Usa, gli elettori Dem sono insoddisfatti del Partito Democratico

Durante le prime settimane del secondo mandato di Donald Trump, l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica internazionale si è concentrata sulla valanga di ordini esecutivi e decisioni controverse prese dalla nuova amministrazione repubblicana. Si è parlato molto meno dell’opposizione dei Democratici, anche perché, oltre ad alcune manifestazioni spontanee nelle strade delle città statunitensi, non si sono viste particolari forme di protesta organizzate. Il Partito Democratico – ancora in fase di riorganizzazione dopo lo shock della vittoria di Trump a novembre – sembra infatti aver deciso di adottare quella che il leader di minoranza al Senato Chuck Schumer a inizio febbraio ha ben delineato con la frase: “Trump will screw up”, ovvero “Trump farà un casino” – e nel frattempo, i Dem non devono fare altro che attendere che ciò succeda. Una strategia che tuttavia non sta piacendo agli elettori: secondo un sondaggio del think tank Data For Progress, il 67% dei democratici e degli indipendenti di orientamento progressista vorrebbe che il Partito Democratico si opponesse più duramente alle politiche di Trump. Un altro sondaggio di CNN rileva che il 73% degli stessi elettori pensa che i Dem stiano facendo troppo poco per contrastare Trump. Nello stesso periodo del 2017 i parlamentari democratici avevano un tasso di approvazione del 59%: oggi è del 40%, a significare come l’elettorato apprezzasse molto di più l’atteggiamento combattivo adottato otto anni fa dopo la prima elezione di Trump. Dopotutto, come evidenzia Lakshya Jain, analista del sito web statunitense di previsioni politiche di Split Ticket, questi numeri non dovrebbero sorprendere, dato che il Partito Democratico ha passato anni a dipingere Trump come il più grande nemico della democrazia, e in contrasto a una simile minaccia è naturale che la strategia dell’attesa appaia come pigra e ipocrita. Ma perché il Partito Democratico sta impiegando questa strategia, se non piace ai suoi elettori? Secondo lo stesso Lakshya Jain, si tratterebbe dell'unica opzione che i leader progressisti si sentono di avere, ma anche la migliore. Questo perché, al contrario del 2017, Trump gode di una maggioranza molto più ampia e compiacente al Congresso, e anche l’informazione sui social media è dominata dai conservatori. Ad eccezione delle piazze e delle azioni legali per contrastare gli ordini esecutivi e le politiche dell’attuale amministrazione, i Democratici non hanno molti altri strumenti per fare opposizione. I governi in carica, oltretutto, tendono a scontentare alcune fasce dell’elettorato e perdere gradualmente consensi, e un governo così sotto i riflettori e controverso come quello di Trump rischia di essere ancora più prono a queste dinamiche. Alcuni risultati di questa strategia si stanno già notando: come abbiamo visto ieri, il tasso di approvazione di Trump è già in calo, così come il consenso intorno alla maggior parte delle sue politiche. Per riuscire a ribaltare il risultato di novembre, i Democratici dovranno essere però in grado di consolidare i propri consensi e capitalizzare al massimo quelli persi da Trump, ma difficilmente riusciranno a fare entrambe le cose se continueranno a puntare su una strategia così impopolare tra il proprio elettorato.

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