L'isola che non c'era (che ora interessa a tutti)

La Groenlandia lo ha detto chiaramente: vuole essere indipendente. O comunque molto autonoma. Dopo secoli di conquiste e dominazioni , ora ha ribadito nuovamente il concetto. La vittoria degli autonomisti Se c’è un primo dato da prendere in considerazione nelle ultime elezioni, è la sorprendente affermazione del partito democratico, che spinge affinché l’isola ottenga l’indipendenza. Non a caso, altra performance sorprendente è del partito Nalerak, che ha quasi raddoppiato la base di consensi, e che ha come primo punto della piattaforma separarsi definitivamente dalla Danimarca, di cui la Groenlandia è un territorio autonomo. A rendere ancora più chiaro il messaggio, la sconfitta clamorosa della coalizione progressista - ambientalista fino ad oggi al governo, quello del premier Mute Edege, che non ha nascosto lo choc per l’esito elettorale e ha commentato solo: “rispettiamo l’esito delle urne”. Insomma, il messaggio, sottoscritto da un’affluenza alle urne inedita, è chiaro. Autonomia, sì, ma come e quando Non è però un percorso lineare. Il primo problema è la tempistica. E se i Democratici sono per un distacco progressivo, Nalerak, invece, spinge sull’acceleratore. Mentre i progressisti e gli ambientalisti non si oppongono in assoluto all’idea, ma sostengono una transizione più lunga. A rendere ancora più intricata la problematica relativa ai tempi, c’è anche il fatto che, per ora, un nuovo referendum non è stato ancora fissato. Forse i Democratici – spinti dalle promesse elettorali – lo indiranno in tempi più rapidi, ma sul tavolo resta la questione del come declinare questa autonomia. Già: in cosa consisterebbe? Perché chiaro che il voto sia stato un “no” ma, nel dettaglio, non è chiaro a cosa. La Groenlandia si è già pronunciata Pochi forse ricordano che già nel 1985 venne indetto un referendum che sancì la non adesione di Nuuk alla CEE, antenata dell’Unione Europea. La questione, nello specifico, era molto “locale”, e cioè il rifiuto delle quote sulla pesca che l’Europa voleva imporre. Dopo di che, nel 2008, in un referendum non vincolante, i groenlandesi hanno votato a favore di una maggiore indipendenza da Copenaghen. Anche se, insomma, si può dire che già ora sia piuttosto autonoma. E resta comunque il fatto che con una popolazione così esigua – nemmeno 60mila abitanti - e un territorio immenso, in gran parte oltre il circolo polare, il sogno di una nazione autosufficiente è del tutto irrealistico. Già ha un suo governo, con competenze in ambito legislativo, giudiziario e nella gestione delle risorse naturali. Il referendum del 2008 – seppure tra molte perplessità giuridiche - è stato riconosciuto dal parlamento danese e la sua applicazione è divenuta effettiva nel 2009. La Danimarca mantiene ancora il controllo su finanze, politica estera e difesa militare. Provvede inoltre a un sussidio annuale . Le risorse illimitate, ancora da sfruttare L’economia locale si basa soprattutto sulla pesca e il turismo e – come si vede – il cordone ombelicale con Copenaghen è davvero difficile da recidere. In teoria, però, la Groenlandia è ricchissima: ha riserve di minerali strategici e potenzialmente anche giacimenti off-shore di gas e petrolio. Certo, i costi di estrazione, per ora, rendono queste risorse poco competitive. Il suo mare è uno dei più pescosi al mondo. Il dilemma, però è sempre economico e ambientale: da un lato come sfruttare le enormi risorse inesplorate che fanno gola a tutte le superpotenze, non solo agli Usa, e dall’altro il rischio di compromettere un territorio fragilissimo, che già paga un pesante dazio a livello ambientale per il riscaldamento globale. Perché oltre al problema della contrazione dei ghiacciai, c’è anche lo scioglimento del permafrost, che potrebbe liberare, dal loro stato di congelamento, agenti patogeni di epidemie passate. Certo, c’è un rovescio della medaglia anche nella tragedia. E il riscaldamento globale ha di fatto aperto il leggendario passaggio a nord-ovest, che permetterebbe alle navi di passare dall’Atlantico al Pacifico senza lo stretto di Panama o, peggio, ancora più a sud, Capo Horn. L'isola che non c'era, e ora c'è C’è da domandarsi come mai per decenni la Groenlandia sia stata sostanzialmente ignorata dal mondo. È l’isola più grande del mondo. Anche se, in effetti, è molto più piccola di come risulta dalle cartine geografiche: è effetto della distorsione della proiezione di Mercatore che la raffigura grande come tutti gli Stati Uniti. La sua superficie è comunque vastissima, pari più o meno a due volte l’Ucraina. Insomma, un gigante. Ma semisconosciuto, se non da appassionati di viaggi estremi, o ricercatori scientifici. Un nuovo interesse Ora non è più così. Finora negletta dall’agenda internazionale, ha visto il ravvivarsi dell’interesse nei suoi confronti dopo le esternazioni trumpiane su una possibile annessione dell’isola più grande del mondo. Certo, the Donald ha ribadito il diritto dei groenlandesi ad autodeterminarsi, ma ha sempre aggiunto che “in un modo o nell’altro”, Nuuk diventerà Stati Uniti. Il 7 gennaio, comunque, ha rifiutato di escludere l’uso della forza per annetterla, suscitando stupore nei groenlandesi e il consueto sdegno della comunità internazionale, in primis l’Europa. E il motivo del rinnovato interesse è certamente economico, ma anche – se non soprattutto - strategico. D’altronde gli Usa sono una presenza in Groenlandia da molto tempo, dalla Seconda guerra mondiale, da quando la Danimarca cadde sotto il dominio nazista. Nuuk no, e ospita ancora una base NATO sul suo territorio. Lo stesso Biden ha aperto una rappresentanza diplomatica americana. Questo per contrastare l’avanzata cinese, che ha stretto accordi per costruire un nuovo aeroporto e ha acquisito i diritti per delle miniere di uranio. In tutto questo la Russia non sta a guardare, e già aperto un contenzioso per lo sfruttamento delle risorse artiche ed è sostanzialmente la monopolista delle navi rompighiaccio nell’area. La stoccata di Mosca Così i groenlandesi – in gran parte dell’etnia inuit, che non deve essere chiamata “eschimese”, perché dispregiativo – hanno fatto sentire la voce. Un “no” che però non si sa bene come declinare. E mentre il dibattito prosegue sull’isola, il resto del mondo già discute del suo ruolo nello scacchiere mondiale. Tanto da scatenare una prima scaramuccia, come a turbare il rinnovato idillio tra Mosca e Washington. Come sempre, ci ha pensato l’eterno ministro degli Esteri, Sergej Lavrov: “L'importanza dell'Ucraina per la sicurezza della Russia è di gran lunga maggiore dell'importanza della Groenlandia per la sicurezza degli Stati Uniti”, ha detto. Come a chiarire che le pretese americane sono ben lungi dall’essere date per scontate dai suoi rivali. Ex o meno che siano.

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