Germania, strage Hanau: tra le 9 vittime una donna incinta. Ecco tutto quello che sappiamo

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L’attentato ha sconvolto il Paese. Politici fischiati durante le manifestazioni in diverse città tedesche. L’attentatore diffondeva sul web idee xenofobe e teorie del complotto. Sotto accusa l’estrema destra di Alternative fuer Deutschland. Paura per comunità turca

L’attentato di Hanau, nel Land tedesco dell’Assia, dove per mano dello xenofobo Tobias Rathjen (CHI ERA) sono morte 9 persone oltre allo stesso killer e a sua madre, lascia una città e un Paese sotto shock. Presa di mira dall’attentatore - 43 anni, impiegato di banca e tiratore sportivo, caratterizzato da tratti paranoici - è stata la comunità turca di Hanau: Rathjen ha aperto il fuoco in due bar della città in cui si fuma il narghilè (FOTO). Tutte le vittime avevano alle spalle una storia di migrazione: 5 sarebbero turchi, almeno 3 o 4 con la doppia cittadinanza. Tra loro, ha perso la vita anche una donna di 35 anni incinta. Altre 6 persone, di cui una grave, sono rimaste ferite. 

La paura della comunità turca

La comunità turca tedesca è spaventata. Durante le almeno 15 manifestazioni di solidarietà organizzate tra Hanau e altre città della Germania, in molti hanno fischiato durante gli interventi dei politici dal palco, dove c’era anche il Presidente della Repubblica. Applaudite invece le parole del sindaco di Hanau Klaus Kaminsky, per il quale “non solo ad Hanau e per le famiglie delle vittime il mondo da ieri sera non è più quello di prima. Ma l’odio e il razzismo non hanno futuro, noi siamo di più”.

Chi era l’attentatore

Stando alle prime ricostruzioni degli inquirenti e alle testimonianze lasciate da Rathjen sul web, l’attentatore era un cane sciolto dell’ultradestra dai tratti paranoidi, che voleva “annientare” quei “popoli che la Germania non è più in grado di espellere”. Viveva in casa con la madre di 72 anni, che dopo la strage ha ucciso prima di togliersi la vita. Il 43enne si sentiva minacciato e spiato e attribuiva a questo sistema di menzogne la sua stessa situazione di solitudine: “Non prendo moglie quando so di essere controllato”, spiega in uno dei suoi documenti pubblicati online. L’uomo aveva mandato una lettera direttamente al capo della Procura generale, Peter Frank, il 6 novembre scorso, per denunciare ufficialmente “un’organizzazione sconosciuta dei servizi segreti”, ritenendo di essere a conoscenza di “migliaia di cittadini tedeschi sorvegliati dalla polizia”. Il razzismo emerge soprattutto dal documento rivolto al popolo tedesco, dove si parla della necessità di eliminare dalla Germania alcune popolazioni e dove Rathjen fa riferimento alla superiorità della razza bianca. Invoca una “pulizia di massima” e poi una “pulizia finale”. Venti Paesi del mondo, tra cui India, Turchia e Israele, dovrebbero essere “completamente distrutti”.

Le reazioni della politica

Sotto accusa è finita l’ultradestra di Alternative fuer Deutschland, partito politico tedesco accusato di avere negli ultimi anni fomentato xenofobia e intolleranza. “Il razzismo è un veleno. L’odio è un veleno presente nella nostra società”, ha detto la cancelliera Angela Merkel, che ha annullato tutti i suoi impegni per seguire gli sviluppi delle indagini. Anche gli esponenti di Afd sono sembrati disorientati dagli eventi: “Parleremo di tutto, ma ho bisogno di un po’ di tempo per elaborare”, ha ammesso il capogruppo del partito locale, visibilmente sconvolto. Mentre i leader nazionali Alexander Gauland e Alice Weidel hanno condannato un “atto abominevole che lascia senza parole”, puntando poi il dito contro le “strumentalizzazioni” per il gesto di un “folle”.

La dinamica dell’attacco

Rathjen ha colpito intorno alle 22 del 19 febbraio, sparando all’impazzata davanti a un primo locale nel centro storico di Hanau e attaccando successivamente un secondo “shisha bar”. È poi fuggito in auto, ricercato dalla polizia anche con l’aiuto di un elicottero. Tornato a casa, ha ucciso la madre e poi si è tolto la vita.

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