Dopo il nuovo governo, per il Libano la sfida del ritorno alla normalità

L'ascesa di Salam al ruolo di premier, a un mese dall'elezione del nuovo presidente Joseph Aoun, ha chiuso una crisi politica durata oltre due anni, aperta nell’ottobre 2022 dal mancato accordo per l’elezione del nuovo capo dello Stato dopo la fine del mandato di Michel Aoun e dalla caduta del governo dell’ormai ex primo ministro Najib Mikati. Quest’ultimo si è trovato da allora nella condizione di capo del governo dimezzato, chiamato a ricoprire il ruolo ad interim senza poter pienamente esercitare le sue funzioni. Ora, l'ascesa al governo del 71enne Salam, ex presidente della Corte Internazionale di Giustizia, chiude un cerchio per la stabilizzazione del Paese dei Cedri. L'ascesa di Aoun ha sbloccato la situazione e la nascita del nuovo governo, guidato come vuole la Costituzione da un musulmano sunnita, ha consolidato un trend chiaro per la politica di Beirut: una convergenza tra le componenti moderate del campo cristiano-maronita, sunnita e sciita in nome del ritorno alla normalità del Libano e del ridimensionamento dell'influenza di Hezbollah. Il Partito di Dio è uscito pesantemente indebolito dal conflitto a tutto campo con Israele durato da settembre a novembre 2024 e si trova costretto ora a cedere posizioni nelle istituzioni su cui ha fatto sentire tutto il suo peso in passato. Uno scacco per Hezbollah Salam ha nominato un esecutivo ricco di tecnici e indipendenti e in cui spicca l’assenza di esponenti del Partito di Dio: all’altra importante formazione sciita nel Paese dei Cedri, Amal, è stato concesso di scegliere quattro ministri, tra cui il titolare delle Finanze Yassin Jaber, a testimonianza di quanto il nuovo esecutivo intenda chiudere un cerchio sul fronte della stabilizzazione del Paese. Amal è la formazione a cui appartiene il presidente del Parlamento libanese Nabih Berri, negli ultimi anni unica autorità pienamente in possesso delle proprie funzioni a Beirut. Il vice inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Morgan Ortagus, alla vigilia della presentazione dell’esecutivo ha dichiarato che la presenza di Hezbollah nel governo sarebbe stata una “linea rossa” per Washington e ha chiesto esplicitamente a Salam di non includerne gli esponenti nella sua squadra. L’accoglimento della richiesta mostra la cautela con cui il nuovo governo intende muoversi nello scenario regionale in un contesto che vede il Libano reduce dalla scadenza del cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele, conclusosi negli ultimi giorni di gennaio. Beirut è inserita in un Medio Oriente che si trova ad assistere alle mosse internazionali della nuova Siria post-Assad e ad attendere col fiato sospeso il futuro della tregua a Gaza. In questo contesto di grande incertezza il nuovo esecutivo dovrà affrontare importanti sfide. Salam, ricorda la Cnn, ha dichiarato che il suo governo “darà priorità alle riforme finanziarie, alla ricostruzione e all'attuazione di una risoluzione delle Nazioni Unite considerata un pilastro della stabilità al confine tra Libano e Israele”. In quest’ottica, assieme a Washington Salam può contare sul sostegno di due attori legati al Libano come Francia e Arabia Saudita, che hanno mostrato la soddisfazione per la nascita del nuovo esecutivo e espresso apprezzamento per lo standing del premier. Alte aspettative per Salam e Aoun Il ticket formato dal cristiano maronita Aoun e dal sunnita Salam dovrà nelle prossime settimane vincere la partita fondamentale di riportare alla normalità il Libano. Attraversato dalle tensioni settarie, destabilizzato dalle crisi della regione, più volte fiaccato dal tracollo della sua economia il Paese dei Cedri aveva bisogno di stabilità. Gli equilibri politici nati dopo il cessate il fuoco di novembre, l’indebolimento di Hezbollah e il rilancio dell’attenzione internazionale alla tenuta del fragile Stato mediorientale hanno aperto una finestra d’opportunità che ora dovrà essere sfruttata. In ballo c’è il futuro stesso della statualità libanese, che dovrà esprimersi, da un lato, attraverso il rispetto della risoluzione Onu che delega a Beirut il controllo della zona al confine con Israele e impone il disarmo delle milizie e, dall’altro, tramite la ricostruzione di un’economia dipendente dall’assistenza internazionale dopo diversi default finanziari e un aumento incontrollato di inflazione e debito pubblico. La scelta dell’ex comandante dell’esercito e di un alto funzionario della corte dell’Onu, figure stimate a livello internazionale, è stata orientata proprio a rafforzare la credibilità del nuovo Libano.

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