Cosa si aspettano gli ucraini dalla nuova presidenza Trump

L'Ucraina aspetta. O meglio, non sa cosa aspettarsi dalla nuova amministrazione Trump. Il neo presidente americano ha promesso la fine della guerra in 24 ore. La provocazione, lanciata in campagna elettorale, non verrà realizzata, almeno in questi termini. Ma in Ucraina sperano comunque che l'arrivo di Trump, il suo essere un uomo forte, la sua relazione con Putin, portino alla fine della guerra nel 2025. Ma ci vorrà tempo, perché la vera domanda non è se la guerra possa finire a breve ma a quali condizioni la guerra possa finire. E cioè cosa può convincere Vladimir Putin a fermarsi. L'ESERCITO RUSSO AVANZA Apparentemente, dal punto di vista russo, non sembrerebbe esserci nessun motivo per bloccare i combattimenti. Questo fa pensare che la guerra invece che finire, potrebbe continuare a oltranza, fino al raggiungimento degli obiettivi del Cremlino. L'esercito infatti, a partire dall'estate del 2024 è avanzato in Donbass ad un ritmo mai visto dall'inizio dell'invasione, conquistando città e villaggi uno dopo l'altro. E dal Cremlino nulla lascia trasparire che gli obiettivi massimalisti di Putin in Ucraina siano cambiati: rovesciamento del governo Zelensky e "denazificazione" del Paese, garanzia che Kiev non entri nella Nato, smilitarizzazione dell'Ucraina, ritiro completo dalle regioni del Donbass, di Zaporizhzhia e Kherson, già annesse dalla Russia anche se ancora solo parzialmente occupate dall'esercito di Mosca. Sono queste le condizioni poste dallo "zar" lo scorso giugno e tali sono finora rimaste. COSA PUò CONVICERE PUTIN Come farà dunque Donald Trump, da cui l'Ucraina e il mondo si aspettano che faccia sedere Putin al tavolo delle trattative, a portare la pace che ha promesso? SANZIONI E CRISI ECONOMICA Gli unici segnali che sembrerebbero poter convincere la Russia a trattare sono economici. La produzione del grano è crollata del 20% in due anni facendo schizzare l'inflazione su alcuni alimenti di base ad oltre il 50%. Le ultime sanzioni imposte da Biden colpiscono i tentativi di aggirare il blocco all'esportazione di petrolio russo, mentre il blocco al passaggio del gas russo attraverso l'Ucraina costerà comunque caro a Mosca in un quadro in cui le vendite di gas sono già dimezzate dal 2022. E Gazprom ha appena annunciato il licenziamento del 40% dei suoi dipendenti della sede centrale di San Pietroburgo. Inasprire le sanzioni potrebbe essere dunque una delle strategie di Trump per convincere Putin a trattare la fine del conflitto. MOLTEPLICI SCENARI Sulle condizioni di una eventuale pace gli scenari sono molteplici, e quasi tutti sono negativi per l'Ucraina che continua a chiedere di avere una pace giusta. Cosa significhi è difficile da decifrare. PERDITA DI TERRITORIO Anche se mai in maniera esplicita e definitiva negli ultimi mesi anche il presidente Zelensky si è detto disponibile ad un cessate il fuoco anche a costo di non tornare ai confini del 1991. Lasciando dunque alla Russia il 20% circa di territorio che ora occupa, con la Crimea, il Donbass e gran parte delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson. Dopo il fallimento della controffensiva ucraina del 2023 le speranze di riprendere i territori con mezzi militari sembrano pressoché nulle e questo Trump lo sa molto bene. L'ADESIONE ALLA NATO La parte più difficile da gestire in un eventuale accordo di pace è la futura collocazione dell'Ucraina. Che ha più volte richiesto l'adesione alla Nato, senza mai ricevere però l'invito necessario anche per l'opposizione di molti stati membri. E comunque non è pensabile che Putin accetti alcuna formula di pace che includa l'adesione di Kiev alla Nato anche in un lontano futuro. BUFFER ZONE? Come fare a mantenere il cessate il fuoco e a garantire l'Ucraina dai possibili futuri attacchi russi è una questione tutt'altro che secondaria e altrettanto difficile da risolvere. Se Trump dovesse accordarsi per una forza di intermediazione, per una buffer zone demilitarizzata, sembra certo che a mettere i "boots on the ground" dovranno essere soldati europei. Non certo gli americani. Ma per ora solo il presidente francese Macron, nei mesi scorsi, ha accennato a questa possibilità. LA POSSIBILE RESA Tra i peggiori scenari per l'Ucraina c'è però anche quello che la mediazione di Trump porti ad una pace che assomigli ad una sconfitta, cioè venendo incontro a tutte le richieste di Putin. A partire dall'imposizione del bilinguismo per finire con un governo favorevole a Mosca che intervenga sulla costituzione e sostanzialmente mini la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina riportandola sotto la sfera di influenza russa. LA DIPENDENZA DAGLI AIUTI Anche perché l'Ucraina ormai dipende in maniera vitale dagli aiuti economici degli alleati occidentali e da quelli militari americani. Per il momento gli ultimi pacchetti approvati dall'amministrazione Biden garantiscono che le armi a Kiev arrivino ancora per qualche mese. Non di più. A KIEV MANCANO I SOLDATI Ma anche con gli aiuti e le armi occidentali comunque l'esercito ucraino è in difficoltà per una cronica mancanza di uomini al fronte. Le armi possono pure continuare ad arrivare, anche se con Trump non è detto che lo faranno, il neopresidente ha invece più volte minacciato di interromperli, ma i soldati non si sostituiscono, e senza soldati è impossibile resistere anche con le tecnologie più avanzate. IL RUOLO DELLA NATO E GLI AIUTI MILITARI Trump si è più volte espresso contro la Nato, accusando gli alleati di contribuire troppo poco alle spese militari dell'alleanza, e comunque dopo l'invasione russa i paesi europei si stanno rendendo conto della necessità di aumentare le spese della difesa per tutelare la propria sicurezza. Allo stato attuale i Paesi europei sembrano aver dato, in aiuti militari a Kiev, quasi tutto quello che potevano dare. Non sembra esserci più molto margine a meno di non voler aumentare la produzione. L'EUROPA È DIVISA In tutto questo l'Europa è più divisa che mai. E in corrispondenza con l'arrivo di Trump i movimenti anti-ucraini sembrano in crescita. Se Francia, Italia e Germania rimangono salde nel loro appoggio a Kiev, la Polonia e i Paesi baltici, con un passato di dominazione sovietica, non sembrano avere dubbi sulla priorità di aiutare l'Ucraina e perfino di farla entrare nella Nato. Di tutt'altro avviso sono invece l'Ungheria di Orban e la Slovacchia di Fico, i cui leader hanno anche incontrato Putin, ma anche la Croazia del presidente Milanovic, contrario agli aiuti armati all'Ucraina o l'estrema destra filorussa che ha vinto in Austria. In Romania, paese fondamentale per il transito delle armi a Kiev visto il lungo confine, al primo turno delle presidenziali aveva vinto il candidato filorusso Georgescu, che aveva promesso l'interruzione di tutte le forniture di armi all'Ucraina. Poi le elezioni sono state annullate per il sospetto di interferenze russe. Ma insomma anche se Francia, Italia e Germania restano saldamente accanto a Zelensky l'Europa è quantomeno divisa. Non così la Gran Bretagna che ha invece appena firmato un accordo di partenariato con l'Ucraina della durata di 100 anni. L'ARRIVO DI TRUMP In questo scenario arriva Donald Trump con la sua carica di imprevedibilità. I più ottimisti a Kiev sperano che il suo piglio deciso imprima una svolta che faccia finire rapidamente la guerra. I pessimisti temono che interrompa gli aiuti e costringa l'Ucraina ad accettare tutte le condizioni imposte dalla Russia. I realisti pensano che comunque Trump non farà mancare il sostegno a Kiev, facendo però pressioni per arrivare in tempi stretti almeno ad un cessate il fuoco. Uno scenario in cui si aprono tutti i dubbi sulla gestione del dopoguerra. L'esperienza degli accordi di Minsk seguiti alla guerra del Donbass insegna che bisogna stare attenti ad ogni singola parola quando si scrive un accordo. Ricordando sempre il vecchio detto che un compromesso è un buon accordo solo quando entrambe le parti sentono di averci perso qualcosa.

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