Ecco cosa può ancora accadere nel passaggio di potere tra Trump e Biden e le motivazioni e gli obiettivi che guidano il presidente uscente nella sua contestazione del risultato delle presidenziali ad ogni costo
Nella famigerata discussione telefonica tra Donald Trump e il Segretario di Stato della Georgia c’è un passaggio particolarmente eloquente. "Non dia retta ai social media", suggerisce al presidente il suo interlocutore. La risposta è chiara: non si tratta dei Social Media, ma dei Trump Media. Il nodo della questione, in fondo, è questo. Il trumpismo non è più una semplice corrente all’interno del partito repubblicano, è qualcosa di diverso e di autonomo: non tutti i repubblicani sono con Trump e non tutti i trumpisti sono propriamente repubblicani. I Trump Media creano una versione alternativa della realtà: chi non la accetta è necessariamente un avversario, o con noi o contro di noi. È la dottrina del tutto o niente. Cadendo, il presidente si aggrappa alle istituzioni e le trascina giù con sé. Se Sansone muore, devono morire anche i filistei. La situazione suscita domande ovvie. Cerchiamo di rispondere.
Cosa può fare Trump?
Concretamente nulla: tra un paio di settimane Biden sarà il presidente. Trump può avvelenare il clima, però, e lo sta già facendo. Tutti i passaggi formali della transizione sono saltati, il presidente continua a lamentare frodi già ampiamente smentite, si circonda di collaboratori più realisti del re e considera l’istituzione della legge marziale un’eventualità da non escludere.
Cosa ci aspetta, ora?
Il ballottaggio in Georgia. Si vota oggi per due seggi che decideranno chi controllerà il Senato, poi - domani - ci sarà la seduta del Congresso per ratificare la vittoria di Biden. Una dozzina di repubblicani si opporrà, sperando di trovare sponda nel vicepresidente Pence. L’iniziativa è velleitaria, ma allora perché?
Perché Trump insiste?
I motivi sono almeno tre. Il primo, i soldi: per i trumpisti è come se la campagna elettorale fosse ancora in corso, dunque merita di essere finanziata. Decine di milioni di dollari sono stati versati dopo il voto per sostenere la battaglia legale del presidente.
Il secondo: oltre settanta milioni di americani hanno votato per Trump e gli credono, un capitale elettorale che i repubblicani non possono permettersi di dilapidare, soprattutto in vista delle prossime presidenziali, nel 2024.
Il terzo, l’elemento psicologico. Con Trump non va mai sottovalutato. Per il presidente, che in passato ha faticato a considerare eroi persino i soldati americani uccisi o catturati in missione, la sconfitta, seppur onorevole, non è mai un’opzione.
L’America è con lui?
Solo una parte, una parte non maggioritaria ma neppure irrisoria come si potrebbe pensare guardando le cose dall’Italia. Quest’America scenderà in piazza, ancora una volta, nel giorno in cui il Congresso certificherà la vittoria democratica. A Washington le autorità hanno arrestato Enrique Tarrio con l'accusa di aver danneggiato una chiesa storicamente frequentata da afroamericani. Quasi un arresto in via preventiva. Tarrio è il leader degli estremisti di destra dei Proud Boys. Tenetevi pronti, disse loro Trump prima del voto. I Proud Boys l'hanno ascoltato: adesso aspettano solo un segnale.