Turchia, arrestato il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu: Erdogan azzera l’opposizione?

La Turchia è in fermento dopo che stamattina il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu è stato arrestato con l’accusa di frode, corruzione e favoreggiamento del Partito dei Lavoratori del Kurdistan , ritenuto un’organizzazione terroristica dal governo di Ankara. Secondo i media turchi, queste accuse potrebbero costargli fino a 25 anni di carcere. Imamoglu, 54 anni, guida la più grande e importante città della Turchia dal 2019 ed è ritenuto l'esponente di punta del Partito popolare repubblicano , il partito nazionalista, secolarista e di ispirazione socialdemocratica in opposizione al Partito Giustizia e Sviluppo del presidente Recep Tayyip Erdogan. Domenica è previsto il congresso del Chp che avrebbe dovuto, in teoria, eleggere il sindaco di Istanbul candidato per le presidenziali del 2028 o per un eventuale voto anticipato, qualora il capo di Stato decidesse di convocarlo per aggirare il mandato costituzionale che gli imporrà di lasciare la carica alla scadenza del suo terzo mandato. Il suo arresto giunge al culmine di una serie di manovre che paiono dunque volte ad impedirgli di correre per la massima carica dello Stato: nella giornata di ieri, l’arresto era stato preceduto da un decreto dell’Università di Istanbul che invalidava la laurea in economia aziendale conseguita da Imamoglu nel 1995. Il possesso di un titolo di studio universitario è infatti requisito necessario per poter correre alla presidenza e il titolo di laurea di Imamoglu è stato annullato per non meglio precisate "manifeste irregolarità" compiute da Imamoglu quando, non ancora ventenne, cambiò corso dopo aver studiato scienze della comunicazione all'università nella Repubblica turca di Cipro Nord. L’aspirante candidato ha definito "illegale" il decreto del suo ateneo, subito seguito dall’arresto, che ha portato Imamoglu in custodia cautelare assieme a 100 altre persone sospettate, come lui, di aver costruito un sistema corruttivo e addirittura di aver fornito copertura politica al Pkk. Quest’ultimo legame, secondo le autorità turche, sarebbe sorto dopo che i partiti curdi hanno formato un’organizzazione-cappello per sostenerlo all’ultima corsa per la carica di sindaco di Istanbul, vinta un anno fa. L’accusa in questione, peraltro, avviene con un tempismo sospetto, dato che proprio in queste settimane sono in corso trattative per normalizzare i rapporti tra Ankara e il Pkk dopo che il fondatore del gruppo rivoluzionario marxista, Abdullah Ocalan, ha invitato la sua formazione a deporre le armi. Un elemento in più per constatare la natura strumentale di accuse con cui Erdogan mira a togliere di mezzo un pericoloso rivale politico. Non si tratta, del resto, delle prime critiche contro Imamoglu che sembrano essere dettate da motivi strumentali: l'avvocato di Imamoglu, Mehmet Pehlivan, ha denunciato da tempo "un'ampia offensiva legale contro il sindaco", sottolineando che dal 2019 è stato colpito da ben 42 indagini amministrative e 51 giudiziarie per la sua attività amministrativa ispirate a denunce di esponenti politici legati a Erdogan. Il Presidente guida il Paese dal 2003, anno in cui è stato eletto primo ministro, e dal 2014 detiene la carica di capo dello Stato. Al momento, in molti pensano che Erdogan voglia anticipare il voto previsto per il 2028, per bypassare il vincolo che impedisce al presidente di ricandidarsi dopo tre mandati pieni, o addirittura di spingere per una riforma costituzionale che permetta di cancellare ogni limite di mandati. Erdogan accentra il potere Imamoglu è ritenuto un candidato potenzialmente forte e in seno al Chp c’è chi pensa che già nel 2023 avrebbe potuto sfidare Erdogan con risultati migliori di Kemal Kilicdaroglu, al fianco del quale correva come vicepresidente designato. Il suo arresto del sindaco mostra un’ulteriore torsione autoritaria della Turchia di Erdogan, che ha causato un impatto immediato sulla credibilità accordata al Paese dai mercati finanziari: “I listini turchi, che si erano stabilizzati negli ultimi mesi dopo essere stati colpiti da un'inflazione dilagante nei due anni precedenti, hanno reagito male alla notizia”, nota Politico.eu, sottolineando il calo del 6% della borsa di Istanbul e del 5% della lira turca rispetto al dollaro alla notizia dell’arresto di Imamoglu. La stretta di Erdogan è dunque un azzardo che rischia di far pagare il conto a tutto il Paese anatolico, sempre più distante dall’immagine di una democrazia funzionante e controllata da un apparato di potere autoreferenziale e accentratore.

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