ll corpo della specializzanda, 31 anni, è stato ritrovato nell'ospedale universitario R G Kar di Calcutta, la capitale del Bengala occidentale, dove stava facendo un turno di notte. Proteste in tutto il Paese: i medici indiani chiedono giustizia per la collega e più sicurezza e tutele negli ospedali, dove le aggressioni sono all'ordine del giorno
L'India è di nuovo sotto choc per l'ennesima giovane donna massacrata e uccisa con evidenti segni di violenza sessuale. E i medici degli ospedali pubblici di tutto il Paese hanno proclamato uno sciopero a tempo indeterminato per manifestare contro lo stupro e l'uccisione della collega 31enne. Il suo corpo è stato ritrovato nell'ospedale universitario R G Kar di Calcutta, la capitale del Bengala occidentale, dove la dottoressa stava facendo un turno di notte mentre lavorava come specializzanda. Dopo l'arresto di un agente di sorveglianza che prestava servizio presso la stessa struttura sanitaria, gli studenti di medicina e i colleghi della vittima hanno avviato manifestazioni per chiedere giustizia e maggiore sicurezza sul posto di lavoro, proteste che si sono rapidamente diffuse in vari altri Stati.
Quarto giorno di proteste
"Vi prometto che la polizia incriminerà presto il o i colpevoli; so che sono state raccolte informazioni rilevanti. E se la polizia dello stato non riuscirà a trovare le prove necessarie entro poche ore, prometto che passerò il caso alla CBI, il corpo investigativo del governo": è l'impegno, preso ieri dalla governatrice del Bengala Occidentale Mamata Banerjee nell'incontro con i familiari della dottoressa, che però non è bastato a fermare proteste e scioperi. Medici ospedalieri, studenti, specializzandi hanno incrociato le braccia per il quarto giorno consecutivo.
Il tentativo di coprire i colpevoli
Ma nelle strade in queste ore non c'è solo la richiesta di giustizia: i medici abbinano all'indignazione la rabbia per il tentativo di coprire i colpevoli e aggiungono la richiesta di tutele e sicurezza negli ospedali. A fare da scintilla per le loro prime proteste è stato il tentativo di nascondere la verità da parte della direzione dell'ospedale: a dispetto dell'agghiacciante, evidente violenza subita dalla vittima, la prima versione sull'incidente ha parlato di suicidio. Non solo: il direttore dell'ospedale si è spinto a criticare la dottoressa, che "non avrebbe dovuto avventurarsi da sola, nel corso della notte, in un reparto isolato poco frequentato". Mentre, quell'ultima sera, la specializzanda, secondo il racconto delle colleghe, conclusa una telefonata con una amica, al termine di un breve intervallo, si era diretta al reparto di pneumologia, dove è stata ritrovata l'indomani, perché lì doveva coprire il suo turno, un turno di 36 ore.
La richiesta di telecamere di sorveglianza
I medici di tutto il Paese si sono mobilitati chiedendo l'installazione di videocamere che li proteggano sui luoghi di lavoro: all'indignazione per la violenza sessuale si è aggiunta infatti la denuncia per le condizioni di lavoro negli ospedali, ormai intollerabili, con i medici che affermano di essere spesso oggetto di aggressioni da parte dei familiari dei pazienti. "Veniamo assaliti quotidianamente in corsia" denuncia la Federazione dei medici ospedalieri. E l'Indian Medical Association, dopo avere confermato che il 75% degli ospedalieri indiani ha affrontato almeno un'aggressione, ha dato il suo appoggio ufficiale alle proteste.