Trump-Putin, sull’Ucraina molte parole e pochi fatti. Gli scenari

Alla fine, la montagna ha partorito il topolino: alla prova dei fatti, dopo la lunga telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin di ieri, una soluzione alla guerra in Ucraina non c’è. E del resto, è ancora poco chiaro cosa succederà nelle relazioni Usa-Russia. La questione resta aperta. Come risultato più immediato, il colloquio di due ore e mezza tra l’inquilino della Casa Bianca e il leader del Cremlino di ieri, aprirà la strada alla diplomazia, dopo un vuoto nei rapporti bilaterali ampliatosi gradualmente nell’ultimo decennio. Con un’unica certezza: lungo il percorso, l’Ucraina non sarà l’unico banco di prova, del reset desiderato da Mosca e Washington. Nel breve periodo, sul dossier più caldo per la Casa Bianca Trump incassa l’impegno della Russia a un cessate il fuoco parziale, limitato agli attacchi alle infrastrutture energetiche e della durata di trenta giorni, e a uno scambio di prigionieri. Inoltre, domenica a Gedda, in Arabia Saudita, ci sarà un nuovo incontro tra la delegazione russa e quella americana, alla presenza dei capi delle rispettive diplomazie: il ministro degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov e il segretario di Stato Usa, Marco Rubio. La partita resta apertissima e legata a un dato di fatto: una proposta politica organica, chiara e realistica di una delle due parti per una fine del conflitto che possa rappresentare una seria base di negoziazione non esiste. Così come non è chiaro a che livello potrà essere coinvolta la diretta interessata, l’Ucraina, consultata da Washington ma non invitata per ora al tavolo diplomatico più importante. Bisognerà capire se dall’incontro di domenica a Gedda potrà emergere qualcosa di più concreto ma, fino ad oggi, l’estemporaneità di molte negoziazioni non ha aiutato. Una distensione complessa “Non credo che due incontri tra l'inviato di Trump Steve Witkoff e Putin a Mosca e un paio di telefonate tra Putin e Trump siano sufficienti per porre fine all'invasione russa dell'Ucraina a condizioni ragionevoli per Kiev”, ha commentato Thomas Friedman sul New York Times, sottolineando che ad oggi Russia e Usa sembrano avere due visioni diverse della pace in Est Europa: “Il Cremlino ha detto che la condizione chiave di Putin per porre fine al conflitto è una cessazione completa dell'assistenza militare e di intelligence straniera a Kiev, in altre parole, spogliare l'Ucraina di ogni capacità di resistere a una completa occupazione”. La distensione russo-americana parte in salita proprio perché per Trump la fine del conflitto in Ucraina, percepito come un impegno oneroso per Washington, è un fine in sé, mentre per Putin è un mezzo per ottenere quelle “garanzie di sicurezza” nei confronti dell’Occidente con cui ha giustificato nel 2022 l’aggressione a Kiev. Due concetti di "pace" ancora distanti Obiettivamente la distanza tra questi concetti di “pace” non è stata colmata, al netto dei proclami di Trump e Putin su un confronto costruttivo, anche se dalla telefonata è emerso che il dialogo sull’Ucraina sarà una parte del confronto ma non lo esaurirà. Non può infatti passare inosservata l’attenzione riservata, nel fornire i resoconti del dialogo, all’obiettivo di entrambe le parti di “migliorare generalmente le relazioni”, dialogando sul Medio Oriente, su altre aree di crisi della scena globale come il Mar Rosso e su problemi strategici a tutto campo: la Russia ha auspicato che Washington e Mosca “compiano sforzi congiunti per stabilizzare la situazione nelle aree di crisi e stabiliscano una cooperazione su questioni di non proliferazione nucleare e di sicurezza globale”, evidenziando la loro “speciale responsabilità nel garantire la sicurezza e la stabilità nel mondo”. La guerra continua Proclami quantomeno ambiziosi, decisamente più estesi di quelli di Trump su un “contratto per la pace” in Ucraina proposto dal suo profilo Truth, e che a maggior ragione impongono un’intensa attività diplomatica e una chiarezza di intenti. Su quest’ultimo punto il Cremlino non ha affatto scoperto le carte e non è detto che sia disposto a farlo in futuro. La realtà concreta parla di una guerra che non si è interrotta nemmeno dopo l’accordo Usa-Russia sul cessate il fuoco temporaneo riguardante gli impianti energetici. Poche ore dopo la fine della chiamata Trump-Putin, tra martedì e mercoledì Mosca ha continuato i raid: “Durante la notte sono stati lanciati 150 droni che hanno preso di mira, tra le altre cose, le infrastrutture energetiche”, nota la Bbc, e ai margini della sua visita in Finlandia il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che “le parole di Putin sono molto in contrasto con la realtà”. Al netto della retorica con cui è stata accompagnata e dalle aspettative che aveva suscitato, la telefonata Trump-Putin si è conclusa senza che la guerra si sia conclusa. Tutto questo nonostante il tentativo dei due di regolare con la logica delle grandi potenze di un tempo, in forma bilaterale, problemi come quello della guerra in Ucraina. Il risultato concreto è uno solo: la guerra continua. E non si vedono prospettive per concluderla facilmente che non passino per un cedimento totale alle richieste radicali del Cremlino.

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