Come continua la lotta delle donne afghane: il fenomeno dei giornali indipendenti

Mondo
Ludovica Passeri

Ludovica Passeri

Sempre più reporter fuggite dal Paese fondano giornali indipendenti per tenere alta l'attenzione sulle violazioni dei diritti e sull'esclusione delle donne dalla vita civile. Abbiamo parlato con la fondatrice di "The Afghan Times", una delle testate che continua dall'estero a esercitare il diritto di cronaca e a denunciare la segregazione di genere

ascolta articolo

Salma Niazi è nata in un villaggio nella provincia di Laghman in Afghanistan 23 anni fa. Nascere nel 2001 significa avere vissuto la propria infanzia e giovinezza in un Paese in guerra. Una quotidianità di conflitto e violenza che l’ha spinta verso il giornalismo. Nel 2021, dopo il ritiro degli Stati Uniti e delle forze Nato, i talebani sono tornati al potere e Salma come migliaia di afghani è stata costretta a fuggire. Prima in Pakistan, poi in Irlanda, dove è stata accolta con lo status di rifugiata. Il suo impegno giornalistico però non si è interrotto. E, esattamente un anno dopo la presa di Kabul, ha fondato insieme a suo marito Saeedullah Safi, “The Afghan Times”, una testata che punta ad amplificare le voci delle donne afghane e a denunciare le discriminazioni che subiscono. 

 

Una giornalista nell'Afghanistan dei talebani

“È stato difficile per me fare la giornalista. Sono stata costretta a lavorare segretamente. Ascoltavano la mia voce alla radio e poi lo riferivano a mia madre, come se avessi fatto qualcosa di negativo. Nel nostro villaggio era considerato inopportuno trasmettere la voce di una ragazza, ma io ho lottato e ho continuato. Lo scopo principale della mia vita è far capire alle famiglie afghane che devono dare opportunità alle loro figlie, educarle e permettere loro di lavorare". I sogni di Salma sono stati bruscamente interrotti nel 2021: "Avevo anche iniziato a studiare all’università - racconta - in una piccola città lontana dal mio villaggio, ma, dopo che i Talebani hanno preso il potere, l’ateneo è stato chiuso e sono dovuta scappare. Ho lasciato il mio Paese il 2 febbraio 2022”. La scelta di fuggire è stata particolarmente sofferta, perché Salma non voleva abbandonare la sua gente. “Ho sentito la necessità di esercitare la professione anche all’estero per tenere alta l’attenzione sull’Afghanistan”, afferma.  La piattaforma nata pochi mesi dopo l’esilio vuole essere uno strumento utile per continuare a mantenere alto l’interesse sulle donne afghane: un luogo di sensibilizzazione e presa di coscienza per chi è rimasto nel Paese: “L’accesso a internet non è ancora vietato: possono leggerci”, sottolinea. “In Afghanistan le donne sono rappresentate come il sesso debole, confinate in ruoli domestici, ma la realtà è ben diversa. Le donne afghane sono resilienti e talentuose, ma le loro capacità sono represse e silenziate. Attraverso il nostro progetto, mi sforzo di dare potere alle donne, illuminando i loro diritti e promuovendo una cultura dell’uguaglianza di genere, a ogni livello della società”.

L'invisibilizzazione delle donne

In Afghanistan la presenza femminile è stata ridotta ai minimi termini all’interno delle redazioni. Molte reporter sono state costrette a fare un passo indietro, perché gli spostamenti delle donne sono disincentivati, se non vietati. Impossibile condurre inchieste e seguire la cronaca, senza la libertà di movimento. La censura si abbatte sul dissenso e sulle voci libere. L’assenza di giornaliste rende ancora più difficile il racconto della condizione femminile in Afghanistan. A questo si aggiungono il divieto di studio per le ragazze sopra i 12 anni e l’esclusione dall’istruzione universitaria che rappresentano un’ipoteca sulla futura generazione di giornaliste. Per scongiurare il rischio di una totale invisibilizzazione, ha preso piede il fenomeno dei giornali indipendenti che raccontano la vita delle donne afghane dall’estero, come “The Afghan Times”.


Come lavora un giornale indipendente

A livello logistico, gestire una testata come questa è complesso. “Sono in contatto con le donne e i miei colleghi in Afghanistan. Lavoro con due giornaliste di Kabul, che mi inviano informazioni. Io e mio marito pubblichiamo su “The Afghan Times” i loro contributi anonimi. Queste donne coraggiose continuano il loro lavoro in segreto. L’IUF Asia Pacific sostiene entrambe le giornaliste come stagiste. A parte questo, non abbiamo alcun supporto. Ci sono anche altre giornaliste volontarie che collaborano con noi, ma stiamo cercando una soluzione per retribuire anche loro. Sono poi rimasta in contatto con altre afghane che sono dislocate su tutto il territorio. Anche loro condividono i nostri obiettivi”, spiega.

 

Raccontare le donne dei villaggi periferici

“Tutti sono consapevoli della situazione generale in Afghanistan e sanno anche che ci sono molte restrizioni nei confronti delle donne, ma quello che forse non viene raccontato sono le difficoltà della vita delle donne nei villaggi e nei distretti più periferici. Le donne nei villaggi non hanno accesso a cibo e acqua sufficienti per ogni giorno. Non possono rivolgersi ai medici e alla sanità. Proprio nelle ultime settimane, alla vigilia della  Giornata mondiale dell'igiene mestruale, "The Afghan Times" ha diffuso un approfondimento dal titolo “Le donne nelle province alluvionate non si sentono in grado di parlare di ciclo mestruale e di prodotti sanitari”. Nell’articolo si mette in luce la difficile situazione che affligge gli abitanti delle zone colpite dalla calamità che si è abbattuta negli ultimi mesi sul Paese, difficoltà raddoppiate per le donne. "I media dovrebbero coprire la vita delle donne che non hanno accesso all’acqua pulita, al cibo, ai medici, agli ospedali e ad altre strutture di base”. Ma nel racconto di "The Afghan Times" ci sono anche tante testimonianze di resistenza: dalle scuole autorganizzate che nascono spontaneamente per dare un'opportunità di istruzione alle ragazze - sono un milione secondo Unicef quelle a cui è stato impedito di studiare - ai corsi di sartoria offerti alle vedove, alle disoccupate, alle giovani che hanno dovuto rinunciare ai loro sogni professionali e che con il taglio e cucito trovano un'opportunità di sopravvivenza ma anche un modo per distrarsi e trovare sollievo psicologico.

 

approfondimento

Afghanistan, le ragazze non vanno a scuola da 1000 giorni

Mondo: I più letti