Cosa (non) funziona della governance europea

Nei giorni scorsi diversi sviluppi hanno nuovamente attratto l’attenzione sull’inadeguatezza del sistema di governance europeo. Ne cito due particolarmente significativi. Il primo è l’immagine di Trump che firma un Executive Order dopo l’altro, atti con efficacia immediata, salvo interventi dei giudici federali nel caso il Presidente agisca al di fuori dei poteri a lui concessi. Il secondo è la convocazione a Parigi da parte di Macron di una conferenza lampo sulla questione Ucraina, dove solo un numero ristretto dei Paesi UE sono stati invitati, insieme al Presidente della Commissione Von der Leyen, il Presidente del Consiglio Europeo Costa, il Primo ministro britannico Starmer e il Segretario della NATO Rutte. L’anomalia di una convocazione da parte di un singolo Membro dell’Unione di un evento per discutere quella che attualmente è la principale questione di politica estera in Europa è spiegata, oltre che dall’evidente protagonismo di Macron, anche dalla necessità oggettiva di muoversi rapidamente nel prendere decisioni senza doversi preoccupare di coinvolgere tutti e 27 Paesi membri. Il problema di fondo è che nell’Unione Europea non abbiamo un vero governo, detentore del potere esecutivo, che possa agire con la necessaria velocità in situazioni di crisi, comprese, e forse soprattutto, quelle relative alla politica estera, quelle che, peraltro, costituiscono l’essenza del potere esecutivo secondo Montesquieu . Visto che pochi conoscono gli intricati meccanismi della governance europea, offro un rapido ripasso sul tema. Chi lo scrive non è un giurista e mi perdoneranno i giuristi per qualche possibile imprecisione, ma forse è un vantaggio non esserlo perché vi posso dare l’interpretazione di come il sistema di governance è percepito da un cittadino che, come me, ha cercato di capirlo con un certo impegno. Se il sistema fosse semplice non dovrebbe servire un super esperto per comprenderlo. Il poter legislativo dell’Unione è detenuto da due colegislatori, ossia dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea . Che ci siano due colegislatori è già di per sé anomalo. Che uno dei colegislatori abbia una presidenza che ruota semestralmente è pure anomalo. Che poi uno dei colegislatori sia costituito da rappresentanti del potere esecutivo degli Stati Membri è ugualmente anomalo. Ma andiamo avanti. Il potere giudiziario, ovviamente limitato alle decisioni che riguardano la legislazione europea, è detenuto dalla Corte di Giustizia dell’Unione. Ma chi detiene il potere esecutivo? L’ho chiesto a Chatgpt e la risposta è stato che “l’UE dispone di un sistema complesso di funzioni esecutive condivise” che coinvolge la Commissione Europea, che ha l’iniziativa legislativa e amministra il bilancio, il Consiglio dell’Unione europea, per certi aspetti specifici, e il Consiglio Europeo che è costituito dai capi di governo degli Stati Membri e che ha un ruolo di indirizzo strategico. Un sistema complesso, appunto. Nella sostanza, nell’Unione Europea manca un vero governo che detenga tutti gli aspetti e tutte le modalità di intervento del potere esecutivo e che, soprattutto, possa emanare atti che abbiano efficacia immediata come un decreto legge o un Executive Order americano. Non è che manchino completamente poteri di intervento, teoricamente rapido, a livello esecutivo. Il Consiglio dell’Unione Europea può, per esempio decidere sulle sanzioni imposte a Paesi non UE, ma si tratta pur sempre di mettere d’accordo ogni volta 27 Paesi, in aree che talvolta richiedono l’unanimità. La Commissione può emanare atti delegati con effetto di legge, ma solo sulla base di regolamenti approvati dai due co-legislatori. Insomma, niente di comparabile con la flessibilità che un governo ha nell’emanare decreti legge, per non parlare della rapidità di azione quando, come nel caso americano, è una singola persona a decidere. Questo stato di cose non dipende certo dalle istituzioni europee. Non le hanno fatte loro le regole. Le hanno fatti gli Stati Membri nell’approvare i trattati che regolano l’Unione. E li hanno fatti con una grande attenzione a non delegare troppo potere e sovranità a tali istituzioni. Che non si lamentino quindi i Paesi Membri per il fatto che l’Unione è lenta. L’hanno voluta loro lenta e con limitati poteri esecutivi, compreso in casi di emergenza. Purtroppo, le conseguenze di questo sistema di governance, a dir poco anomalo, sono molto serie. I singoli Stati possono muoversi rapidamente, ma sono troppo piccoli, in un mondo globalizzato, per poter prendere decisioni rilevanti. Come ha concluso il rapporto Draghi sul futuro della competitività europea “Per andare avanti l’Europa deve agire come una Unione in un modo che non ha mai fatto”. Sta agli Stati Membri muovere le istituzioni europee in questa direzione e lo devono fare al più presto.

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