Gaza chiama Libano: il cessate il fuoco verso la scadenza

Mentre a Doha le trattative per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas a Gaza sono sul rettilineo finale, al netto delle schermaglie tra il governo di Benjamin Netanyahu e i militanti sul rilascio degli ostaggi ancora nella Striscia, c’è un altro cessate il fuoco già in vigore in Medio Oriente che si avvicina pericolosamente alla scadenza: quello in Libano. La concretizzazione di una tregua nella Striscia consoliderà la tenuta della pace nel Paese dei Cedri? A sperarlo sono in molti e benauguranti sono anche gli sviluppi garantiti dalla normalizzazione del quadro istituzionale libanese negli ultimi giorni. Nell’ultima settimana, dopo due anni di stallo il parlamento del Libano ha eletto un nuovo presidente, il cristiano maronita Joseph Aoun e questi ha nominato a sua volta il nuovo primo ministro Nawaf Salam. La nuova leadership cercherà di fornire le garanzie necessarie per prossima fase dell’accordo con lo Stato ebraico: la smilitarizzazione delle aree di confine e il controllo del suo esercito sulle zone cuscinetto che dividono i due Stati. Le nuove istituzioni libanesi sono una svolta rassicurante Il parlamento libanese ha voluto dare un primo segnale eleggendo alla presidenza Aoun, generale e comandante delle forze armate nazionali apprezzato dagli attori internazionali per la sua gestione delle crisi riguardanti il Libano negli ultimi otto anni. Aoun è molto attento al ridimensionamento del peso di Hezbollah e, come ricordato dal Washington Institute, nelle fasi finali del suo mandato da comandante in capo ha supervisionato all’applicazione degli accordi di cessate il fuoco prendendo possesso di molte aree del Sud del Libano da cui Israele e Hezbollah si stavano ritirando. La sua elezione alla presidenza è pensata proprio per dare rassicurazioni in tal senso: “Nei settori occidentale e centrale, le Forze Armate Libanesi si sono schierate con successo dopo il ritiro di Israele. Il settore orientale, che domina le pianure di Houla e Galilea, rimane una delle principali preoccupazioni per la sicurezza”, nota Il Washington Institute. L'equilibrismo del Libano L’attenzione al quadrante sud del paese va di pari passo con la ricostruzione di un’amministrazione efficiente all’interno. La scelta del navigato Salam, ex presidente della Corte Internazionale di Giustizia, come premier da parte del Parlamento è un’ulteriore indicazione in tal senso. In quest’ottica, qualora il cessate il fuoco a Gaza si concretizzasse ed entrasse in vigore, si fornirebbe un assist per la durata oltre il termine del 26 gennaio della tregua tra Israele e Hezbollah, dato che sarebbe difficilmente sostenibile per le potenze attive nel contesto mediorientale, a partire da Tel Aviv, governare la tregua nella Striscia di fronte a una riaccensione della crisi libanese. Per le nuove autorità di Beirut, la speranza è che il ritorno alla normalità politica prepari quello a una reale stabilità istituzionale e sociale. Il Soufan Center ricorda che “gli esperti considerano il completamento con successo del periodo di implementazione iniziale di 60 giorni un prerequisito affinché i leader regionali e internazionali, come quelli degli stati arabi del Golfo, forniscano assistenza alla ricostruzione del Libano”, Paese che “anche prima dell'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 che ha scatenato le ostilità tra Israele e Hezbollah soffriva di anni di declino economico e non aveva le risorse per riprendersi”. Ad oggi sia sul fronte di Hezbollah, estremamente indebolito, che su quello di Israele, dove i falchi più oltranzisti sembrano messi all’angolo dalla trattativa su Gaza, la prospettiva di un rilancio delle ostilità appare remoto. Ma prima di poter sperare in una prospettiva più ampia per la stabilità del Paese dei Cedri bisognerà attendere il completamento del ritiro israeliano, il pieno dispiegamento delle forze armate regolari nel Sud e l’accettazione da parte di Hezbollah dei termini del cessate il fuoco. I venti favorevoli che soffiano per la pace nella regione non devono far abbassare la cautela in uno Stato che, dopo anni di caos, spera finalmente nel ritorno alla normalità.

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