Il colosso di Mountain View ha vinto la causa con la Francia: non sarà obbligato ad applicare la norma al di fuori dell'Ue. I risultati del motore di ricerca rimossi nei Paesi europei resteranno quindi visibili se si accede al sito da un Paese del resto del mondo
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che il diritto all'oblio degli utenti su Internet non ha portata mondiale per i motori di ricerca come Google, ma riguarda soltanto gli Stati membri dell'Ue. La Corte Ue, quindi, dà ragione a Google nella disputa, in Francia, con la Commissione nazionale informatica delle libertà (Cnil) che nel 2016 ha imposto una multa di 100mila euro accusando il motore di ricerca di limitare il diritto all'oblio alla sua sola versione europea. Google dovrà continuare ad applicare il diritto all’oblio all’interno dell’Unione europea, ma non sarà obbligata a farlo nel resto del mondo: i contenuti rimossi nella versione europea potranno essere accessibili se si effettua una ricerca su Google da altre parti del mondo.
Corte Ue: "Per rispettare pienamente diritto all'oblio necessaria un'operazione mondiale"
La Corte Ue sottolinea comunque che per rispettare pienamente il diritto all'oblio sarebbe necessaria un'operazione a livello mondiale. Tuttavia, "molti Stati terzi non riconoscono tale diritto o lo applicano diversamente. Di conseguenza, allo stato attuale non sussiste, per il gestore di un motore di ricerca che accoglie una richiesta di deindicizzazione, l'oblio derivante dal diritto dell'Ue di effettuare tale deindicizzazione su tutte le versioni del suo motore". Il motore di ricerca - continuano i giudici - deve mettere in pratica misure che permettano almeno di scoraggiare gli utenti dall'accedere, attraverso l'elenco dei risultati, a versioni "extra Ue" del motore stesso.
Il commento di Google: "Corte Ue condivide le nostre argomentazioni"
"Dal 2014 ci siamo impegnati per implementare il diritto all'oblio in Europa e per trovare un punto di equilibrio tra il diritto di accesso all'informazione e la privacy", ha commentato Peter Fleischer, Senior Privacy Counsel di Google. "È bello vedere che la Corte ha condiviso le nostre argomentazioni; siamo grati alle organizzazioni indipendenti per i diritti umani, alle associazioni del mondo dell'informazione e alle molte altre associazioni in tutto il mondo che hanno presentato le loro opinioni alla Corte".
Garante italiano della privacy: "La barriera territoriale è anacronistica"
Per il Garante italiano per la privacy, Antonello Soro, la decisione della Corte di Giustizia, "ha sicuramente un impatto rilevante sulla piena effettività del diritto all'oblio. In un mondo strutturalmente interconnesso e in una realtà immateriale quale quella della rete, la barriera territoriale appare sempre più anacronistica".
La disputa tra Google e i regolatori della privacy francese
La sentenza deriva da una causa tra Google e il Garante della privacy francese. Nel 2015, la Cnil aveva ordinato al motore di ricerca di rimuovere dai risultati di ricerca a livello globale informazioni sensibili su una persona. L'anno seguente, il gruppo di Mountain View ha introdotto una funzione di blocco geografico che impedisce agli utenti delle versioni europee di Google di vedere i link eliminati. Ma non ha oscurato i risultati per le persone in altre parti del mondo. Alla società è stata così inflitta una multa di 100mila euro per violazione del diritto all'oblio, che Google ha contestato ricorrendo in appello, con la motivazione che la decisione francese avrebbe potuto scontrarsi con le leggi di altri Paesi e trasformarsi in censura. La giustizia francese ha quindi rimandato il caso alla Corte di giustizia Ue.
Cos’è il diritto all’oblio
Il diritto all’oblio è la possibilità di rendere inaccessibili su Internet dopo un certo periodo di tempo notizie che possano pregiudicare l’onore di una persona, tipicamente i suoi precedenti giudiziari. Questo diritto è stato “istituito” da una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2014 che, accogliendo un ricorso presentato dalla Spagna, stabilì che i cittadini europei hanno il diritto di richiedere la rimozione di alcune informazioni se queste sono “non adatte, irrilevanti o non più rilevanti”. In sostanza un cittadino può chiedere che contenuti che lo riguardino non compaiano più tra i risultati delle ricerche, per esempio dopo essere stato assolto in un procedimento giudiziario. Il motore di ricerca non è obbligato ad accogliere la richiesta di oblio, ma soltanto ad esaminarla. In caso di rifiuto della richiesta, il cittadino ha il diritto di presentare ricorso presso le autorità competenti per avviare un procedimento giudiziario. Con questa nuova sentenza, resta tutto come prima: la rimozione dei contenuti dalle pagine dei risultati dei motori di ricerca interessa soltanto le ricerche svolte in Europa, come in precedenza.