Il Santo Padre tende la mano al cardinale travolto dagli scandali finanziari
Qualcuno tende a minimizzarlo altri lo definiscono clamoroso. Ma forse, più semplicemente, il gesto di Papa Bergoglio di celebrare la solenne Messa in Coena Domini, quella che nel Giovedì Santo apre le celebrazioni del triduo di Pasqua, a casa del cardinale Angelo Maria Becciu testimonia il rapporto di cordiale amicizia che lo lega al cardinale mesi fa travolto da un’inchiesta che portò il Papa a chiederne le dimissioni.
Una decisione senza precedenti
Un colpo durissimo quasi senza precedenti che colse tutti di sorpresa ma che trovava la sua origine nell’inchiesta vaticana che aveva messo in luce investimenti milionari da parte della Segreteria di Stato negli anni in cui Becciu ne era Sostituto e quindi con la capacità di gestire i fondi riservati. Seguirono settimane difficilissime per il cardinale che bollò la vicenda come un “grande fraintendimento” qualcuno all’epoca dei fatti parlò addirittura di “complotto”.
Una corte inglese dispone il dissequestro dei beni di Torzi
Restando in ambito giudiziario è di qualche giorno fa la sentenza di una corte inglese che si è espressa sulla delicata vicenda del prestigioso immobile situato nel cuore di Londra che il Vaticano comprò per 350 milioni. I giudici d’oltre Manica hanno disposto l’immediato dissequestro dei beni dell’immobiliarista Gianluigi Torzi, destinatario, lo scorso dicembre, di una rogatoria internazionale firmata da Alessandro Diddi. Alla base della richiesta della Pubblica accusa della Santa Sede una commissione da 15 milioni incassata dall’immobiliarista molisano in occasione della vendita dell’immobile che, per la giustizia del Vaticano, altro non era che una tangente. Un’accusa molto pesante che per giunta spalancò a Torzi le porte del carcere. Nel merito la giustizia inglese ha ritenuto la rogataria “malamente erronea” e, come se non bastasse, arricchita di gravi omissioni. Su tutte una perizia immobiliare che nel 2017 faceva lievitare il valore del bene a 275 milioni grazie ad alcune concessioni edilizie maturate in seguito all’acquisto quando il valore era di “soli” 129 milioni.
L'affare, i mediatori, le commissioni
In breve i fatti. La Santa Sede compra il 45% dell’immobile attraverso il fondo Athena gestito dalla WRM di Raffaele Mincione che ne ha la maggioranza. L’investimento prevede che 80 milioni vadano nell’immobile ed altri 65 in attività presenti nel fondo. Nel 2018 il Vaticano decide di chiudere i rapporti con Mincione e comprare l’intero immobile. Per farlo usano la società lussemburghese Gutt gestita da Torzi che chiede 15 milioni di commissione. È in questo momento che, secondo l’accusa, Torzi “truffa” il Vaticano lasciandolo con azioni senza diritto di voto e di fatto continuando a gestire l’immobile. Ma ecco la sentenza dello scorso 10 marzo ma pubblicata solo qualche giorno fa: nessun raggiro. Inoltre secondo i giudici inglesi l’operazione venne portata a termine con numerose sponde all’interno della Santa Sede. La pronuncia mette quindi in dubbio alcune delle accuse avanzate dai magistrati vaticani secondo i quali Torzi insieme al finanziere italiano Raffaele Mincione, a Monsignor Perlasca e a un alto dirigente della Santa Sede non complottarono ai danni del Vaticano. E c’è chi sostiene che adesso la Santa Sede rischi un pericoloso effetto domino con altre cause milionarie che potrebbero trovare il terreno spianato da questa sentenza. In primis quelle avanzate da Raffaele Mincione che, travolto all’epoca dallo scandalo, non ha intenzione di fare sconti e pretende piena luce su tutta la vicenda.