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Trump, mercoledì voto finale su impeachment. Senato Usa dice no a nuovi testimoni e carte

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La data è stata anticipata da alcuni media, da lunedì arringhe finali di accusa e difesa. La decisione di non ammettere nuovi elementi - 49 sì sui 51 necessari - spiana la strada verso l’assoluzione. Leader della minoranza democratica in Senato: “Una vergogna”

Il voto finale sull'impeachment di Donald Trump in Senato è stato fissato per mercoledì, il giorno dopo il discorso sullo stato dell'Unione che il presidente terrà davanti al Congresso in seduta plenaria. Manca ancora la comunicazione ufficiale, ma alcuni media Usa hanno anticipato la notizia. Intanto, il Senato statunitense ha detto no a nuovi testimoni e nuove carte nel corso del processo per impeachment, spianando di fatto la strada verso l'assoluzione del tycoon (LE MOTIVAZIONI - LE TAPPE DEL CASO UCRAINAGATE).

Leader democratico: “Una vergogna”

La decisione non è piaciuta al leader della minoranza democratica in Senato Chuck Schumer. “Una vergogna. Nessun testimone, nessun documento, il Senato si è sottratto alle sue responsabilità. L'assoluzione di Donald Trump così non avrà alcun valore. L'America ricorderà questo sciagurato giorno", ha detto.

Il no a nuovi testimoni e nuove carte

A gelare le speranze dell’opposizione è stata la senatrice repubblicana dell'Alaska Lisa Murkowski, che era considerata tra gli incerti ma alla fine non ha votato a favore della richiesta dem di convocare nuovi testimoni, a partire dall'ex consigliere per la sicurezza John Bolton. “La Camera ha scelto di inviare articoli d'impeachment che sono frettolosi e carenti. Ho considerato attentamente la necessità di ulteriori testimoni e documenti, per sanare le lacune del processo, ma alla fine ho deciso di votare contro”, ha spiegato. Tutto ciò dopo che anche un altro senatore repubblicano incerto, Lamar Alexander, aveva annunciato la stessa scelta, pur con motivazioni diverse: “Non c'è necessità di ulteriori evidenze per provare qualcosa che è già stato provato ma che non arriva al livello di un illecito da impeachment”. Tra i repubblicani, Mitt Romney e Susan Collins hanno votato a favore dell'istanza dei democratici, che così sono arrivati a contare 49 voti sui 51 necessari. Se anche Murkowski si fosse unita a loro, comunque, sul 50-50 i dem avevano preannunciato l'intenzione di chiedere al capo della corte suprema, che presiede il dibattimento, di dare il suo voto decisivo. Ma, secondo gli esperti, difficilmente John Roberts - nominato da George W. Bush - avrebbe fatto un passo del genere, assumendosi la responsabilità di condannare il presidente.

Nuove rivelazioni sul caso Ucraina

Il no ai testimoni è arrivato nonostante le ultime rivelazioni del New York Times, basate sul manoscritto del libro di John Bolton: oltre due mesi prima di chiedere al presidente ucraino di indagare i Biden, Donald Trump avrebbe ordinato al suo consigliere per la sicurezza di aiutarlo nelle sue pressioni su Kiev in una riunione nello studio Ovale a cui avrebbero partecipato il chief of staff Mick Mulvaney, il suo avvocato personale Rudy Giuliani e l'avvocato della Casa Bianca Pat Cipollone, che guida il team difensivo nel processo d'impeachment. Era l’inizio dello scorso maggio, ha raccontato Bolton, quando Trump gli avrebbe detto di chiamare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva appena vinto le elezioni, per assicurarsi che avrebbe incontrato Giuliani. L'avvocato personale del tycoon pare stesse pianificando un viaggio in Ucraina per discutere le indagini che stavano a cuore al tycoon. Ma Bolton non avrebbe mai fatto quella telefonata: quando ha realizzato la portata e lo scopo delle pressioni, ha spiegato di aver iniziato a obiettare. Una versione confermata dalla testimonianza di una sua ex assistente, Fiona Hill, la quale ha riferito alla Camera un monito dello stesso Bolton: Giuliani è "una bomba a mano che esploderà contro tutti".

Mercoledì il voto in Senato

Per Donald Trump, quindi, mercoledì potrebbe essere il giorno della verità, con il voto in Senato. Le arringhe finali di accusa e difesa partiranno lunedì. Repubblicani e democratici avrebbero deciso di fare un break nel weekend anche per permettere ai tre senatori candidati alla Casa Bianca (Sanders, Warren e Klobuchar) di fare campagna elettorale alla vigilia delle primarie dem in Iowa.

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