L'incognita Trump per l'Ucraina: Ue e Uk studiano la "coalizione dei volenterosi"

“La pace arriverà attraverso la forza e dobbiamo fare tutto il possibile per sostenere la difesa dell'Ucraina": le parole del primo ministro britannico ai margini del summit con i 27 capi di Stato e governo dell’Unione Europea sulla difesa comune del Vecchio Continente tenutosi nella giornata di lunedì mostrano la volontà di Londra di cercare in Bruxelles una sponda dopo l’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump. Il vertice si è svolto alla presenza del segretario generale della Nato, Mark Rutte, che avalla da tempo l’idea di un rafforzamento del protagonismo europeo nel campo della Difesa. I Paesi europei si trovano di fronte a una duplice pressione proveniente da oltre Atlantico: da un lato, l’invito degli Stati Uniti a un maggior contributo dell’Europa nella sicurezza collettiva del campo atlantico e all’incremento delle spese militari. Dall’altro, la prospettiva che Washington possa cercare una trattativa diretta con la Russia sull’Ucraina, abbandonando il Paese invaso da Mosca tre anni fa e rendendo difficile la sua sicurezza. Per questo motivo, in una fase critica tanto per l’esercito di Volodymyr Zelensky sul campo quanto per le strategie europee, i Ventisette, riunitisi con Starmer, hanno pensato di delineare nuove strategie per veder l’Europa tutta, Regno Unito incluso, resistere all’alta marea del Trump 2.0. La soluzione proposta appare fondata su tre capisaldi: in primo luogo, una crescita dell’appoggio europeo alla volontà britannica di continuare ad appoggiare l’Ucraina indipendentemente dalla volontà di Washington. In secondo luogo, un coordinamento per una partnership più solida sulla Difesa. Infine, il rilancio massiccio delle spese militari comunitarie per appoggiare Kiev e rafforzare la capacità europea di acquisto di sistemi d’arma prodotti nel Vecchio Continente. La triplice partita dell'Europa Sul tema degli aiuti militari all’Ucraina, ad oggi è il Regno Unito a guidare la carica. “Quest'anno il nostro Paese fornirà più supporto militare all'Ucraina che mai”, ha detto Starmer a Bruxelles, aggiungendo che “dobbiamo vedere tutti gli alleati farsi avanti, in particolare in Europa”. Di recente, Starmer a Kiev ha firmato con Zelensky un patto di mutua assistenza militare dalla durata di cento anni e ha annunciato l’invio di missili e sistemi di difesa aerea per un valore complessivo di 2 miliardi di sterline . La spinta britannica ha, nelle scorse settimane, prodotto effetti anche nell’Europa continentale: la Francia di Emmanuel Macron ha annunciato che entro fine marzo saranno disponibili per Kiev i caccia Mirage e sbloccato nuovi aiuti militari per 200 milioni di euro, mentre la Germania di Olaf Scholz, che a inizio anno aveva annunciato lo stop a un maxi-piano di aiuto da 3 miliardi di euro, è pronta a rilanciare l’assistenza con la cessione di 54 obici d’artiglieria semoventi. In un contesto critico per la difesa ucraina, l’appoggio mira a riequilibrare il rapporto tra Kiev e Mosca sul campo puntellando le capacità di resistenza dell’esercito di Kiev. A ciò si aggiunge, in prospettiva, l’idea di rafforzare la cooperazione bilaterale Londra-Bruxelles oltre l’orbita atlantica e di giungere a un vero e proprio trattato di sicurezza bilaterale, espandibile a un altro Paese membro della Nato ma non dell’Ue, la Norvegia. Il Guardian ha sottolineato che stando alle informazioni disponibili dalle discussioni di lunedì il patto Londra-Bruxelles “dovrebbe riguardare la tecnologia militare, la ricerca e lo sviluppo, una migliore mobilità delle forze in tutta Europa , la protezione delle infrastrutture critiche e l’approfondimento della collaborazione industriale per aumentare la produzione”. Si tratta di proposte politiche e strategiche volte ad abituare l’Europa a fare a meno della protezione Usa, oggi ancora totalmente indispensabile. Per arrivare a ciò, l’Ue sta spingendo da tempo per rafforzare la spesa per la Difesa. Martedì, dopo il summit, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato che Bruxelles avrebbe "utilizzato l'intera gamma di flessibilità di cui disponiamo nel Patto di stabilità e crescita per consentire un aumento significativo della spesa per la difesa". Nel frattempo le 19 capitali comunitarie appartenenti alla Nato hanno scritto una lettera congiunta alla Banca Europea degli Investimenti per espandere alla difesa la proiezione dei suoi programmi. Per von der Leyen la svolta è necessaria perché “viviamo tempi straordinari”. Il dubbio sulla strategia europea Le guerre alle porte, il prosieguo del conflitto ucraino giunto al terzo anno, il rischio di un ampliamento della distanza con gli Usa, l’espansione delle minacce ibride alla sicurezza comunitaria sono indubbiamente questioni critiche per l’Ue. Ma si può quantomeno porre in evidenza un dubbio: come reagiranno le opinioni pubbliche vedendo quella flessibilità spesso negata per spesa sociale, programmi infrastrutturali e sviluppo economico concessa per la spesa militare? Le élite europee stanno davvero rispondendo nel migliore dei modi ai timori della popolazione del blocco? Davvero la scelta di riarmarsi con forza è la miglior garanzia per la tenuta dell’Europa in un mondo caotico in un contesto in cui manca una vera strategia su molti dossier, a partire dal vicino scenario ucraino? Queste domande sono legittime perché spesso il tema del riarmo europeo appare nel dibattito pubblico avulso dalle discussioni sul ruolo dell’Europa in un contesto geopolitico caotico. Lo strumento militare è uno di quelli, ma non l’unico, a disposizione di un’istituzione per proiettare la propria influenza e tutelare i propri interessi. Ma senza una chiara idea e visioni politiche di prospettiva da solo non basta. Quale sarà il ruolo dell’Europa nella sicurezza globale di domani? Questa è la madre di tutte le domande e resta, per ora, insoluta.

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