stessi temi nell’enciclica “Fratelli tutti”, che incoraggia alla “costruzione di un mondo più pacifico con l’impegno di persone, istituzioni, mondo economico, organizzazioni internazionali e società civile”. “I conflitto in corso nel mondo oggi sono 57 – ricorda a Sky TG24 Mimmo Muolo, vaticanista di Avvenire – Parliamo spesso di Gaza e di Ucraina, ma ci sono anche Eritrea, Sudan e molti altri tra America Latina, Africa e Asia. Il Papa li aveva sempre presenti tutti e, come in un refrain, alla preghiera domenicale dell’angelus li ricordava”. Lo ha fatto fino alla sua ultima apparizione: “Nella preghiera urbi et orbi di questa Pasqua – continua Muolo – ha disegnato una sorta di mappamondo dei problemi della terra: dai conflitti ai cambiamenti climatici. Ci ha voluto ricordare, fino all’ultimo, che non potremo andare avanti senza essere ‘fratelli tutti’”. Il messaggio della Chiesa cattolica, però, nelle nuove generazioni sembra avere comunque sempre meno appeal. I giovani che frequentano le chiese sono sempre meno numerosi in Italia. “Papa Francesco aveva ben presente il tema della secolarizzazione - conclude Muolo – e ha detto cose importanti ricordandoci di non essere ipocriti. Il mondo purtroppo va in un’altra direzione rispetto al credo cristiano e il prossimo Pontefice dovrà tenerlo presente”. Gli ultimi giorni Tra febbraio e marzo, papa Francesco è stato ricoverato al policlinico Gemelli per 37 giorni. Al termine delle lunghe terapie ospedaliere, ha voluto incontrare e ringraziare medici e infermieri che lo hanno aiutato durante la malattia. Tra queste persone – tra le ultime che il Pontefice ha incontrato prima della morte – c’era anche Elena Beccalli, rettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Che ha un ricordo vivido dell’incontro: “Era il volto di una persona fragile – spiega a Sky TG24 – ma capace di emanare una grande gioia. Si vedeva un miglioramento importante nelle sue condizioni, pur rimanendo nella debolezza. Aveva un grande sorriso per ognuno di noi”. Tra le immagini più celebri, a ricovero terminato, l’uscita pubblica di papa Francesco in condizioni ancora precarie, mentre indossava un poncho. “Anche la fragilità – commenta la rettrice – è stato un modo, nel suo Pontificato, di dare valore alla persona nella sua interezza e nei suoi limiti. In tutti i dodici anni ha messo al centro la cura della persona e degli ultimi”. Cosa succede ora Terminati i riti di esposizione e sepoltura del Pontefice, che papa Francesco ha rivoluzionato imponendo, tra le altre cose, la deposizione della salma in Santa Maria Maggiore anziché nelle Grotte vaticane, sarà il momento di un nuovo conclave. Radicalmente diverso dai precedenti. Intanto, per il numero dei cardinali elettori : 137. Poi, per la composizione: si tratta del conclave con il maggior numero di cardinali non europei, nominati nel 70% dei casi proprio da papa Francesco. I tempi sono, invece, quelli di sempre: in massimo venti giorni dalla morte del Pontefice, gli elettori, terminate le Congregazioni apostoliche , si dovranno riunire all’interno della Cappella sistina. “Credo che sarà un conclave veloce – commenta a Sky TG24 Francesco Capozza, vaticanista de Il Tempo – Al momento, tutte le cariche sono decadute e la Chiesa è ferma. Un tempo, era complicato spostare persone da ogni parte del mondo a Roma, ma oggi è tutto velocissimo”. Le previsioni stimano l’inizio del conclave alla settimana prossima, quando i riti delle esequie e della sepoltura saranno terminati e i cardinali cercheranno una maggioranza – mai così larga – di almeno 92 voti per il nuovo Pontefice. Ipotizzare dei papabili è ancora difficile: “La situazione internazionale avrà un peso come sempre – sostiene Capozza – Per avere un conclave con una guerra alle porte dell’Europa, bisogna tornare al 1939, quando fu eletto Pio XII e, pochi mesi dopo, scoppiò la Seconda guerra mondiale. Il contesto storico attuale sarà decisivo anche per la prossima elezione”.

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