Iran, insegnanti e studenti disertano le lezioni contro la repressione

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Le manifestazioni per la morte di Mahsa Amini non accennano a fermarsi. Ora è il turno delle scuole e delle università. Uno sciopero è stato convocato da un'associazione di insegnanti per condannare la violenza di Stato. Sono tanti gli studenti che rifiutano di partecipare alle lezioni

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12 giorni di lotta, 3mila arrestati, più di 70 persone uccise negli scontri: questo è il bilancio della repressione che si è abbattuta contro le manifestazioni per Mahsa Amini, la ventiduenne morta perché indossava male il velo. La protesta ora ha raggiunto le aule scolastiche: gli studenti hanno cominciato a disertare le lezioni assieme molti insegnanti che puntano il dito contro il governo.

Gli scioperi di studenti e insegnati

Tra le vittime della morsa poliziesca ci sono molti giovani in formazione. Per questo il Consiglio che coordina le associazioni culturali degli insegnanti, una delle principali organizzazioni del Paese, ha invitato gli studenti e i professori a non varcare gli ingressi di scuole e università nelle giornate di lunedì e mercoledì. L’appello è stato rivolto ai docenti di ogni ordine e grado, che siano in carriera o in pensione, e ad altre categorie professionali per mettere in campo una battaglia congiunta.

La denuncia

L’iniziativa è stata promossa domenica scorsa sull’onda dell’indignazione per il bagno di sangue e la catena di arresti. A motivare un gesto così forte e simbolico è anche l’uso che la forza pubblica sta facendo degli edifici scolastici. IranWire riporta dei passaggi della dichiarazione: “Tante (scuole) sono state trasformate in basi militari per reprimere i manifestanti. Molti dei giovani arrestati – insiste il consiglio - sono studenti di liceo che non hanno ancora conosciuto l’università ma sono già passati per l’esperienza dell’isolamento in prigione”. L’obiettivo è quello di indurre il governo a deporre le armi, ma non solo. L'unione dei docenti ritiene che il messaggio che arriva dalle piazze non possa essere ignorato dalle autorità: si tratta di donne coraggiose che chiedono “diritti naturali”. Il coordinamento mette sotto accusa la narrazione delle autorità e l’assenza di scrupoli: “L’apparato repressivo del governo, il cui sistema mediatico e la propaganda sono orientati a dimostrare che Mahsa Amini è morta di morte naturale, non ha paura di cadere nella contraddizione di uccidere innocenti nelle strade”.

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