A un mese dall'autogolpe di Yoon, la Corea del Sud è nel caos

La crisi politica in Corea del Sud non accenna a diminuire di intensità a un mese dal fallito tentativo di imporre la legge marziale da parte del presidente Yoon Suk Yeol. Gli ultimi giorni del 2024 e l’inizio del 2025 hanno infatti portato sviluppi tanto sul fronte politico quanto su quello giudiziario connesso alle vicissitudini personali di Yoon. Il 31 dicembre è stato emesso un mandato ufficiale d’arresto contro Yoon da parte della procura di Seul. Secondo Oh Dong-woon, capo dell'Ufficio investigativo sulla corruzione per gli alti funzionari del ministero della Giustizia, Yoon è processabile per via giudiziaria anche prima della conclusione dell’iter alla Corte Costituzionale. Parlando alla stampa, Oh ha dichiarato che il mandato deve essere eseguito “entro il periodo di validità”, che scade lunedì 6 gennaio. Se Yoon sarà arrestato per le accuse di attentato alla Costituzione e tradimento su cui la procura indaga, diverrà il primo presidente in carica ad essere incarcerato. In carcere è già Kim Yong-hyun, ex ministro della Difesa primo sostenitore del tentativo di imposizione della legge marziale che l’11 dicembre scorso ha tentato il suicidio in cella a Seul. Dalla partita giudiziaria a quella politica La procura insiste sulla volontà di arrestare Yoon sottolineando che a causa dell’approvazione della procedura d’impeachment nei suoi confronti, avvenuta il 14 dicembre, non è più coperto dall’immunità presidenziale. Ad oggi, infatti, il capo di Stato è sospeso dai suoi compiti dopo che l’Assemblea Nazionale ha approvato la messa in stato d’accusa per sedizione e tentata eversione dell’ordine democratico che, se confermata dalla Corte Costituzionale nei prossimi sei mesi, porterà alla sua rimozione dall’incarico e alla convocazione di nuove elezioni presidenziali entro sessanta giorni dal verdetto. Fino a pochi giorni fa, la Corte Costituzionale, per legge costituita da nove membri, era però priva di tre dei suoi componenti, la cui nomina si era arenata negli ultimi mesi per il braccio di ferro tra il conservatore Yoon e il Partito Democratico di Corea, formazione di opposizione che aveva vinto le elezioni parlamentari ad aprile. Non solo Yoon: impeachment anche per il facente funzioni Il rifiuto di procedere a tali nomine, fondamentale per far avanzare la discussione sulla rimozione di Yoon, da parte del presidente ad interim Han Duck-soo ha portato a un nuovo stravolgimento politico a Seul. Han, economista 75enne non affiliato ad alcun partito, è stato fino al 14 dicembre, giorno dell’impeachment di Yoon, primo ministro della Corea del Sud. La messa in stato d’accusa del capo di Stato l’ha promosso al ruolo di presidente facente funzioni, ma nei primi giorni di mandato ha imposto una serie di veti alle proposte di legge del Partito Democratico, comprese diverse manovre di stabilizzazione dell’economia, e ha alzato un muro alle richieste di nominare dei giudici costituzionali. Il risultato è stato un secondo impeachment, questa volta rivolto a Han, approvata il 27 dicembre. Choi Sang-mok, presidente ad interim di una Corea del Sud fragile La Corea del Sud ha dunque oggi nel ruolo di presidente ad interim la terza personalità in poche settimane: Choi Sang-mok, vicepremier e ministro delle Finanze nel governo di Han nominato da Yoon, a lungo fautore delle strategie di liberalizzazione dell’economia promosse dal capo di Stato sotto accusa. Il 61enne Choi, economista di stampo conservatore, è stato un sostenitore della prima ora del presidente, ma la sua presa di posizione come aspro critico della volontà di imporre la legge marziale nella giornata del 3 dicembre lo ha reso una figura stimata anche fuori dal perimetro del Partito del Potere del Popolo del capo di Stato. Nel contesto di una presidenza subito funestata dal disastro aereo di Jeju, che ha assorbito tutte le sue energie nei primi giorni di mandato, Choi nella giornata del 31 dicembre, ha mantenuto la promessa espressa al momento dell’insediamento nominando due dei tre giudici costituzionali vacanti nelle figure di Jeong Gye-seon e Cho Han-chang, entrambi approvati dall’Assemblea Nazionale in forma bipartisan. Ora la richiesta di Choi è di un terzo giudice sostenuto dal Partito Democratico e dal Ppp in contemporanea per colmare l’ultimo vuoto rimasto e dare alla Corte l’assetto definitivo per permetterle di giudicare il caso di Yoon.

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