Conflitto Armenia-Azerbaigian: morti almeno 32 separatisti armeni

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Proseguono i combattimenti nella regione separatista del Nagorno Karabakh. Quella attuale è la peggior crisi degli ultimi anni, comunque segnati da incidenti continui anche dopo l'accordo di cessate il fuoco del 1994. Baku ordina la mobilitazione. L’Onu chiede di “interrompere gli scontri e tornare a negoziati senza indugio”

Proseguono i combattimenti tra Armenia e Azerbaigian, riesplosi con forza la notte scorsa dopo anni di tensioni ma di non belligeranza. Almeno 32 separatisti armeni sono stati uccisi, secondo una nota ufficiale. Sono morti anche cinque civili azerbaigiani e due civili armeni del Karabakh, portando il bilancio ufficiale delle vittime a 39. L'Azerbaigian non ha dato notizie sulle sue perdite militari. La ripresa del conflitto del Nagorno Karabakh ha provocato “estrema preoccupazione” nel segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che ha chiesto “con forza alle parti di interrompere immediatamente i combattimenti, allentare le tensioni e tornare a negoziati significativi senza indugio”.

Baku ordina la mobilitazione

Il presidente azero Ilham Aliyev ha dichiarato la mobilitazione parziale. L'ordine di Aliyev è stato pubblicato sul sito web presidenziale. Il presidente ha incaricato il Servizio di Stato azerbaigiano per la mobilitazione e la coscrizione di leva secondo il piano approvato. "Scontri di varia intensità sono stati osservati durante la notte. La mattina presto, il nemico ha ripreso l'offensiva con sistemi di artiglieria, veicoli corazzati e un lanciafiamme pesante TOS", ha detto l'addetto stampa del ministero della Difesa armeno, Shushan Stepanyan, su Facebook, precisando che le forze armate armene stanno prendendo contromisure. "Il nemico ha perso molte truppe e mezzi", ha detto Stepanyan. Erevan ha inoltre affermato di aver riconquistato le posizioni prese domenica dalle forze azere ma Baku ha rivendicato ulteriori progressi.

Cosa è successo nel Nagorno Karabakh

Gli scontri interessano le montagne di una regione autonoma contesa. La guerra congelata dal 1994 si è riaccesa improvvisamente quando l'esercito azero ha bombardato le postazioni delle forze indipendentiste armene che avevano attaccato e poi ha lanciato una controffensiva. Immediatamente i separatisti armeni hanno proclamato la legge marziale e la "mobilitazione generale". A distanza di qualche ora Armenia e Azerbaigian hanno fatto lo stesso. La presidenza azera ha comunicato il coprifuoco nella capitale Baku e in altre città. Quella attuale è la peggior crisi armeno-azera degli ultimi anni, comunque segnati da incidenti continui anche dopo l'accordo di cessate il fuoco del 1994 mediato dalla Russia.

Le tensioni che durano da anni

Sono stati almeno 30 mila i morti lasciati sul campo dalla guerra combattuta dalle due ex repubbliche sovietiche caucasiche negli anni Novanta dopo che i separatisti armeni hanno preso il controllo della regione azera del Nagorno Karabakh nel 1991. E che è rimasta di fatto in mano armena. Stati Uniti, Francia e Russia - che guidano la mediazione del gruppo di Minsk - non sono mai riusciti a far firmare un pace vera a Baku e Erevan e a porre fine definitivamente a un conflitto esploso in maniera plateale dopo il crollo dell'Unione Sovietica, ma che affonda le radici molto più lontano, nel confronto tra cristiani armeni e musulmani azeri segnati da influenze turche e persiane.

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Le reazioni internazionali

Le prime reazioni sono arrivate dai rispettivi sponsor. Il presidente russo Vladimir Putin, che ha parlato al telefono con l'amico premier armeno, ha detto che "è importante fare tutti gli sforzi necessari per evitare un'escalation del conflitto". La Turchia, con un comunicato del ministero degli Esteri, ha condannato "con forza l'attacco armeno contro l'Azerbaigian che ha provocato vittime civili", ribadendo "il suo pieno appoggio" a Baku. Mentre dall'Iran è arrivata la disponibilità a mediare per un negoziato mirato al cessate il fuoco. L'Unione europea, attraverso il presidente del Consiglio Charles Michel, ha invocato lo stop "con urgenza" dell'azione militare e il Comitato internazionale della Croce Rossa è pronto a fare da intermediario.

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