Ucraina e Difesa, a Bruxelles il Consiglio Ue delle grandi decisioni

L’Unione europea è pronta ad assumersi le responsabilità sulla difesa e la sicurezza collettiva, a prepararsi all’ipotesi della fine della garanzia americana sul Vecchio Continente, a consolidare con forza il suo appoggio all’Ucraina? Il Consiglio Europeo che si terrà il 6 marzo a Bruxelles dovrà fornire convincenti risposte per capire se i Ventisette hanno intenzione di reagire a un cambiamento netto degli scenari geopolitici e se la svolta annunciata dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen potrà concretizzarsi. Difesa e Ucraina al centro: i capi di Stato e di governo dovranno affrontare in maniera congiunta i due dossier anche alla luce del programma ReArm Europe annunciato ieri da Ursula von der Leyen. Il summit arriva in un contesto in cui il presidente francese Emmanuel Macron ha proclamato la necessità di “un incredibile risveglio europeo” e dopo la vittoria elettorale della sua Cdu l’aspirante cancelliere tedesco Friedrich Merz ha descritto la necessità di rafforzare il disaccoppiamento dagli Stati Uniti. Per Merz l’Europa che rischia l’abbandono da parte degli Usa di Donald Trump si trova “a cinque minuti da mezzanotte” e deve agire di conseguenza. L’Europa a un tornante della storia Con queste prospettive arriva un summit cruciale. In un’Europa che spesso ha abusato del concetto di “storico” per definire decisioni o scelte riguardanti determinati settori del suo sviluppo, arriva un momento davvero cruciale: l’Ue, nota Politico.eu, sa che “l'intera architettura di sicurezza post-1945, che dipende dal sostegno degli Stati Uniti, potrebbe crollare da un giorno all'altro” ma si trova di fronte a un summit in cui molta carne sarà messa al fuoco e bisognerà evitare confusione. Si dovrà parlare delle conseguenze del summit di Londra di domenica, che ha partorito un piano per la fine del conflitto in Ucraina da prospettare agli Usa di Trump, ma anche della possibilità di garantire con fondi europei la sicurezza di Kiev; si dovrà parlare di strumenti comuni per finanziare la spesa militare e anche delle strategie necessarie per metterla al servizio di un’agenda di sicurezza comune. Infine, molti leader europei sanno, commenta Politico.eu, che “un gruppo di leader filo-russi guidato dall'ungherese Viktor Orbán potrebbe far deragliare l'intero processo nei prossimi mesi”: tra gli indiziati, in particolare, il primo ministro slovacco Robert Fico, a cui nei prossimi mesi mira ad aggiungersi l’aspirante presidente romeno Calin Georgescu. Servirà, dunque, grande pragmatismo per trovare un terreno comune su cui costruire un’agenda strategica per l’Europa. Il punto di partenza è il piano ReArm Europe, che von der Leyen immagina basato su uno strumento finanziato con fondi comuni europei capace di emettere obbligazioni per raccogliere fino a 150 miliardi di euro per sostenere militarmente l’Ucraina e su un rilassamento delle regole di bilancio sul debito. Con un meccanismo di scorporo degli investimenti in Difesa dalle regole del Patto di Stabilità, il piano ReArm Europe si ripromette di aggiungere almeno 650 miliardi di euro tramite la spesa dei singoli Paesi dell’Ue nei prossimi anni. Non è ancora chiaro l’orizzonte temporale su cui la Commissione intende spalmare questo imponente sforzo, così come non sono ancora definite nei dettagli le possibilità che a questi piani concorrano gli sforzi di istituzioni come la Banca europea degli investimenti o il Meccanismo europeo di stabilità. Scenari e prospettive L’Europa, in ogni caso, intende mandare un messaggio agli Usa e al suo alleato ucraino e farlo nel minor tempo possibile. Dalla possibilità che sia discussa una proposta dell’Alto Rappresentante per la Difesa e di Sicurezza Comune Kaja Kallas per accelerare la spedizione entro fine 2025 di 1,5 milioni di proiettili d’artiglieria all’Ucraina a quella di utilizzare come garanzia finanziaria i fondi russi congelati in Ue, pari a 200 miliardi, ci sono molte proposte attuabili sul breve periodo che passeranno al vaglio dei leader. Quel che sembra mancare, ad oggi, è una linea d’indirizzo strategica sui fini geopolitici con cui l’Europa intende rafforzare il suo strumento militare: al di là del sostegno all’Ucraina, è davvero solo ed esclusivamente contro una minaccia russa al blocco che è necessario rafforzare le forze armate del Vecchio Continente? Come considerare, nel rilancio delle forze armate europee, anche la necessità di coprire teatri come il Mediterraneo e l’Africa su cui le istituzioni europee raramente hanno mostrato di sapersi concentrare? In che misura lo stimolo a spendere di più in Difesa consentirà di spendere meglio, evitando sprechi e doppioni tra programmi? La sensazione è che la Commissione abbia, ad oggi, fatto il primo passo di sdoganare la spesa per rafforzare la Difesa dei singoli Paesi europei. Per una vera Difesa comune servirà molto di più: ci sarà bisogno di obiettivi chiari, leadership e convergenza d’intenti, non solo di fondi. E sono proprio questi tre punti a apparire criticamente carenti nell’Europa odierna, che si trova a un tornante della storia incerta su quale debba essere la sua direzione, ancora scossa dalle mosse compiute nelle prime sei settimane dal ritorno alla Casa Bianca di Trump dai nuovi Stati Uniti, il cui distacco rischia di essere molto difficile da digerire.

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