Generazione Europa, la prima legge al mondo sull’IA

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Ludovica Rossi

Ludovica Rossi

L’AI Act, la prima legge al mondo sull’intelligenza artificiale approvata dal Consiglio europeo, è al centro del dibattito di Generazione Europa. Un passo importante per la tutela dei cittadini, ma al tempo stesso un limite per l’innovazione tecnologica? Risponde Brando Benifei, relatore della legge all’Europarlamento. Conducono Renato Coen e Roberto Tallei.

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Il 2 febbraio scorso il Consiglio europeo ha approvato all’unanimità l’AI Act, la prima legge al mondo che regola l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. La normativa, che mira a trovare un giusto compromesso tra innovazione e tutela degli individui, fa dell’Europa la leader globale nella regolamentazione di questa nuova tecnologia.

 

 

Cosa prevede l’AI Act

Il testo è redatto secondo un approccio basato su quattro livelli di rischio, in un crescendo che va da quelli minimi, come videogiochi o filtri antispam, a quelli ritenuti invece inaccettabili e quindi vietati.

“Abbiamo proibito alcuni usi che riteniamo troppo pericolosi, come quelli che riguardano il controllo sociale, lo spionaggio, la sorveglianza”, spiega Brando Benifei, capodelegazione del PD al Parlamento europeo e relatore della legge.

Il prossimo step verso l’approvazione definitiva sarà alla fine di aprile, con il voto del Parlamento europeo e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale: da quel momento ci vorrebbero ancora due anni perché il regolamento diventi esecutivo del tutto. Tuttavia alcuni divieti, data l’elevata soglia di rischio, saranno pienamente in vigore dopo sei mesi dall’approvazione della legge. Tra questi l’uso delle telecamere a riconoscimento facciale negli spazi pubblici, se non per casistiche precise di ricerca di criminali, e il riconoscimento emozionale dei lavoratori. “Un datore di lavoro potrebbe servirsene, per esempio, per scoprire l’opinione che i dipendenti hanno di lui: riteniamo che questo non rispetti la dignità del lavoro in Europa”, prosegue Benifei. Un altro tema delicato è poi quello della polizia predittiva, che sfrutta gli algoritmi per prevedere le probabilità con cui può essere commesso un reato, da chi e dove. “L’intelligenza artificiale può contribuire a migliorare la ricerca sul crimine in generale, ma siamo contrari all’idea che possa indovinare chi singolarmente commetterà un crimine: è contro il principio della presunzione di innocenza e dello stato di diritto”. 

Europa vs Stati Uniti

Per l’eurodeputato questa legge rappresenta un “passo decisivo, frutto di un intenso lavoro di cucitura di più punti di vista”, raggiunto con il voto positivo non solo delle forze progressiste, ma anche della Lega e del Partito Popolare Europeo – contrario invece l’ECR, il Partito dei conservatori guidato da Giorgia Meloni. “Prima di tutto la trasparenza: più conoscenza avremo di questi sistemi e meglio sarà”. Una battaglia in cui l’Europa detiene un primato mondiale: negli Stati Uniti non esiste infatti una legge federale approvata dal Congresso per regolamentare l’IA. Gli unici riferimenti normativi in materia si limitano all’iniziativa legislativa individuale di una ventina di Stati membri e ad un ordine esecutivo rilasciato lo scorso anno dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden che stabilisce una serie di principi-guida.

L’IA in campagna elettorale

L’esistenza di una normativa sull’impiego dell’IA diventa più urgente in vista delle elezioni europee che si terranno nel mese di giugno. Sebbene il contenuto dell’AI Act non sarà ancora in vigore al momento del prossimo appuntamento alle urne, Benifei sostiene “un processo di spinta, per anticipare, almeno in forma volontaria, alcuni effetti delle regole. Un esempio è il cosiddetto watermarking, un bollino invisibile che verrà letto da computer, smartphone e televisioni, garantendo la riconoscibilità dei contenuti prodotti da IA. Vogliamo che i principi siano il più possibile operativi quando si tratta di disinformazione e impatto sulle elezioni”. 

Sviluppatori e autori

Tra i punti della normativa vi è anche quello sui diritti d’autore, che mira a rendere riconoscibili i contenuti utilizzati a tutela degli artisti. “Anche in Italia i detentori dei diritti si sono espressi a favore del testo raggiunto e molti di loro stanno trovando accordi con i programmatori. Fino ad oggi spesso molte realtà di intelligenza artificiale generativa hanno preso tutto, senza pagare nulla a chi quei materiali li ha generati. L’obiettivo è invece quello di riequilibrare il potere tra sviluppatori e lavoro creativo, che deve essere riconosciuto nel suo valore”.

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