"Tafida non deve morire", non sarà staccata la spina: andrà al Gaslini di Genova

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Foto: Ansa

"Mia figlia non merita di morire, giustizia è fatta. Andrò dal Papa", dice la mamma della bambina di 5 anni dopo che l'Alta Corte britannica ha accolto il ricorso dei genitori contro la decisione dei medici del Royal London Hospital di staccare la ventilazione

Tafida Raqeeb non deve morire. La bambina di 5 anni da febbraio è ricoverata in gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva del Royal London Hospital; è in coma per un aneurisma cerebrale ed è in uno stato di coscienza minima che non le provocherebbe sofferenze. La decisione presa oggi, 3 ottobre, da un giudice dell'Alta Corte britannica è stata quella di accogliere - a differenza di quanto accaduto in casi analoghi come quello di Alfie Evans - il ricorso dei genitori contro il volere dei medici di staccare la spina. La madre a Sky tg24: "Ho un messaggio per il Papa: chiedo che venga a trovarla quando sarà in Italia. Non sono ancora in contatto con lui ma andrò da lui”.

La mamma di Tafida: "Non sta morendo"

Dopo la sentenza, la madre di Tafida - Shelina Begum, avvocato di 39 anni - ha espresso la sua gioia tra le lacrime. “Un grande ringraziamento a tutti gli italiani per aver creduto nella campagna per Tafida - ha detto a Sky tg24 - vorremmo che gli italiani continuassero a sostenerla anche quando arriverà in Italia". Poi la donna ha voluto sottolineare i piccoli segnali di miglioramento notati nelle condizioni della figlia. "Tafida non sta morendo, non soffre, è stabile e ha bisogno di tempo - ha affermato - ora avverte anche la mia presenza". Prima dell'eventuale trasferimento al Gaslini, resta tuttavia da vedere se il Royal London Hospital deciderà di fare appello. Lo stesso avvocato della famiglia ha affermato: "Bisogna continuare a donare, è possibile che ci siano ulteriori spese legali per via di un eventuale - ma non auspicabile - appello".

Il Gaslini pronto ad assisterla

Era stata la stessa famiglia di Tafida, dopo essersi rivolta all'Alta Corte britannica, a chiedere una 'second opinion' agli specialisti del Gaslini dove, adesso, i genitori hanno chiesto di trasferire la figlia. Appena ricevuta la richiesta, il Gaslini ha composto un collegio tecnico di specialisti che hanno inviato un documento ai colleghi di Londra, con i quali successivamente si è anche svolta una videoconferenza collegiale. I documenti evidenziano l'estrema gravità delle condizioni cliniche, in linea con quanto indicato dai medici inglesi, ma viene anche sottolineato che in Italia non si opera una sospensione delle cure, se non in caso di 'morte cerebrale'. E Tafida secondo gli specialisti del Gaslini non presenta questa condizione, quindi le cure non possono essere sospese. "Siamo felici di poter accogliere Tafida all'ospedale Gaslini. Fin da subito abbiamo offerto la disponibilità poiché non sempre, purtroppo, è possibile guarire, ma sempre è doveroso prendersi cura e offrire spazio di accudimento ed accoglienza", ha detto Paolo Petralia, direttore generale Istituto Giannina Gaslini. "Questo tempo, che viene offerto a Tafida e alla sua famiglia, è una condizione di dignità e qualità di vita, che da sempre al Gaslini viene offerto ai bambini di tutte le nazionalità e in tutte le condizioni. E in questo, ancora una volta, portiamo avanti la missione del nostro fondatore, rivolta ai bambini di ogni condizione, di ogni dove e in ogni tempo", ha aggiunto Petralia.

Il motivi della sentenza dell'Alta Corte

Il verdetto, definito sensazionale dalla stampa britannica, è stato emesso dal giudice Alistair MacDonald. Tra le motivazioni portate dai genitori della bambina c'era anche la loro la loro fede islamica, contraria a un atto irrimediabile come quello di staccare la spina, che sarebbe stato anche un "peccato grave" per la loro religione. Il giudice ha inoltre bocciato il punto di vista dell'ospedale londinese secondo cui mettere fine alla vita di Tafida sarebbe stato "nel suo miglior interesse", poiché, pur non del tutto incosciente, la piccola non ha consapevolezza né avrebbe possibilità di ripresa. "Dieci o 20 anni di 'inconsapevolezza' sono prezzo degno d'essere pagato, mentre 20 anni di sofferenza potrebbero non esserlo", ha sentenziato notando come gli stessi medici britannici ammettano che la piccola non soffre.

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